venerdì, 29 Marzo, 2024
Politica

Gli ultimi non saranno gli ultimi: la disuguaglianza in un’economia d’emergenza. Intervista a Stefano Fassina

Con il cuore affannato e colmo di rigurgito tricuspidale arrivo in libreria per comprare l’ultimo libro di Piketty “Capitale e ideologia”, un mattone di natura chiaramente economica che neanche un consigliere della corte dei conti o un giovane capo di gabinetto in ascesa oserebbe portare con se in spiaggia. Piketty scrive bene e chiaro, “da bosco e da riviera”. Può leggerlo chiunque, quindi anche io. Mi metto in pole position, vado alla cassa con regolare mascherina e pago. Inizio a sfogliare e mi viene subito in mente che di disuguaglianza parlava un giovane economista nel 1996. Uno che ha fatto molta strada e che, per il mio lavoro dell’epoca, vedevo fronteggiarsi con i vari Draghi, Grilli (no non lavoravo in un rettilario). Stefano Fassina, politico ed economista, una corrispondenza biunivoca che ha segnato la sua carriera fino ad arrivare alla carica di vice ministro per l’Economia,  a cui ha rinunciato per divergenze di natura politica ed economica (ma di questo ne parlerà la storia, non un umile servo nella vigna del Signore come me, per dirla alla Ratzinger). Discutiamo con lui di economia e sociale, in un momento dove molte teorie potrebbero essere rimesse in discussione dai fatti accaduti.

L’Onorevole Stefano Fassina

Onorevole Fassina, il Recovery fund ci catapulta verso un orizzonte a lungo termine di aiuti. Un orientamento che forse lascia un po’ di amaro in bocca vista la tragicità del momento e dell’urgenza di misure di sostegno.
Sono largamente indefiniti tutta una serie di aspetti rilevanti, non bisogna farsi impressionare dalle grandi cifre aggregate e va sottolineato che sono riferite a ventisette paesi e ad un orizzonte pluriennale. Anche nella migliore delle ipotesi per l’Italia si tratta di un punto di PIL all’anno per 4 anni, tra grant e loan, cioè tra trasferimenti a fondo perduto e prestiti, e sono cifre drammaticamente inadeguate rispetto alla contrazione dell’economia che stiamo registrando e che purtroppo andrà avanti ancora un po’. Questa sarà seguita da un rimbalzo che compenserà solo in misura parziale la caduta del Pil di quest’anno e, inoltre, i prestiti che vengono erogati dalla Commissione Europea per fare i trasferimenti agli Stati qualcuno li dovrà ripagare: la Commissione Europea emette 750 miliardi di titoli, 250 solo di prestiti che forse arriveranno a 300/350 miliardi secondo le stime del Financial Times, e gli altri sono di trasferimenti a fondo perduto. I titoli emessi come prestiti da chi verranno rimborsati alla scadenza? Il documento della Commissione che ha presentato la Presidente Von der leyen fa riferimento ad una tassazione che dovrebbe essere attivata a livello europeo al fine di recuperare le risorse;  quando si chiuderà il bilancio pluriennale dell’Unione Europea saranno attivate delle garanzie da parte degli Stati, così come è previsto per l’intervento della BEI e per il fondo di sostegno ai disoccupati. E’ tutto da verificare perché la commissione fa proposte, ma è il Consiglio che approva;  vedremo cosa uscirà dal negoziato , perché come è noto ci sono dei paesi che si sono messi di traverso. In ogni caso questo passo avanti, potenzialmente utile sul piano economico, significativo sul piano politico, certamente non è adeguato ad affrontare il dramma che abbiamo di fronte e che richiede innanzitutto un più consistente intervento della Banca Centrale Europea, come stanno facendo le banche centrali negli Stati Uniti, nel Regno Unito e negli altri paesi; non sono misure socialiste ma quello che è richiesto per salvare sistemi economici che rischiano d’implodere o comunque di determinare costi economici e sociali insostenibili per le “democrazie” che abbiano un minimo di senso. La Lagarde infatti, è notizia di ieri, ha recepito la drammaticità della situazione aumentando di 600 miliardi Il  Pandemic Emergency Purhase Programme.

Come giudica la corsa ai BTP degli Italiani? Il Ministro Gualtieri dice che il debito pubblico ne trae beneficio: un po’ di crescita e un po’ di inflazione fa bene ai conti pubblici?
Molto convenienti per i risparmiatori ma molto costosi per lo Stato, perché assicurano una protezione dall’inflazione e un rendimento reale decisamente alto, data la situazione di tassi di interesse nulli, quindi non stupisce che siano andati bene; il punto è che rischiano di essere una zavorra sempre meno sostenibile per la finanza pubblica. La chiave per la sostenibilità del debito pubblico dell’eurozona passa per la Banca Centrale Europea e per un maggior volume di acquisti, poiché abbiamo bisogno di immettere molte più risorse nel sistema economico e per sterilizzare i titoli che sono stati acquistati dalle banche centrali nazionali nell’ambito dei vari programmi che si sono succeduti in questi anni. 

Secondo il suo pensiero, il sostegno al reddito permette anche di “generare domanda”, altri economisti pensano che bisogna dare più impulso alla produzione. In questo momento come ci si deve comportare?
In una fase dove la domanda è collassata, sia quella interna ma soprattutto quella estera che determina le esportazioni, cosi come i redditi di una parte delle famiglie, va bene abbassare le tasse e dare crediti d’imposta alle imprese, ma se le imprese non hanno qualcuno a cui vendere, queste politiche sono inutili. Siamo di fronte ad una tipica situazione keynesiana che trova un ostacolo ideologico più o meno consapevole: una classe imprenditoriale miope e un’opinione pubblica formata da decenni di martellamento liberista. Il Presidente di Confindustria, ad esempio, si lamenta degli interventi a pioggia per quanto riguarda le famiglie, mentre non rileva alcun problema per la cancellazione del saldo 2019 dell’acconto IRAP 2020. In una fase dove ci si riempie la bocca di unità nazionale e uguaglianza, gli interessi più forti continuano a fare la parte del leone e a dominare l’agenda, mentre avremmo bisogno di una radicale correzione di rotta. Non solo le conseguenze economiche e sociali del virus aggravano le disuguaglianze ma anche gli interventi di politica economica minano la situazione.

Onorevole, una delle sue battaglie riguarda le grandi multinazionali che hanno sede in paradisi fiscali.
Il governo ha bocciato un nostro emendamento che escludeva dalle garanzie pubbliche miliardarie le imprese che sono nei paradisi fiscali europei; la misura sarebbe stata significativa, ma sotto il ricatto dell’occupazione, l’emendamento è stato bocciato. 

Forse hanno messo il paletto della libera circolazione dei capitali?
Non capisco perché si può limitare la libera circolazione delle persone nella fase del Covid 19 e non si può limitare la libera circolazione dei capitali. I capitali valgono più delle persone? Siamo di fronte a rapporti di forza enormemente squilibrati, che poi si riflettono su un assetto mediatico che è completamente sbilanciato dalla parte degli interessi più forti. L’unica cosa che si vuole fare è continuare a colpire i lavoratori, come ha ricordato in un’intervista a Repubblica il Presidente di Confindustria che fa riferimento alla cancellazione del contratto nazionale.

È uscito da poco in libreria “Capitale e ideologia” di Thomas Piketty. Nella sua carriera politica si è battuto contro le disuguaglianze economiche. L’economista francese sostiene che la disuguaglianza non è economica o tecnologica ma ideologica e politica.
Sono d’accordo. Noi veniamo da quarant’anni dove ci hanno raccontato, insegnato nelle università e scritto sui giornali, che la disuguaglianza è fattore di crescita, perché è frutto della remunerazione disomogenea per premiare i migliori che, a cascata attraverso la loro maggiore produttività, porteranno beneficio per tutti. È evidente che è ideologica: è stata teorizzata la disuguaglianza. Il guaio è stato che larga parte della sinistra storica è andata dietro a questo racconto e, con le conseguenze che riscontriamo, è ancora più insopportabile oggi. Tutti professano grande preoccupazione per le disuguaglianze per poi difendere  misure che le aggravano: dalle garanzie alle multinazionali residenti nei paradisi fiscali, al taglio dell’Irap generalizzato, alla conferma delle concessioni ad Atlantia e così via; paradossalmente è più insopportabile l’ipocrisia di oggi che l’ideologia liberista, ossia l’esaltazione delle disuguaglianze di ieri.

Piketty dice: il postcomunismo è diventato il miglior amico dell’ipercapitalismo.
Vero, è stata la reazione al collasso del mondo comunista, sia nei paesi che erano stati sotto quel dominio, sia in quelli al di qua del muro di Berlino; è stata un’accettazione tipica dei neofiti e quindi più estrema dell’impianto liberista. In una fase della mia vita professionale ho lavorato al Fondo Monetario Internazionale e mi occupavo di un paese dell’ex Unione Sovietica, la Georgia, sconsigliando la privatizzazione del sistema pensionistico e sanitario, che stava avvenendo sotto i colpi delle grandi istituzioni finanziarie.

Reddito di cittadinanza, reddito di emergenza e contributo agli affitti: come vede questo modo di operare del Movimento Cinque Stelle che sembra aver sfilacciato il nodo populista diventando una specie di calorosa sciarpa per la sinistra?
La sinistra è per il lavoro di cittadinanza. Per quello che c’è scritto nella nostra Costituzione, l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro, dopodiché ci sono situazioni dove il lavoro non c’è e bisogna dare reddito a chi non c’è l’ha. Il reddito di emergenza è uno strumento ma, per quanto mi riguarda, la sinistra si distingue per il lavoro di cittadinanza che è un lavoro con diritti e dignità. Questo è il carattere distintivo della sinistra, non il reddito di emergenza anche se adesso è assolutamente necessario. In Parlamento presento emendamenti per innalzarlo, per allargarne la platea ma rimane una misura emergenziale. L’obbiettivo è quello indicato nella nostra Costituzione.

C’è una schiera di economisti, detti “americani” di cui abbiamo perso da poco Alberto Alesina. Lei fa parte della generazione successiva ma ha lavorato a stretto contato con alcuni di loro. Dalla nidiata dei vari Giovannini, Tabellini, Giavazzi c’è stato quasi un salto generazionale; Tutto cio’ è dovuto anche al cambiamento della politica e forse anche alla virata verso una prospettiva economica europeista?
C’è stato il dominio quasi assoluto della scuola liberista nella generazione che lei ricorda ma anche in quelle successive fino ad oggi. Dobbiamo fare i conti con le università che sono largamente monopolizzate da questa scuola. Le principali riviste internazionali di economia  pubblicano in larghissima misura lavori che partono da quelle teorie , che sono condizione necessarie per fare carriera accademica, un egemonia che diventa dominio; È rimasta qualche nicchia, ad esempio, vorrei segnalare l’appello firmato da un centinaio di economisti italiani contro il Mes pubblicato da Micromega qualche settimana fa, dove si evidenzia che  seminascosti in qualche scantinato di università ci sono grandi economisti di qualità ma che non hanno accesso ai grandi media. L’emergenza, sta segnando una accelerazione nel riportare attenzione all’economia reale in una chiave meno subalterna agli interessi più forti.

In Consiglio Comunale, lei sta facendo una battaglia importante per l’acqua.
Il problema dell’acqua è il rispetto per  una decisione presa da ventisette milioni di italiani nel 2011 è che è stata archiviata in modo silenzioso. Acea è una società che distribuisce enormi dividendi mentre latita nel riparare un infrastruttura idrica che è un colabrodo e perde il 44 per cento di acqua che trasporta: ci battiamo per ridurre le tariffe per fasce sociali più deboli, un problema che abbiamo posto alla Sindaca Raggi; Una battaglia che non molleremo. Speriamo che chi ha votato cinque stelle che è stato contraddetto dalla Sindaca e da altri rappresentanti eletti possa essere parte della battaglia che stiamo facendo.

Onorevole finiamo con la politica: Patria e Costituzione.
Patria e costituzione, è il movimento politico che abbiamo avviato dopo le elezioni del 2018; stiamo andando avanti con la seconda edizione di formazione politica nel quartiere di Frattocchie a Roma; siamo presenti nelle principali città italiane per costruire alleanze elettorali, proposte che possano portare avanti gli interessi delle periferie e delle classi sociali più disagiate.

Ringrazio l’Onorevole e mi appresto a leggere il tomo di Piketty, nella speranza che gli ultimi non saranno più ultimi come nel film di Massimiliano Bruno, ma accederanno almeno ai Play Off. 

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