Per il secondo anno consecutivo, secondo il rapporto Svimez pubblicato ieri, il Sud cresce più velocemente del Centro-Nord. Nel 2024, il Prodotto Interno Lordo (PIL, cioè il valore totale di beni e servizi prodotti) del Sud è aumentato dello 0,9%, contro lo 0,7% del Centro-Nord. Questo risultato è legato soprattutto agli investimenti in costruzioni, come strade e infrastrutture, favoriti dai fondi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Tuttavia, i consumi delle famiglie, cioè le spese quotidiane, sono calati leggermente (-0,1%), segno che il reddito disponibile non è cresciuto abbastanza.
Dal 2025, il Sud tornerà a crescere meno del resto d’Italia: le previsioni parlano di un aumento dello 0,7% del PIL, contro l’1% del Centro-Nord, e la stessa tendenza si manterrà nel 2026. Questo evidenzia quanto il Mezzogiorno sia ancora dipendente da aiuti esterni come quelli del PNRR.
Lavoro: più occupati, ma stipendi più bassi
Buone notizie arrivano dall’occupazione: dal 2019 al 2024, nel Mezzogiorno sono stati creati 330mila nuovi posti di lavoro, con una crescita del 5,4%, più alta della media nazionale (+3,2%). Questo recupero riporta i livelli occupazionali ai valori del 2008, prima della crisi economica. Tuttavia, gli stipendi reali (cioè il potere d’acquisto, considerando l’inflazione) sono crollati: al Sud sono diminuiti del 5,7%, più che nel resto del Paese (-4,5%) e nell’Unione Europea (-1,4%).
Un altro dato preoccupante riguarda il “labour slack”, che misura chi lavora meno di quanto vorrebbe o non lavora affatto. Al Sud, il 33% delle persone è in questa condizione, il doppio rispetto al Centro-Nord. Inoltre, il 60% dei lavoratori poveri italiani vive nel Mezzogiorno: più di 1,4 milioni di persone guadagnano meno del minimo necessario per vivere.
Il Sud che si svuota: giovani in fuga e scuole in difficoltà
La popolazione del Mezzogiorno sta diminuendo rapidamente: entro il 2050, si prevede una perdita di 3,6 milioni di abitanti. I giovani sotto i 15 anni diminuiranno di un terzo, mentre gli anziani aumenteranno del 29%. Questo avrà un impatto diretto sulle scuole: entro il 2035, nel Sud ci saranno il 21% di studenti in meno, con il rischio di chiusura per 3mila scuole primarie, soprattutto nei piccoli comuni.
Anche l’istruzione soffre. Solo il 30% delle scuole primarie meridionali ha una mensa, contro il 67% del Centro-Nord, e meno della metà ha una palestra. Queste carenze influiscono negativamente sul rendimento scolastico e aumentano la dispersione scolastica: il 17,4% dei ragazzi del Sud abbandona gli studi senza diplomarsi, contro il 14,6% del Centro-Nord.
La fuga dei laureati: il Sud perde i suoi talenti
Negli ultimi dieci anni, quasi 200mila giovani laureati hanno lasciato il Sud per trasferirsi nel Centro-Nord, attratti da opportunità di lavoro migliori e stipendi più alti. Inoltre, molti studenti universitari del Mezzogiorno scelgono di studiare al Nord: circa il 20% per le lauree triennali e quasi il 40% per le magistrali. Questo spostamento riduce le competenze disponibili nel Sud e mette a rischio il futuro delle università meridionali.
Industria e PNRR: un aiuto fondamentale per il rilancio
Il rapporto sottolinea che il Mezzogiorno non è privo di industrie. Settori come agroalimentare, aerospazio, cantieristica navale e automotive (l’industria automobilistica) hanno un peso significativo. Per esempio, nel 2024, il 90% delle auto italiane è stato prodotto nel Sud, ma la filiera ha subito un duro colpo, con una riduzione del 25% rispetto al 2023.
Il PNRR resta fondamentale per il rilancio. Circa tre quarti della crescita economica prevista nel Sud per il triennio 2024-2026 dipendono da questi fondi. Tuttavia, ci sono ritardi nell’avvio di alcune opere, soprattutto le infrastrutture più complesse come i trasporti.
Sanità: cure insufficienti e disparità territoriali
Il sistema sanitario nel Mezzogiorno mostra gravi carenze. Solo il 20% delle donne calabresi accede a screening per il tumore al seno, contro il 90% delle donne in Friuli-Venezia Giulia. Inoltre, molti pazienti meridionali devono spostarsi al Centro-Nord per ricevere cure adeguate: nel 2022, circa il 44% della cosiddetta “mobilità sanitaria passiva” ha riguardato persone del Sud.