giovedì, 25 Aprile, 2024
Attualità

Senza giornali liberi niente democrazia

I giornali hanno funzioni diverse a seconda del tipo di istituzioni che adotta lo Stato in cui vengono scritti e diffusi. Nelle dittature i giornali sono solo veline del potere assoluto, nelle democrazie autoritarie sono il megafono del regime che li usa per dare l’impressione che esista la libertà di stampa ma in realtà li controlla e li usa per manipolare l’opinione pubblica, nelle democrazie libere e ‘pluraliste’ i giornali sono sempre stati considerasti cani da guardia delle regole del funzionamento corretto delle istituzioni. Quanto più i giornali sono liberi e indipendenti tanto più la democrazia è forte. Una delle maggiori garanzie per l’indipendenza dei giornali è che i loro editori siano “puri” cioè non abbiano altri interessi da difendere se non quello di vendere il giornale e guadagnare da questa attività. Questa configurazione ideale della stampa libera sembra ormai un retaggio del passato. Infatti non solo perché a diventare editori di giornali sono stati e sono spesso grandi gruppi imprenditoriali, che raccolgono i loro maggiori proventi non dall’attività editoriale ma da altri tipi di imprese, ma anche perché i giornali oggi sono in forte crisi di vendita e quindi pieni di problemi finanziari che li rendono vulnerabili. Senza l’indipendenza economica la piena libertà di informazione è seriamente minacciata.

Oggi i giornali tradizionali sono in crisi di vendita perché hanno capito con ritardo le sfide e le opportunità della rete e, soprattutto, perché sono stati ormai sostituiti nella dieta mediatica, soprattutto dei giovani, dall’uso dei social network. I giornali sono sopravvissuti alla radio, alla televisione ma sono in affanno per la concorrenza “sleale” del web. La rete diffonde in maniera incontrollata ogni genere di informazione vera o falsa, precisa o imprecisa, controllata o incontrollata che sia. È una sorta di vulcano che erutta in continuazione e getta di tutto. Sicché i giornali tradizionali, anche nel formato elettronico e nel flusso continuo di notizie via web che riescono a diffondere, sono surclassati da tutto ciò che viene spacciato come informazione anche se non corrisponde ai canoni della corretta diffusione di notizie. I quotidiani, anche quelli più autorevoli, di migliore qualità e più attenti a sfruttare le potenzialità del web soffrono moltissimo. Il web e i social network sono diventati un fast food in cui si trova ogni genere di contenuto anche quelli travestiti da notizie che tali non sono.

Un’opinione pubblica che si vada formando sulla base di informazioni non controllate, imprecise o addirittura false e manipolate da centri di potere occulti che utilizzano troll e bot per inondare i social network di tutta la spazzatura che gli fa comodo è un ‘opinione pubblica malata, che prima o poi diviene preda degli sciacalli della democrazia, gente disposta a tutto per sfruttare gli spazi di libertà per occuparli e usarli secondo i propri fini.

Il destino delle democrazie pluraliste sarà sempre più condizionato dalla mala erba della disinformazione o della informazione spazzatura che scaccerà la buona e corretta informazione.

Siamo di fronte ad un paradosso: nelle democrazie liberali e pluraliste i social network sono usati con cinismo dai nemici della democrazia e costituiscono di fatto un rischio per la libertà da cui nascono; nelle democrazie totalitarie e autoritarie essi invece sono spesso l’unica arma di cui dispongono gli oppositori del regime per far circolare le loro idee e le notizie corrette. Poiché la rete è un universo aperto in cui tutto transita senza passaporto, norme nazionali contro l’uso distorto dei social media non sarebbero efficaci per tutto ciò che proviene da altri stati e l’utilizzo di norme restrittive a livello internazionale potrebbe rivelarsi funzionale a quei regimi che magari inquinano le campagne elettorali di Paesi democratici ma, per fortuna, non riescono a mettere il bavaglio alla rete nel proprio territorio.

Difficile trovare una soluzione. Ma si potrebbe cominciare nelle scuole medie a insegnare ai ragazzi come correttamente informarsi, non con astratte lezioni di giornalismo ma nella pratica abituandoli a riconoscere le fonti delle informazioni, a distinguerle da quelle finte o false, a sapersi districare nella selva selvaggia di quel che circola nel web e sui social network. La democrazia e la libertà anche se conquistate con enormi sacrifici di vite umane non sono mai un’acquisizione definitiva. Oggi bisogna avere il coraggio di tornare a insegnare la democrazia, di cui la libertà dell’informazione costituisce è un pilastro insostituibile.

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