sabato, 27 Aprile, 2024
Società

Le mafie sono “social”, i malavitosi diventano “influencer”

Le nuove generazioni del crimine usano il web per reclutare e per vendere i loro prodotti

I nuovi rampolli del crimine organizzato utilizzano i social e le crypto valute per continuare a muoversi liberamente sul territorio nazionale e non solo. Nell’epoca dei social media e delle piattaforme virali, anche la criminalità si è evoluta adeguando la modalità di diffusione dei propri messaggi. Le mafie hanno intuito che i social media rappresentano una perfetta vetrina per le loro attività criminose. La nuova generazione del crimine, realizza video su Tik Tok e stories su Instagram, per sbandierare potere e ricchezza, mostrando armi speciali, auto di extralusso, orologi e gioielli costosi, con in sottofondo la musica “trap”. Persino i narcotrafficanti nell’ultimo decennio hanno incrementato l’uso dei social, sia per reclutare nuovi membri, sia per vendere i loro prodotti di morte.

L’iper accessibilità ai social network oggi richiede, dunque, che la lotta contro la criminalità organizzata si sposti anche nel cyberspazio. Studiosi del crimine e giornalisti si sono incontrarti per discutere insieme di questa nuova moda nella due giorni organizzata dalla Fondazione Magna Grecia ViaCondotti21 in collaborazione con il Gruppo Pubbliemme, Diemmecom, LaC Network e l’Università LUISS. Alcuni tra i maggiori esperti di criminalità organizzata sono intervenuti al corso “Le mafie ai tempi dei social” della Scuola di Alta Formazione Magna Grecia.

Le mafie non si muovono più nell’ombra

La criminalità non è più taciuta e occultata. C’è una forma grave di bipolarismo nelle mafie: se da una parte, essendo organizzazioni segrete, devono nascondersi, dall’altra vogliono anche essere riconoscibili e “famose” per non perdere la propria aura di potenza. Così, nell’epoca dell’apparenza e del mostrarsi senza freni anche le organizzazioni criminali hanno imparato i metodi per controllare il territorio in Italia, basta cercare su Google e tutto si trova senza troppa fatica. “Le mafie sono un brand e i social sono il loro nuovo strumento di propaganda – ha spiegato Marcello Ravveduto, professore dell’Università di Salerno -. Nessun intermediario, solo autonarrazione. Usano Twitter come agenzia di stampa, Instagram come magazine, Facebook come TV generalista e TikTok come  reality show”.

In rete il rischio intercettazioni è molto basso, soprattutto su Skype e Whatsapp

Il protocollo VoIP – Voice over IP – ovvero Voce tramite Protocollo Internet – relativo a telefonate su ADSL o linea in fibra ottica invece che per mezzo della linea telefonica tradizionale, ha innescato meccanismi difficilmente rintracciabili e quindi maggiormente utilizzati dalle associazioni mafiose. Così come le chat di Telegram, che si autodistruggono, e dunque spariscono dopo pochissimo tempo. E nulla è più reperibile.

Congegni complessi se si pensa ai vecchi criminali di una volta, ma del tutto accessibili ai rampolli moderni dei boss: le seconde e terze generazioni delle famiglie della ‘Ndrangheta calabrese sono manager che hanno studiato alla Bocconi. L’idea che le mafie non esistono più per il numero ridotto di omicidi è del tutto errata. Oggi, invece, sono anche più pericolose. La ‘Ndrangheta, oltre ad essere la più potente, è anche diventata un brand sicuro con cui fare ottimi affari, quindi non ha più bisogno né di incutere troppa paura né di uccidere come una volta.

Con il marketing la ‘Ndrangheta si è presa Milano

Presente anche il Procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, obiettivo numero uno della ‘Ndrangheta e sotto scorta da più di 30 anni: “Le mafie oggi sono mimetizzate nel tessuto sociale ed economico, ma la mafia non esisterebbe se non avesse l’appoggio delle classi dirigenti, sarebbe criminalità comune. Invece le mafie hanno bisogno del territorio e del consenso popolare. Oggi un boss è un imprenditore e come tale ha il suo marketing, ha bisogno di pubblicità. È così che la ‘Ndrangheta che comanda in Calabria oggi si è presa un quarto di Milano”.

“La mafia oggi è stata indebolita dai processi e dalla cattura dei grandi latitanti. La ‘ndrangheta è quello che Cosa Nostra era 30 anni fa. È potentissima. La Camorra, invece, è magmatica, non ha vertice, è più complicato sconfiggerla – ha spiegato il Prefetto Francesco Messina, Direttore della sezione Anticrimine della Polizia di Stato -. La soluzione è solo un attaccare i patrimoni. Se togli i soldi alle mafie non pagano più gli avvocati, non pagano più gli stipendi. Bisogna colpire i soldi”.

Deve nascere una nuova consapevolezza sociale

Occorre che la società civile e politica prenda coscienza di questa evoluzione e delle dinamiche di una mafia che cambia aspetto insieme alla collettività acquisendo nuove forme, nuovi linguaggi e nuovi mezzi di comunicazione. “Bisogna ricostruire un nuovo civismo – ha commentato Nino Foti, Presidente della fondazione Magna Grecia – nessun Governo ha investito sull’educazione a essere cittadini. La società civile è divisa, non è organizzata, al contrario della criminalità che così prende il sopravvento. Per sconfiggere le mafie dobbiamo unire il controllo del territorio con la formazione”.

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