sabato, 5 Luglio, 2025
Esteri

Gaza: Tregua vicina. Hamas apre, l’ONU accusa

Trump: "Voglio che la gente di Gaza sia al sicuro". Onu: a Gaza 613 uccisioni vicino i convogli degli aiuti e in siti Ghf. Iran, ispettori Aiea lasciano il Paese dopo la fine della cooperazione "per questioni di sicurezza"

Un nuovo spiraglio di tregua si è aperto nella notte tra giovedì e venerdì sul fronte della Striscia di Gaza. Fonti palestinesi vicine ad Hamas hanno riferito che il movimento islamista ha inviato una risposta positiva alla nuova proposta di cessate il fuoco, veicolata attraverso il Qatar. Il piano prevede una tregua di 60 giorni con rilascio progressivo degli ostaggi israeliani e ritiro graduale dell’Idf dal nord della Striscia, in cambio di garanzie internazionali fornite da Stati Uniti, Qatar ed Egitto. L’accordo, secondo fonti egiziane, prevede nel primo giorno il rilascio di otto ostaggi vivi, cui seguiranno ulteriori fasi scaglionate fino al sessantesimo giorno, con la consegna di altri ostaggi o delle loro salme. Durante tutta la durata della tregua, Israele dovrebbe permettere l’ingresso di consistenti aiuti umanitari, mentre le parti avvieranno negoziati più ampi su sicurezza, governance post-Hamas e una possibile pace duratura. Donald Trump ha dichiarato: “Voglio che la gente di Gaza sia al sicuro. Hanno attraversato l’inferno. Concluderemo l’accordo”.

Tajani: Hamas accetti, evitare una carneficina

Il Ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani
Il Ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha convocato il gabinetto ristretto per discutere gli sviluppi della proposta, mentre sul fronte diplomatico il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha dichiarato che “se Hamas accetterà, potremmo arrivare alla fine della carneficina”. Nel frattempo, la situazione sul campo rimane drammatica. Solo ieri sono state uccise 94 persone a Gaza in attacchi israeliani. L’ONU ha confermato che circa 40.000 civili hanno dovuto evacuare diverse aree della città, tra cui un punto medico e un centro per sfollati, dopo nuovi ordini emessi da Israele. Stephane Dujarric, portavoce delle Nazioni Unite, ha dichiarato: “Lo spazio per i civili si restringe ogni giorno. Le zone sicure sono sovraffollate e prive di infrastrutture: due milioni di persone ammassate tra le macerie”. In un altro bollettino, l’ONU ha sottolineato la condizione estrema di 700.000 donne e ragazze nella Striscia, che non hanno accesso a beni igienici di base durante il ciclo mestruale: “Mancano acqua, sapone, assorbenti e privacy”.

Le denunce dell’ONU

Francesca Albanese, relatrice speciale ONU sui territori palestinesi occupati
Francesca Albanese, relatrice speciale ONU sui territori palestinesi occupati

L’Alto Commissariato ONU per i Diritti Umani ha registrato 613 uccisioni, tra il 27 maggio e il 27 giugno, in prossimità di convogli umanitari o nei pressi dei centri di distribuzione gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation (GHF). Secondo l’ONU, l’esercito israeliano avrebbe aperto il fuoco su civili in cerca di aiuti. Tuttavia, Ravina Shamdasani, portavoce del commissariato, ha chiarito che l’attribuzione diretta delle responsabilità non è ancora possibile. Il presidente della GHF, il reverendo Johnnie Moore, ha ribaltato le accuse: “Hamas ha deliberatamente ucciso civili per attribuire la responsabilità a noi e screditarci”. Parallelamente la relatrice speciale ONU per i diritti nei territori palestinesi, Francesca Albanese, ha presentato un rapporto esplosivo al Consiglio per i diritti umani: “Diverse multinazionali traggono profitto dal genocidio a Gaza”. Il documento intitolato Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio evidenzia come aziende produttrici di armamenti, mezzi pesanti, fondi sovrani e banche internazionali abbiano contribuito attivamente alla macchina bellica israeliana. Il rapporto accusa esplicitamente colossi come Lockheed Martin, Palantir, Volvo e Barclays. Palantir, in particolare, è stata messa sotto accusa per la sua collaborazione strategica con l’IDF, anche se l’azienda nega il coinvolgimento nei controversi programmi di targeting Lavender e Gospel. Volvo, invece, ha dichiarato che i mezzi usati a Gaza erano di seconda mano e fuori dal suo controllo. Albanese ha chiesto formali azioni penali contro i dirigenti delle aziende complici, sostenendo che “la complicità è solo la punta dell’iceberg”.

Libano e Iran

Rafael Grossi, Direttore generale dell'AIEA
Rafael Grossi, Direttore generale dell’AIEA

Un drone israeliano ha colpito ieri un’auto a sud di Beirut, provocando un morto e tre feriti. L’IDF ha dichiarato che l’obiettivo era un sabotatore legato alla Forza Quds iraniana, coinvolto nel contrabbando di armi e nella pianificazione di attentati. L’attacco si è verificato nei pressi dell’aeroporto internazionale, nella zona di Khaldeh. Secondo il ministero della Sanità libanese, dal cessate il fuoco del 27 novembre scorso sono stati uccisi quasi 250 civili e oltre 600 sono rimasti feriti in raid israeliani. Intanto, secondo il quotidiano libanese Al-Akhbar, vi sarebbero in corso colloqui indiretti tra una figura vicina a Washington e Hezbollah per la possibile consegna volontaria delle armi da parte del gruppo sciita libanese, in cambio di garanzie politiche. Sul fronte nucleare, l’Iran ha ufficialmente interrotto la collaborazione con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), che ieri ha ritirato i suoi ispettori da Teheran “per motivi di sicurezza”. L’agenzia ha confermato che la squadra è rientrata a Vienna via terra. Secondo fonti citate dal Wall Street Journal, da metà giugno gli ispettori non avevano più potuto visitare i siti nucleari. Il direttore generale Rafael Grossi ha definito “cruciale” riprendere le attività di monitoraggio: “L’assenza di accesso sul campo mette a serio rischio la trasparenza del programma nucleare iraniano”. Nonostante ciò, Teheran resta sorvegliata da immagini satellitari e dai servizi di intelligence occidentali e israeliani.

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