Il riuso dei beni confiscati costituisce, da sempre, lo smacco peggiore per le mafie perché, sia dal punto di vista simbolico che visivo, si appalesa la riappropriazione del territorio da parte dello Stato. Questo è il movente di molti atti intimidatori posti in essere nei confronti dei soggetti gestori (associazioni, cooperative e/ imprese sociali) che si impegnano a portare avanti progetti di sviluppo e di inclusione sociale.
Negli ultimi tempi nel mirino dei malviventi sono finite le sedi degli Scout dell’Agesci di Ramacca, in provincia di Catania, Marsala e Mineo istituite all’interno di immobili o fondi che precedentemente si trovavano nella disponibilità di esponenti delle consorterie criminali della zona.
A Ramacca sono state asportate e scardinate le porte interne, le finestre e tutti gli impianti elettrici e gli interruttori. Sui vari episodi sono in corso le indagini da parte delle forze dell’ordine. In attesa di conoscere l’esito degli accertamenti ad opera di polizia e carabinieri la società civile si è mobilitata per manifestare vicinanza e sostegno agli scout.
L’Ufficio regionale per i Giovani della Conferenza episcopale siciliana “condanna senza alcuna remora” gli attacchi perpetrati, nei giorni scorsi, all’Agesci di Sicilia ed esprime solidarietà alle comunità che di recente sono state vandalizzate “perché beni confiscati alla mafia o per inneggiare pseudo teorie sulla razza”.
Nella nota a firma dei direttori regionali, don Gaetano Gulotta e Umberto Confalonieti e di monsignor Pietro Maria Fragnelli, vescovo di Trapani e delegato regionale per i Giovani, si legge che “l’attacco non è diretto solo all’Agesci, ma, inevitabilmente, alla Chiesa tutta e alla società civile”.
Per questo motivo, “oltre che invitare tutti i servizi diocesani, vicariali e parrocchiali della Pastorale dei Giovani, i movimenti e le associazioni a pregare e a mostrare solidarietà alla comunità Agesci siciliana, è impellente una decisa presa di posizione contro la mafia e contro ogni ignobile azione volta a minare la comunione tra gli uomini”.
“La mafia agisce e opera nel silenzio – scrive il direttivo dell’Ufficio regionale per i Giovani -, spesso servendosi dei colletti bianchi. Occorre allora prendere le distanze apertamente da questo modo di agire che uccide la vita e il futuro. Occorre altresì un serio impegno educativo che possa eliminare i nuovi germi di razzismo che, in modo sempre più frequente, si stanno diffondendo tra le nuove generazioni e non solo”.
Dal messaggio emerge, dunque, la preoccupazione dei vertici dell’Ufficio giovani della Cesi per quello che sta accadendo in Sicilia, perché “l’educazione, la formazione e l’esperienza della fede fanno paura, minacciano chi, ancora oggi, vive nel buio dell’illegalità e dell’ignoranza”.