giovedì, 18 Aprile, 2024
Ambiente

Cinghiali, ora è emergenza nazionale

Si muovono in gruppo ordinati e in fila indiana, tanto che a vederli attraversare una strada appaiono simpatici al pari di una famigliola allargata in una scampagnata. Ma al minimo segno di un pericolo per i cuccioli diventano aggressivi e feroci.

Divorano, distruggendo, ogni cosa che sia per loro commestibile, si avventurano ovunque, tra i fossi, in ambienti inospitali, attraversano rovi inestricabili e sguazzano in acquitrini, stanno a loro agio ovunque ma meglio dove c’è cibo in abbondanza, tra le case e i rifiuti delle città.

Superano il milione di esemplari (il dato è indicativo e per difetto in quanto non ci sono censimenti recenti) e tra le vittime si contano anche persone che mai si sarebbero aspettate una morte del genere. L’ultimo episodio di cronaca causato da un cinghiale è accaduto in Calabria a Simeri Crichi, dove Antonio Rocca 47 anni, è deceduto nei giorni scorsi dopo un mese di coma. Era a bordo della sua moto quando ha trovato sulla sua strada un cinghiale, l’animale colpito lo ha poi caricato mentre lui era a terra. Il cinghiale lo aggredito procurandogli diverse gravi lesioni.

L’episodio ha riproposto il problema diventato una emergenza nazionale, quello dei cinghiali che scorrazzano ovunque. Sono il terrore degli agricoltori non solo per i danni arrecati alle colture, ma perché trovarsi sulla via di un branco di cinghiali è pericolosissimo. Così come averli di fronte mentre si è alla guida di un qualsiasi mezzo. I feriti per incidenti dovuti ai branchi che invadono le strade sono ormai all’ordine del giorno.

Il cinghiale è una specie altamente adattabile, che colonizza ogni tipo di ambiente. Inoltre – così nasce il problema, per causa degli uomini o della loro incompetenza – le specie autoctone italiche sono state soppiantate da sconsiderati ripopolamenti fatti dalle Regioni con altri ceppi – il caso più eclatante è in Abruzzo dove sono stati immesse specie provenienti dalla Serbia molto più prolifici e di stazza doppia – La dieta è onnivora, molto varia che li porta ad avventurarsi in ogni tipo di territorio dalle aree impervie a quelle urbane. I danni, segnala l’Ispra (Istituto superiore ricerca ambientale) sono l’80% di quelli arrecati da fauna selvatica.

La presenza dei cinghiali ovunque nelle piccole e grandi città, sulle strade di campagna così come le principali arterie, è ormai un rischio concreto per la sicurezza dei cittadini. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare un caso marginale ma che è significativo, la chiusura di una scuola da parte del sindaco di Mondaino, cittadina nell’entroterra riminese, per consentire una maxi-operazione di abbattimento di cinghiali selvatici. Negli ultimi dieci anni il numero dei cinghiali presenti sul territorio Nazionale è praticamente raddoppiato, e non sono stati ancora definiti mezzi per porre un argine.

Gli animali selvatici, nel rapporto della Coldiretti, distruggono i raccolti agricoli, sterminano gli animali allevati, causano incidenti stradali per danni stimati in centinaia di milioni di euro. I soldi, tuttavia, passano in secondo piano rispetto alla sicurezza delle persone. Le situazioni di pericolo dovuto ai branchi si moltiplicano e la Regione Lombardia ha deliberato la possibilità per tutti gli agricoltori con permessi di caccia di imbracciare una doppietta e sparare in difesa dei campi e della loro incolumità. In genere l’abbattimento era consentito soltanto agli operatori qualificati e ai cacciatori di ungulati ma entro il periodo di apertura della caccia.

In Piemonte, anche per pressione degli ambientalisti, si è trovata una soluzione modello: cacciatori volontari e prelievi selettivi, per evitare una mattanza indiscriminata di fauna selvatica. La Coldiretti ha messo in evidenza come si è arrivati ad un punto limite. A inizio Novecento il cinghiale (autoctono e nazionale) era presente in pochissime zone: Maremma Tosco-laziale, Gargano, Abruzzo, Appennino Calabro-Lucano, Sardegna.

Da 50 anni a questa parte però si è cominciato a ripopolare – per rendere più ricca ed eccitante la caccia – con cinghiali di origine centro-europea, tra le altre cose anche di taglia maggiore. Più forti, più affamati, più prolifici e aggressivi. Le nuove razze si sono adattate moltiplicandosi in tempi record. Solo da tre anni è stato dato uno stop all’immissione di cinghiali di fronte ai crescenti pericoli per le persone, e per l’impossibilità di fermarmi.

Secondo quanto riporta l’Osservatorio Asaps, l’Associazione degli amici della Polizia stradale, nel 2017 si sono registrati 155 incidenti significativi con il coinvolgimento di animali, nei quali 14 persone sono morte e 205 sono rimaste seriamente ferite. In 138 casi l’incidente è avvenuto con un animale selvatico. Poi ci sono i danni economici. La media delle domande di indennizzi per i danni da fauna selvatica, non solo dei cinghiali, supera ogni anno i 2 milioni di euro in Toscana ed Emilia-Romagna e 1 milione nelle Marche e in Umbria, oltre il milione in Abruzzo.

All’orizzonte poi c’è un nuovo pericolo, quello delle infezioni da peste suina. L’avanzata della peste suina africana, virus letale per maiali e cinghiali ormai presente nell’Est Europa e in alcuni Stati centrali dell’Ue pericolosamente vicini all’Italia. Gli ultimi casi riguardano Slovacchia e Serbia, dove la malattia dei suini è stata diagnosticata per la prima volta tra esemplari selvatici e, anche nei capi d’allevamento. Bruxelles corre ai ripari e promette che porrà sotto controllo la popolazione di cinghiali per evitare il contagio della peste suina in altri Paesi.

Una situazione che preoccupa però l’Italia. Ci si prepara al periodo della caccia del cinghiale, proprio quando la patologia si fa più pericolosa a causa delle carcasse di suini smaltite senza seguire le istruzioni degli esperti. Spesso lasciate a terra o eviscerare in modo approssimativo senza precauzioni sanitarie. Un problema di infezioni sarebbe il colpo di grazia alla zootecnia nazionale.

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