sabato, 27 Aprile, 2024
Considerazioni inattuali

Le fondamenta delle baracche

Guardavo Il Divo di Sorrentino qualche sera fa; senza mai dimenticare che un film resta sempre un film e differisce non di poco dalla realtà: m’innamoravo per l’ennesima volta della scena tra Giulio Andreotti e sua moglie, con il sottofondo de ‘I migliori anni della nostra vita’ di Renato Zero; davanti alla televisione, in un’atmosfera casalinga, rassicurante che stilla tepore e saldezza come resina dai tronchi. Perché anche in una vita straordinaria (come da sottotitolo del film), ci sono punti fermi – e del resto, ne abbiamo bisogno tutti.

LA SOLIDITA’ SPERICOLATA

Non c’è vita spericolata che non abbia le sue basi: le infrastrutture salde e piene che costituiscano forza e sostegno. Anche il più avanguardistico dei palazzi, può infatti crollare senza le fondamenta, senza un basamento che si rifaccia alle regole architettoniche e che lo innalzi alla sommità. E non è detto che le regole siano qualcosa di stantio e vetusto che ci danno gli altri; le regole possiamo darcele anche da noi stessi, da soli. Leggi che non siano sterili dogmi, ma piene certezze: sicurezze che ci facciano sentire meno fluttuanti, mutevoli ed instabili in questo tempo così incerto, dai contorni vaghi ed indefiniti. Le stesse in grado di garantire la resistenza di una struttura negli anni, nei secoli a venire.

LA BASE NECESSARIA

Le fondamenta perciò sono democratiche. Non in quanto aderenti ad un qualche habitus sociale come lo intendeva Pierre Bordieu o hexis aristotelico – bensì conformi ad un’effettiva sostanza, conseguente ad una necessità intrinseca ed inconscia in ciascuno di noi. Abbiamo bisogno di quelle fondamenta, visceralmente e primordialmente. La possibilità di costruirle è originata ovviamente da un insieme di fattori casuali o meno: dall’abilità ed anche dalla fortuna, ma il bisogno è parte integrante di ciascuno; poiché costitutivo della natura umana, non può appunto per natura distaccarsi da sé medesima. Non a caso questa natura costituisce uno dei suoi sinonimi: essenza significa infatti fondamenta, base, cardine e dunque sostanza.

L’INCASTRO DELLA CALCE

Mi sono dunque interrogata: le mie fondamenta sono dentro di me, devo solo fare in modo che si moltiplichino, che si riconoscano con i materiali necessari ecco: per crescere, costruirsi e restare salde. D’altra parte se hai scelto di un tipo di cemento, di calcestruzzo, di malta o di calce non puoi cambiare e rivoluzionare tutto in corso d’opera. Occorre che somiglino a quelle dell’altro, che combacino, s’intreccino e s’incastrino in qualche modo. Ed ognuno ha le sue in effetti.

Le mie hanno bisogno di costanza, di fermezza: non voglio somigliare ad uno di quei palazzi che con un soffio crollano. Voglio essere un palazzo rinascimentale romano, che resista a tutto e con le mura spesse: beate e magnifiche, da restaurare e curare per mantenerne la forza intatta. Ecco, vorrei somigliare ad una fortezza oppure ancor meglio ad una chiesa: sarò la barocca Sant’Agnese in Agone in Piazza Navona quando brilla la sera d’inverno alla messa delle sette. Tutti del resto, anche quelli che adesso si trovino in balia del vento e delle tempeste come baracche da cantiere, sognano d’esser fatti di Mura Serviane.

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