A livello d’impresa l’eterogeneita’ degli effetti prodotti della crisi e’ massima. Le recenti indagini sugli effetti dell’emergenza sanitaria mostrano che a novembre 2020 quasi un terzo delle imprese considerava a rischio la propria sopravvivenza, oltre il 60% prevedeva ricavi in diminuzione e solo una su cinque riteneva di non avere subito conseguenze o di aver tratto beneficio dalla crisi. E’ quanto emerge dal Rapporto sulla competitivita’ dei settori produttivi dell’Istat.
Nonostante uno scenario in miglioramento, le prospettive di ripresa per il 2021 sono giudicate limitate: meno di una impresa su cinque prevede una normale prosecuzione dell’attivita’ nella prima meta’ dell’anno. La crisi ha colpito soprattutto le imprese di piccola e piccolissima dimensione (risulta a rischio oltre un terzo di quelle con 3-9 addetti) e si e’ manifestata prevalentemente attraverso un crollo della domanda interna e della liquidita’.
Alla crisi le imprese hanno reagito in modo molto differenziato.
Circa il 30% e’ rimasto “spiazzato”, non avendo ancora attuato una strategia di difesa; un quarto ha reagito introducendo nuovi prodotti, diversificando i canali di vendita e di fornitura (anche attraverso il passaggio a servizi on line e di e-commerce) e intensificando le relazioni produttive con altre imprese. Un quinto ha riorganizzato profondamente processi e spazi di lavoro, orientandosi verso la transizione digitale o l’adozione di nuovi modelli di business. Una “mappa della solidita’” delle imprese indica che circa il 45% di esse e’ strutturalmente a rischio: esposte a una crisi esogena, subirebbero conseguenze tali da metterne a repentaglio l’operativita’. Queste imprese sono numerose nei settori a basso contenuto tecnologico e di conoscenza. All’opposto, solo l’11% risulta solido, ma spiega quasi la meta’ dell’occupazione e oltre due terzi del valore aggiunto complessivi.
La crisi pandemica ha inciso anche sulle strategie di finanziamento delle imprese che, per fronteggiare la crisi di liquidita’, hanno utilizzato un insieme ampio di strumenti nell’ambito dei quali il credito bancario ha rivestito un ruolo centrale. In generale, sulla base delle indicazioni fornite dalle imprese per il 2021, le modifiche ai canali di finanziamento indotte dalla pandemia appaiono transitorie e legate per lo piu’ alle conseguenze economiche dell’emergenza sanitaria. L’insolvenza di molte imprese, che costituisce il principale rischio nei mesi a venire per il sistema produttivo italiano, aumenta l’esposizione del sistema bancario a possibili trasmissioni dello shock dal segmento non finanziario, implicando possibili tensioni sia sui bilanci delle banche, sia sui rapporti banca-impresa.