giovedì, 25 Aprile, 2024
Economia

Banche, record di liquidità. Debito pubblico alle stelle

Il Paese in ripresa, cresce il Pil

Draghi vuole evitare tasse e punta su crescita e produttività. Investire su formazione e lavoro, contro i troppi sperperi e benefici come il Reddito di cittadinanza. I fondi vanno dati per creare occupazione e sviluppo. Basta con gli sprechi.

Calato il sipario sugli entusiasmi per l’andamento positivo dell’economia che in questi giorni hanno monopolizzato le pagine dei giornali e i titoli dei Tg, ora c’è da capire che cosa accadrà nell’Italia reale. Nel Paese dove vivono le persone e quelle imprese che con tenacia stanno provando a rialzarsi da una crisi profonda che ha innescato timori, rinunce e molte tensioni.

Si racconta, osservando statistiche e proiezioni, non ultimo il prestigioso Forum economico Ambrosetti, che i guai maggiori siano alle spalle del Paese, che oggi la crescita ha un ritmo da far invidia alla Cina, che il Pil dopo anni di “0 virgola qualcosina”, farà un salto epocale un “rimbalzo” che toccherà il 6%. Dati visti solo negli anni ‘60 nell’Italia del boom. È tutto vero ed è tutto scritto nelle relazioni di analisti finanziari, banchieri, uomini d’affari, commentatori economici, non c’è da dubitare sui mesi che ci attendono come una impetuosa risalita dell’economia. Grazie anche al Piano di ripresa e all’impegno del premier Draghi.

Le riflessioni, tuttavia, da fare sono diverse.

Risparmi privati e debito pubblico al top

La prima, come è emerso in questi mesi e reso noto dalla Banca d’Italia, una parte delle famiglie italiane ha lasciato nei 16 mesi di pandemia ottanta miliardi nelle banche raggiungendo il massimo storico di soldi liquidi stipati nelle casseforti degli istituti di credito. Stesso discorso per le imprese che in banca hanno trasferito soldi per 90 miliardi di euro. In tutto questo parte di cittadini e imprese detengono una ricchezza complessiva di 2 mila miliardi.

Nel contempo, come alcuni attenti osservatori hanno fatto presente, sempre in questi 16 mesi di pandemia, lo Stato è arrivato al suo massimo storico di debito caricandosi per sostenere imprese e famiglie di altri 167 miliardi di uscite.

Una voragine senza fine che dovrà essere arginata. Il come intervenire è stato annunciato dal premier Mario Draghi, non con nuove tasse – il sistema invece va riformato e snellito – ma con lo sviluppo e la produttività. Le possibilità ci sono, la crescita appare solida, il Piano di ripresa sarà concretizzato con progetti e realizzazioni. Allora quali sono i rischi? Perché in fondo si teme che qualcosa potrà andare storto?

I motivi di preoccupazione non mancano. Le troppe e crescenti disuguaglianze, tra due Italie una sempre più benestante e l’altra sempre più ai margini e in povertà.

Diseguaglianze e deficit di produttività

Lo ha sottolineato anche il Forum Ambrosetti di Cernobbio che ritiene come l’aumento delle disuguaglianze avrà “un forte impatto” sulla ripresa. Così come il forte incremento dei prezzi delle materie prime. Rialzi astronomici che avranno ricadute pesanti sulla crescita. Inoltre tra gennaio e luglio 2021 il prezzo medio del petrolio è cresciuto del 36,7%. Non si registravano prezzi così elevati da ottobre 2018.

Altra questione è la produttività tema che sta a cuore al premier Draghi. Come è noto le politiche attive del lavoro in questi anni hanno ceduto il passo a forme di assistenzialismo come i Reddito di cittadinanza che si è rivelato un flop sotto il versante della domanda e offerta di lavoro. Il divano, per usare una metafora, ha prevalso sulla fatica. Ora che le Associazioni di categoria sottolineano come la ricerca di personale con contratti vantatosi e a tempo indeterminato, cada a vuoto, è scattato l’allarme. L’Italia ha una grave carenza di maestranze, di tecnici, di personale specializzato. Mancano lavoratori di ogni settore a sostegno della ripresa. Si parla di una ricerca di personale che supererà il milione di posti di lavoro. Richieste che rischia di rimanere prive di risposte.

Puntare sullo sviluppo è necessario ma lo è altrettanto imprimere una svolta che imponga la formazione e il lavoro. Altrimenti c’è da chiedersi come farà il Paese ad uscire dalla crisi, rendere duratura la ripresa e ridurre le disuguaglianze.

I capitali in banca non salveranno l’Italia reale. Servono decisioni ed azioni che ripristino un circolo virtuoso tra scuola, formazione e lavoro. Il banco di prova sarà settembre. Le riforme attendono e non sono previsti altri rinvii. I sostegni economici vanno concretizzati e non sprecati. Gli errori hanno già generato troppi deserti industriali, troppe retoriche e ingiustizie sociali.

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