mercoledì, 1 Maggio, 2024
Economia

Pensioni. Lunedì il vertice. Da luglio assegni più pesanti

Riapre il cantiere pensioni, le decisioni da prendere sono una ripartenza da capo. Lunedì 26 giugno il Governo ha chiamato a raccolta i sindacati, (a febbraio i rapporti si erano bruscamente interrotti) la
riunione servirà ad entrare nel merito delle questioni, su Quote, uscite anticipate e lavori usuranti, giovani e cambio generazionale, Opzione Donna, e pensioni integrative. Un percorso non in discesa, la cui prima
significativa tappa sarà la valutazione del Ministero dell’economia e finanze, perché tutta la riforma ruota attorno allo stato dei conti.
L’estate servirà a mettere a punto una intesa e in autunno con la manovra di bilancio di stabilirà quante risorse ci sono da impiegare.
L’intenzione del Governo Meloni è quella di approvare una riforma strutturale che abbandoni la strada dei rattoppi e delle proroghe, che dia spazio ad un piano che seppur a tappe arrivi ad un senso compiuto, magari entro la fine della legislatura, sarebbe un fiore all’occhiello dell’Esecutivo.

Riforma o soluzioni ponte?

Il primo problema, che figura all’ordine del giorno della riunione di lunedì, è quello degli anticipi pensionistici.
A fine 2023 si concluderà l’esperienza di Quota 103 – la possibilità di uscita con 41 anni di versamenti e 62 anni d’età – nel contempo arriva a scadenza la proroga dell’Anticipo pensione, la cosiddetta Ape sociale.
Il primo interrogativo oggi sul tavolo del confronto, è se sia possibile una riforma che abbia una gittata di almeno un decennio. Oppure tra inflazione, incertezze geo politiche, impennata dei tassi di interesse,
non si renda realistica e necessaria una nuova proroga? Le avversate misure-ponte potrebbero , infatti, rivelarsi utili, prolungando di un anno

Quota 103 e Ape sociale

La possibilità non viene stralciata a priori, perché le misure restrittive potrebbero essere allentate con la rivisitazione della platea dei lavoratori impegnati in attività usuranti che possono accedere a forme di uscita anticipata; oppure con un ampliamento di Ape sociale. Le decisioni quindi per il 2024 restano aperte.

Sul tavolo Quote ed uscite

Su questo terreno tra possibile riforma strutturale e soluzioni ponte, i sindacati giocheranno un ruolo importante. La posizione unitaria (pur tra osservazioni diverse), tra Cgil, Cisl e Uil più le valutazioni
dell’Ugl, indicano che la soluzione gradita è dare il via libera a pensionamenti con 62-63 anni di età anagrafica o, in alternativa, con 41 anni di contribuzione. Su questo il Governo lavora, ossia cercare di mantenere un equilibrio con le richieste dei sindacati, evitare una rottura e trovare la via seppur stretta di una intesa. A questo obiettivo lavora l’Osservatorio sul monitoraggio della spesa previdenziale, – struttura voluta dal premier Giorgia Meloni – che dovrà dare dati obiettivi sui costi delle varie ipotesi di riforma.

Il ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha in più occasioni annunciato la svolontà di avere una forte sinergia con i sindacati, ma partendo da cifre che siano condivise. In questo caso l’Osservatorio potrebbe
favorire un dialogo e anche scelte alternative, “senza pregiudizi”, come auspicato dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Giovani, la bomba sociale Una attenzione particolare sarà data ai giovani, individuando un meccanismo di “copertura previdenziale” e dar luogo alla cosiddetta “staffetta generazionale”. Il piano-giovani dovrebbe garantire un’adeguata copertura previdenziale agli under 35
interamente “contributivi” con carriere discontinue. Un piano che dovrebbe agire sul fronte della previdenza obbligatoria, con contribuzioni figurative legate al percorso di studi e con riscatti della laurea ultra-agevolati, ma che dovrebbe anche poggiare sulla previdenza integrativa. Per i sindacati quello dei giovani e futuri
pensionati è il tema dei temi, mentre le preoccupazioni del premier Giorgia Meloni espresse nella riunione preparatoria della riforma tenuta il 30 maggio a palazzo Chigi, sono lapidarie. “Si lavorerà sul rafforzamento del sistema previdenziale, con particolare riguardo alle pensioni future. Dobbiamo garantire la tenuta del sistema ed evitare il manifestarsi di una bomba sociale”.

Opzione donna, nodo irrisolto

Una spia delle difficoltà è la misura Opzione donna, a fine anno cesserà di essere, nel frattempo non è stato possibile ripristinare la misura in vigore nel 2022 più ampia e in favore delle lavoratrici. Rispetto a quella varata con la legge di bilancio del Governo Meloni che ha ridotto di molto il bacino delle lavoratrici che potevano accedere alla agevolazione. I partiti di sinistra, i 5S e Cgil, Cisl e Uil, chiedono il ripristino dei requisiti in vigore nel 2022 – 58 anni d’età, 59 per le lavoratrici autonome, e 35 di contributi -. Questione per ora accantonata.

Gli aumenti degli assegni

Nella riunione di lunedì il primo scoglio da superare resta quello delle risorse disponibili. Gli spazi di finanza pubblica sono limitati mentre la spesa previdenziale corre. Le analisi del Ministero dell’economia e
finanze i report dell’Inps portano alle stesse considerazioni. Gli impegni economici sono destinati a lievitare a causa dell’inflazione ancora elevata. Per l’Inps il gelo demografico gioca un ruolo strategico per il futuro. Inoltre le attuali pensioni devono essere agganciate alle rivalutazioni. A luglio scatteranno gli aumenti.
Il 6% per le pensioni al minimo con un aumento per quelle degli “over 75” già salite per il solo 2023 a circa 600 euro mensili e destinate ad avvicinarsi il prossimo anno a quota 700 euro, un ritocco con un costo
che supera i 500 milioni.

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