sabato, 20 Aprile, 2024
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Concorrenza a rischio: Apple e Amazon sotto inchiesta

Nessuna pausa estiva per l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che, la scorsa settimana, ha avviato un’istruttoria nei confronti delle società dei gruppi Apple e Amazon diretta ad accertare se le due società abbiano messo in atto un’intesa restrittiva della concorrenza vietando la vendita di prodotti a marchio Apple e Beats da parte dei rivenditori di elettronica non aderenti al programma ufficiale Apple. Questi commercianti, infatti, non rivolgendosi direttamente ai due colossi, acquistano comunque i prodotti da altri grossisti per rivenderli poi al dettaglio, bypassando (legittimamente) le regole commerciali imposte delle due aziende sotto indagine.

Secondo l’Autorità l’accordo per escludere dal marketplace alcuni soggetti appare potenzialmente idoneo a ridurre la concorrenza per l’innalzamento di barriere allo sbocco dei mercati della vendita online a danno dei rivenditori non ufficiali, costituiti solitamente da piccole e medie imprese che effettuano appunto vendite sul web utilizzando i servizi di marketplace.

L’Autorità di Piazza Verdi non è nuova a tali iniziative. Il pugno di ferro dell’Antitrust nazionale, al pari di quella europea, si è fatto sentire altre volte nei confronti dei mostri sacri del web: nella lunga lista WhatsApp (dove l’Autorità nel 2017 è intervenuta sanzionando una pratica commerciale aggressiva), Facebook (evidenziando la mancanza di informazioni, al momento della registrazione, circa l’uso dei dati personali degli utenti) e Amazon (accusata, sempre nel 2017, di aver omesso ai propri clienti informazioni rilevanti nel corso del processo di acquisto).

L’iniziativa dei giorni scorsi da parte dell’Autorità guidata da Roberto Rustichelli prova a fare chiarezza in una prateria difficile da controllare, pascolo incontrastato dei giganti di Internet.

Ultimo, per clamore, l’intervento dell’antitrust europeo contro il comportamento di Google, accusato di aver violato le norme concorrenziali creando una posizione dominante nei motori di ricerca grazie al sistema operativo Android, vera testa di ariete utilizzata da Big G per affermare il proprio potere. Nel luglio 2018, dopo due anni d’indagini, la Commissione europea ha prescritto in capo al più grande motore di ricerca del web una sanzione di 4,3 miliardi di euro, la più alta mai comminata dall’arbitro europeo della concorrenza.

Ma appena scoperto (e sanzionato) un abuso, un altro (e più grande) problema si affaccia all’orizzonte. Recentemente un grido di allarme è stato lanciato dai garanti della concorrenza dell’eurozona circa la possibilità degli algoritmi posti alla base dei siti di e-commerce di conoscere la capacità di spesa del singolo utente, così da proporre ad ognuno una tariffa in linea con il suo budget, ma di sicuro la più alta possibile. Come dire: dimmi cosa digiti e ti dirò chi sei.

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