venerdì, 26 Aprile, 2024
Cronache marziane

Kurt e le torsioni del sogno europeo

A Christine Lagarde, Presidente della Banca Centrale Europea, sono bastate poche parole per raggiungere l’eccellente risultato di  gettare nel panico i mercati dell’intero occidente e far segnare allo spread italiano un rialzo che da tempo era stato dimenticato.

L’imprudenza della Signora (che, evidentemente, non ha saputo valutare le immediate conseguenze delle proprie dichiarazioni a proposito del rialzo dei tassi di interesse, come della fine del Quantitàtive Easing)  ha colpito l’attenzione di Kurt, che mi ha domandato se quelle parole – per il tempo e il luogo in cui erano state pronunziate  – dovessero essere intese come il frutto di un bicchiere di vino in più, oppure avessero il valore dell’annuncio attraverso cui, ancora una volta, le istituzioni europee vorrebbero preparare gli italiani ad un  commissariamento del loro debito pubblico, al fine di alimentarlo di nuovo con risorse proprie dei cittadini italiani: obiettivo non dissimile da quello, infausto, a suo tempo operato attraverso Mario Monti, con le conseguenze che molti di noi tuttora provano sulla loro pelle.

Diversamente da quella volta però, almeno il Centrodestra ha dimostrato di essere ben attrezzato per respingere ogni possibilità di ritorno a quel passato che preferiamo tutti dimenticare, ma quanto accaduto è di una sgradevolezza tale da lasciar segni indelebili nei nostri rapporti con l’Unione Europea.

Preso comunque in contropiede, al Marziano ho replicato che non mi preoccupano tanto quelle parole – che sembrano la risposta di un banchiere miope rispetto alle necessità dei clienti che tengono in piedi la sua banca – quanto la circostanza che le stesse siano intervenute dopo che (in modo sempre più frequente e penetrante) il Commissario europeo Gentiloni ha iniziato ad indirizzare all’Italia e agli italiani i propri richiami sulla necessità di ripristinare una politica economica più rispettosa dei vincoli di bilancio cui la moneta unica europea ci obbliga.

Tutti sanno che l’asse Lagarde-Gentiloni è fortissimo e che vuole dimostrare la propria forza soprattutto nel momento dell’avvio di una campagna elettorale che si preannuncia lunga e carica di colpi bassi, finalizzati ad ottenere nuovamente un risultato elettorale che consenta al PD di restare nucleo portante della politica italiana: aiutato in questo disegno da una legge elettorale che non può essere riformata per mancanza di tempo – e fors’anche di volontà – da parte dei principali leader politici del nostro Paese.

Secondo Kurt questa ritrovata politica di Austerity non potrà che comportare il rafforzamento delle spinte antieuropee che già serpeggiano in diverse aree della zona Euro e che fanno tornare di attualità quei rischi di dissoluzione della moneta unica che solo la sapienza del predecessore della Lagarde – oggi vittima degli strali di Lei – seppe evitare, attivando proprio quegli strumenti che Quest’ultima vuole oggi abbandonare un po’ troppo bruscamente, confidando soprattutto sull’appoggio dei partiti della sinistra europea sempre più avvitati in una crisi che ne rende inevitabile il ridimensionamento.

Visto il precipitare delle dichiarazioni e degli avvenimenti, non so dire se il Marziano abbia ragione, ma non posso dimenticare che lui sa prevedere il futuro e perciò raramente parla a vanvera.

Il piccolo test elettorale e referendario del 12 giugno deve dunque essere letto ed interpretato anche alla luce di quelle poco prudenti parole che – secondo le normali dinamiche – avrebbero dovuto rendere inevitabili le dimissioni della citata Lagarde.

Per chiudere questa cronaca, voglio però ricordare, a chi mi legge, il senso dell’allegoria orwelliana –  raccontata ne “La Fattoria degli animali”(1945) – come metafora del potere: ove si evidenzia come questo – se non sapientemente controllato da chi lo detiene – possa diventare distruttivo e arrivare addirittura ad annientare l’Europa di De Gasperi di Schumann.

Un simile esito, certamente non auspicabile, resta però comunque possibile e nessuno può permettersi il lusso di dimenticarlo.

Mi viene così in mente la massima Yiddish secondo la quale il primo passo della sapienza è il silenzio e il secondo passo è l’ascolto: dopo quello che ci è toccato vedere in questi giorni, anche Christine Lagarde dovrebbe farne tesoro.

 

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