venerdì, 26 Aprile, 2024
Economia

Imprese a rischio di default, dal 1 gennaio 2021 con le nuove norme Ue si può essere segnalati per un debito di 100 euro e far scattare il marchio di cattivo pagatore. Bisogna fermare questo nuovo incubo fiscale. Noi proponiamo una tregua fiscale e in casi di poca entità un azzeramento del debito per ridare fiducia e speranza a migliaia di imprese e lavoratori onesti che hanno speso una vita per le loro attività e per il Paese

Può un giornale moderato che della riflessione serena fa una una bandiera talvolta vestire i panni di un agguerrito barricadiero? Rispondiamo subito Sì, e lo affermiamo con convinzione quando si tratta di difendere i diritti delle piccole imprese, dei lavoratori, di quanti sono oppressi da un regime fiscale che impone una burocrazia odiosa e contro gli stessi principi della democrazia. Ci riferiamo alla prossima attuazione delle nuove regole europee sul default che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2021. Il conto alla rovescia quindi è già iniziato e lo ricordiamo basterà un arretrato di oltre 90 giorni, superiore all’1% dell’esposizione totale verso l’istituto di credito – anche se di soli 100 euro – per far classificare l’impresa in default. E gli istituti peggioreranno automaticamente la posizione dei creditori, fino a far scattare per pochi euro la segnalazione di cattivo pagatore.

Questo lo scenario economico da incubo che si sta spalancando sotto i piedi di decine di migliaia di imprese e di milioni di lavoratori, parliamo di persone oneste e laboriose che hanno dedicato vita e progetti dietro le loro attività. C’è inoltre da chiedersi e da preoccuparsi sul fatto, che un tema così decisivo per il destino di settori produttivi e socio economici del nostro Paese venga tenuto sotto silenzio mentre meriterebbe titoli e approfondimenti per mettere in guardia e preparare i cittadini e le imprese di ciò che accadrà tra breve. Noi lo sottolineiamo con forza perché è ancora possibile fare qualcosa per arginare questo mostro fiscale, bisogna fare proposte coraggiose e intraprendere iniziative di grande impatto economico che sappiano guardare al futuro. Per questo proponiamo un condono e una tregua fiscale, e per i casi più marginali dove l’entità delle cifre in contenzioso è bassa, allora va fatta una sanatoria azzerando i debiti. Solo così si può ridare fiducia ad un sistema produttivo fondato su piccole imprese, lavoratori autonomi che sono vessati in modo esagerato e ingiusto. Eviteremmo, secondo il calcolo di Confesercenti la chiusura di 42 mila attività per default, imprese che sarebbero falcidiate se scatterà la mannaia fiscale delle nuove regole Ue. C’è poi da annotare il silenzio che circonda questa situazione da allarme rosso, a parte i giornali economici specializzati che hanno evidenziato il problema, per il resto a poco più di un mese dalla entrata in vigore delle nuove norme non ci siano iniziative di Governo, non ci sia un dibattito sulle nuove regole fiscali. Il silenzio dei partititi, e di quella élite intellettuale e politica è sorprendente, così come del dibattito televisioni oggi monopolizzato da sequenze di ospedali e opinioni di virologi. Avremmo desiderato vedere almeno un approfondimento tra imprenditori ed economisti dibattere su questo tema che sarà una priorità.

Sappiamo inoltre che 15mila imprese si troverebbero già adesso in sofferenza, a prescindere dai cambiamenti normativi, perché se qualcuno lo ha dimenticato siamo in piena emergenza socio economia e sanitaria. Sembra strano, rispetto ai tanti polemisti di professione, che ad intervenire con decisione e competenza è il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, secondo cui “Le regole pensate prima della pandemia non possono essere fatte valere adesso come se tutto fosse normale. Ne va della salute non tanto delle banche, quanto dell’economia generale. Della vita di tutti noi”. Per il presidente dell’associazione bancaria italiana le nuove regole comunitarie rappresentano: “un meccanismo micidiale soprattutto in epoca di pandemia perché chi accusa quel ritardo finisce nell’elenco dei cattivi pagatori con tutto quello che ne consegue”. Parole chiare che vanno prese in considerazione. C’è poi un capitolo che ci riguarda come giornalisti, professione oggi in evidenti difficoltà, con giovani che non riescono ad avere occasioni di inserimento, di società editoriali che fanno fatica a tenere in bilanci in equilibrio con una prospettiva generale difficile. Eppure questa categoria non ha ottenuto nessuno sgravio per assunzioni, nessuna taglio fiscale per confermare e se possibile ampliare gli organici redazionali, nessun aiuto per la riduzioni della pubblicità crollata come effetto collaterale della pandemia. Parlare anche di noi come categoria non deve essere un tabù altrimenti appare ben strano che siamo i primi ad indicare i guai altrui e non cercarli nella nostra attività. Il primo gennaio dopo un anno terribile rischiamo di iniziarne uno nuovo con i fallimenti a catena e inedite preoccupazioni. Nei giorni scorsi abbiamo chiesto chiarezza sulla società privata di gestione della Centrale rischi finanziari, la Crif che fa bello e cattivo tempo senza un controllo dello Stato e del Parlamento, ora ci sarà il default per mano europea per cifre ridicole. Più che un Paese fondato sul lavoro e l’impegno dei cittadini sti sta realizzando l’incubo di un ottuso sistema fiscale, totalitario e ingiusto.

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