giovedì, 25 Aprile, 2024
Attualità

“L’iperbole flop delle cartelle esattoriali”

Caro Direttore,

permettimi di commentare il Tuo “fondo” di oggi (domenica), su l’iperbole flop delle cartelle esattoriali, ricorrendo all’inconsueto strumento della lettera: inconsueto perché avrei ben potuto risponderti con uno dei miei soliti articoli cui offri ospitalità in questo giornale.

Quello che però voglio comunicare a Te e ai nostri lettori non è il frutto di una riflessione meditata, ma piuttosto la reazione emotiva di chi crede di aver intravisto – nella polemica in corso sul condono/non condono, alla quale anche Tu hai voluto contribuire – i termini di un dibattito che si dispiega attorno ad un oggetto che tutte le parti in causa credono di aver individuato come tale, mentre in realtà quell’oggetto non esiste, perché le cartelle esattoriali cancellate dall’ormai famoso Decreto Ristori, ben lungi dall’essere il frutto di un braccio di ferro fra Partiti spinti a governare insieme solamente per il tempo stretto dell’emergenza sanitaria, altro non sono che la cartastraccia finora mantenuta negli archivi dell’Agenzia delle Entrate al non dichiarato fine di giustificarne l’impotenza alla riscossione, con quel che ne dovrebbe conseguire in termini di responsabilità amministrativa e contabile.

Resta dunque, almeno per me, un mistero la circostanza per cui anche una persona attenta come il Presidente Draghi abbia potuto ammettere che il Decreto approvato dal Consiglio dei Ministri contenga effettivamente un condono (mentre, tecnicamente, non lo è!); meno misteriosa è invece la ragione per cui i più autorevoli esponenti della sinistra parlamentare e sindacale hanno criticato questo strumento, giudicandolo un premio agli evasori, quasi che questi ultimi – ove effettivamente tali – senza il ricorso a una tale misura, avrebbero altrimenti pagato le somme oggi da cancellare attraverso procedure che (per la loro farraginosità) non potranno che nuovamente alimentare il già nutrito contenzioso pendente di fronte alle Commissioni Tributarie, molte delle cui sentenze sono a loro volta destinate a diventare cartastraccia.

Se Gogol o Jonesco potessero tornare in vita ne farebbero sicuramente oggetto di un racconto o di una commedia, un povero pubblicista come me altro non può fare che rivolgersi pubblicamente ai propri amici – fra i quali Ti annovero – per invitarli a riflettere sulle ragioni per cui i diversi soggetti investiti di pubblici poteri non rinunziano, neanche in presenza di questa drammatica pandemia, a recitare la farsa della lotta all’evasione come primo strumento di riequilibrio del bilancio nazionale. Faccio un’affermazione così grave perché sono da tempo convinto che gli evasori – quelli veri – non possano che prosperare sulle disfunzioni che affliggono il nostro apparato fiscale: disfunzioni sicuramente aggravate dai quintali di cartelle esattoriali che ne occupano gli archivi e dietro ciascuna delle quali si celano procedimenti talmente lunghi e complicati da paralizzare anche il più efficiente degli uffici di cui quell’apparato si compone.

Ove poi la cancellazione delle cartelle sia sottoposta a condizioni che ne impongono il riesame al solo fine di cancellarle è facile immaginare a quale spreco di risorse umane gli uffici competenti andranno incontro nei prossimi mesi.

Occorre dare atto al Presidente Draghi di aver fatto cenno a questo problema nel corso della conferenza stampa in cui ha annunciato il minicondono oggetto di tante polemiche, ma mi domando perché – pur avendo correttamente individuato, nei pregressi debiti tributari, la principale ragione delle disfunzioni che affliggono l’Amministrazione finanziaria – Egli non abbia in conseguenza spinto i Partiti che lo sostengono a cogliere l’occasione per ripulirne gli archivi attraverso l’unico strumento pragmaticamente possibile e cioè uno sconto incondizionato sulle cartelle, da praticare – a domanda del contribuente – unitamente ad una sostenibile rateizzazione degli importi effettivamente dovuti, depurandoli di sanzioni, interessi, aggi di riscossione e quant’altro.

In questo caso – non in quello oggetto del Decreto Ristori – si sarebbe potuto parlare di “condono”, ma sarebbe anche stata l’occasione per avviare una riforma dell’Amministrazione fiscale che appare ormai improcrastinabile.

Le componenti “di sinistra “ del Governo Draghi avrebbero potuto, a loro volta – anziché arroccarsi su una sterile opposizione ad un condono che non c’è (ma che il loro elettorato percepisce – sempre grazie a loro – come tale) – pretendere di condizionarne l’utilizzo, da parte di imprese e lavoratori autonomi,  all’impegno di questi ultimi a non procedere a licenziamenti per almeno un anno, a partire dall’ottenimento del beneficio; ma mi rendo conto che questa sarebbe una proposta politica degna di Churchill, mentre noi dobbiamo accontentarci, al massimo, di Enrico Letta.

Vengo a concludere, caro Direttore e non è una conclusione carica di speranze per il futuro dell’Italia.

Solo il tempo ci potrà dire, infatti, se anche questo Governo – in linea con i Suoi predecessori – vorrà ascriversi la responsabilità di un’altra occasione perduta in materia….  E non solo per recuperare risorse finanziarie, ma anche per fronteggiare la concorrenza di altri Stati membri dell’Unione Europea, i cui trattamenti fiscali sono sempre più appetibili per i cittadini italiani che possono liberamente trasferirvi la propria residenza, generando flussi che aumentano di giorno in giorno, ma dei quali nessuno parla: come si fa per la polvere da nascondere sotto il tappeto.

Con i miei saluti più cordiali.

Federico Tedeschini

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