sabato, 20 Aprile, 2024
Lavoro

Il lavoro nero agricolo ai tempi del coronavirus

Di lavoro nero nel settore agricolo si parla sempre poco. Eppure oggi, in piena emergenza, si tratta di un tema fondamentale, anche perché la continuità della filiera agricola e agroalimentare, anche con l’ausilio di tanti lavoratori immigrati, rappresenta, in piena pandemia, un elemento irrinunciabile per sostenere la corretta erogazione di alimenti e beni primari a tutta la popolazione.

Secondo l’Istat il lavoro irregolare in agricoltura, cui è associato il caporalato, ma che vede anche altre forme di irregolarità contrattuale e retributiva, ha registrato una crescita costante negli ultimi 10 anni.

In questa fase, le situazioni di irregolarità e la presenza di braccianti immigrati residenti in contesti privi di sicurezza igienico-sanitaria restano purtroppo una realtà, nonostante il lavoro che in alcuni contesti le istituzioni hanno svolto per chiudere “ghetti” e campi per lo più controllati dalla criminalità organizzata, e l’emergenza Covid-19 aggrava pesantemente la situazione.

In questi contesti è completamente disattesa ogni prescrizione in termini di sicurezza e prevenzione del virus. Ci sono comunità di braccianti costrette non soltanto a lavorare senza alcuna precauzione per la salute, ma a vivere in luoghi fatiscenti, senza acqua corrente e con misure igienico-sanitarie inesistenti e che potrebbero divenire in breve tempo centri di contagio incontrollabili.

Tali situazioni sono state già denunciate da giorni da sindacati, associazioni agricole, umanitarie e del terzo settore e sarebbero presenti soprattutto nelle province del Lazio, della Puglia, della Calabria e della Campania.

A questo scenario, non proprio rassicurante, si sono aggiunti gli ultimi sviluppi dell’emergenza sanitaria che hanno inoltre rallentato l’attuazione delle misure messe in atto dal Governo per contrastare il caporalato e, in particolare, gli interventi previsti e le risorse stanziate dal recente piano triennale 2020-2022 approvato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Come è noto, il piano fondato sui 4 assi prioritari (prevenzione; vigilanza e contrasto; protezione e assistenza per le vittime; reintegrazione socio-lavorativa) prevede anche azioni per dotare di alloggi dignitosi i lavoratori del settore.

Peraltro le restrizioni messe in atto dai decreti per contrastare il coronavirus, che riguardano anche alcuni uffici pubblici e gli sportelli per l’immigrazione possono creare lunghi ritardi per la concessione (o il rinnovo) dei permessi di soggiorno per i cittadini extracomunitari, costringendo molti braccianti a ricorrere al lavoro nero come unica opportunità di reddito e sopravvivenza.

Diventa, quindi necessario che il Governo intervenga per continuare a contrastare il caporalato e il lavoro nero in agricoltura, anche valutando la proroga automatica dei permessi di soggiorno per i braccianti regolari, soprattutto in questa fase, con misure efficaci e rapide, al fine di salvaguardare la salute dei lavoratori coinvolti e conseguentemente contenere i contagi e preservare la continuità della filiera produttiva.

Di qui una interrogazione al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell’interno, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali da parte della deputata del Pd, Susanna Cenni per sapere “quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere il Governo affinché le norme per salvaguardare la salute pubblica presenti nei decreti relativi al coronavirus vengano applicate anche a tutti i lavoratori della filiera agricola” e, anche in questa fase di emergenza,  per contrastare il caporalato e il lavoro nero in agricoltura e per prevedere la proroga dei permessi di soggiorno in scadenza dei lavoratori regolari.

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