lunedì, 6 Maggio, 2024
Attualità

Dispersione idrica e siccità maxi sprechi e opere non fatte

Oggi la relazione del Commissario straordinario. Ance: persi ogni giorno 157 litri di acqua per abitante

Ogni giorno vengono dispersi nella rete 157 litri di acqua per abitante. Stimando un consumo pro capite pari alla media nazionale, il volume di acqua disperso soddisferebbe il fabbisogno idrico di oltre 43 milioni di persone per un intero anno. Sono dati più che allarmanti quelli presentati dall’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) alle Commissioni riunite Ambiente e Industria del Senato, sul tema: “Disposizioni urgenti per il contrasto della scarsità idrica e per il potenziamento e l’adeguamento delle infrastrutture idriche“. A elencare i problemi che, di fronte alla crisi idrica, appaiono paradossali, il vicepresidente del Centro Studi, Ance, l’ingegnere Piero Petrucco, che ha illustrato i dati riassuntivi del quadro attuale. Sul fronte siccità, inoltre, oggi il Commissario straordinario nazionale per la “crisi idrica”, Nicola Dell’Acqua, riferirà dell’esito della ricognizione delle opere e degli interventi di “urgente realizzazione” per affrontare la carenza di acqua.

La dispersione e la grande sete

Secondo l’ultimo report dell’Istat relativo alle statistiche sull’acqua (anni 2020 e 2021), le perdite degli impianti di distribuzione ammontano al 42,2%. Secondo l’Istituto di statistica ogni giorno vengono dispersi nella rete 157 litri di acqua per abitante. Stimando un consumo pro capite pari alla media nazionale, il volume di acqua disperso nel 2020 soddisferebbe il fabbisogno idrico di oltre 43 milioni di persone per un intero anno.
Le maggiori criticità risultano concentrate nelle aree del Mezzogiorno. “I valori più rilevanti delle perdite si riscontrano”, ha indicato Petrucco, “in Basilicata (62,1%), Abruzzo (59,8%), Sicilia (52,5%) e Sardegna (51,3%). Di contro, tutte le regioni del Nord hanno in livello di perdite inferiore a quello nazionale ad eccezione del Veneto (43,2%) e del Friuli-Venezia Giulia (42%), in linea con il dato nazionale”. Di fronte alle carenze idriche, invece, nel 2021 sono aumentati i comuni capoluogo di provincia o città metropolitane che hanno attuato misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua potabile. Il razionamento ha coinvolto anche un comune del Nord, Verona, e un comune del Centro, Prato.

Fognature, 939 multe Ue

Criticità sono state inoltre evidenziate alla Commissione del Senato, nell’adeguamento dei sistemi di fognatura e depurazione che hanno portato l’Italia ad essere oggetto di pesanti procedure di infrazione europee (939 agglomerati in infrazione di cui il 73% nel Mezzogiorno).
La fotografia fornita dell’Ance testimonia l’inadeguatezza delle dotazioni infrastrutturali, risultato di un livello di investimenti nel settore ancora insufficiente.

Lontano dai livelli europei

Secondo l’ultimo Blue Book 2023, nel 2021 gli investimenti realizzati dai gestori industriali si sono attestati su un valore pro capite di 56 euro per abitante, confermando un andamento virtuoso avviato dal 2012, ma ancora lontano dai livelli di investimento di numerosi Paesi europei. “Il livello di investimenti si trova, infatti, molto al di sotto della media quinquennale europea che, al 2021, risulta pari a 82 euro per abitante”, ha segnalato il responsabile dell’Ufficio studi dell’Ance, “per quanto riguarda le gestioni in economia, dove il servizio è direttamente gestito dai Comuni localizzati per lo più nel Mezzogiorno, gli investimenti pro capite realizzati si attestano su un valore medio di 8 euro per abitante, pressoché invariati negli ultimi anni”. Il quadro secondo ciò che è emerso durante la relazione alle Commissioni riunite Ambiente e Industria del Senato, “appare ancora più preoccupante se si considerano i dati Eurostat relativi agli investimenti fissi lordi in costruzioni nel settore idrico e della gestione dei rifiuti che comprendono tutti quegli investimenti relativi ad infrastrutture per la fornitura di acqua, il trattamento delle acque reflue ma anche quelli per la gestione di tutti rifiuti solidi e non come raccolta, trattamento e smaltimento”.

Urgenti nuovi interventi

In Italia gli investimenti nel settore hanno avuto un andamento altalenante. In particolare, è stato reso noto, come dal 2015 al 2017 si è assistito ad una repentina crescita, che riporta gli investimenti ad un ammontare simile agli anni precedenti della crisi. “Si tratta degli anni di piena operatività della Struttura di Missione #ItaliaSicura, istituita a maggio 2014, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri”, è stato ricordato dal delegato Ance, “con l’obiettivo di compiere una ricognizione sullo stato delle opere di mitigazione del rischio idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche”.

Declino delle risorse ed opere

L’andamento positivo degli investimenti si arresta però nel 2018, proprio in concomitanza con la soppressione della Struttura di Missione, quando si avvia una discesa degli investimenti che, nel 2020, raggiungono un valore molto vicino al minimo del 2014.

I cambiamenti climatici

Alla dispersione si sommano i cambiamenti climatici generati dal riscaldamento globale che stanno contribuendo ad alterare l’equilibrio del ciclo idrologico globale, con importanti ripercussioni sulla disponibilità e sulla distribuzione dell’acqua.
“Negli ultimi 70 anni, in Italia, si è registrato un significativo aumento delle zone colpite da siccità estrema”, ha riferito l’ingegner Petrucco ai senatori, “determinato da una riduzione delle precipitazioni e dall’incremento delle temperature, oltre che dall’aumento dei fenomeni atmosferici estremi, con piene, siccità e ondate di caldo”.

Consumi e sprechi

Per l’Ance bisogna incrementare la spesa pubblica per investimenti nelle infrastrutture idriche per aumentare l’efficienza nell’utilizzo dell’acqua in tutti i settori (civile, industriale, energetico, agricolo), attivando sistemi di monitoraggio, investendo in manutenzione e sviluppo delle reti e degli impianti, incentivando il riciclo e la raccolta.

Tutte le risorse del Pnrr

In questo contesto il Piano nazionale di ripresa può offrire una prima accelerazione degli investimenti del settore che, secondo quando indicato alla Commissione, presenta un fabbisogno pari a circa 13,3 miliardi.
“Fabbisogno, che peraltro non considera gli incrementi determinati dal caro materiali, le risorse disponibili e già ripartire o programmate ammontano a 5,1 miliardi”, è stato calcolato nella relazione, “Pertanto, al momento, il settore prevede un fabbisogno complessivo pari a circa 8,2 miliardi di euro.
Un ammontare di risorse che è destinato ad aumentare, non solo per effetto dei rincari delle materie prime, ma anche a seguito della pianificazione degli investimenti su scala nazionale”.

Le opere? Solo in fase d’avvio

Per la programmazione e la realizzazione degli interventi necessari alla mitigazione dei danni connessi al fenomeno della siccità e per promuovere il potenziamento e l’adeguamento delle infrastrutture idriche, la riforma prevede la definizione di un Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico, un unico strumento di programmazione delle infrastrutture idriche, con una visione di medio e lungo termine, da attuare per stralci in funzione delle risorse disponibili. Ma le opere tra ritardi e blocchi “sono ancora in fase di avvio”.

Il 15 maggio la ricognizione

La Cabina di regia sulla crisi idrica, oltre alle funzioni di “impulso e coordinamento”, dovrà effettuare, entro oggi 15 maggio, una ricognizione delle opere e degli interventi di urgente realizzazione per affrontare nel breve termine la crisi idrica. Secondo gli impegni prego lo stesso Commissario dovrà definire un programma degli interventi e delle risorse disponibili che verranno comunicate dalle amministrazioni competenti a seguito di rimodulazioni di interventi per i quali non siano stati assunte obbligazioni giuridicamente vincolanti.
“Il Governo”, è stato sottolineato ancora dall’Associazione nazionale dei costruttori, in Commissione Senato, “intende, infatti, dare priorità a quegli interventi che si trovano ad un livello di progettazione avanzato, tale da consentire un immediato avvio dei lavori, rimodulando quelli ancora in fase preliminare, pur garantendo la copertura delle relative attività di progettazione”. Inoltre, per accelerare e garantire la realizzazione degli investimenti è previsto che la Cabina di regia possa esercitare poteri sostitutivi e di superamento “del dissenso in caso di situazioni di inerzia, ritardo o difformità nella progettazione ed esecuzione degli interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico”.

Tutti i miliardi da spendere

Al di là delle possibili rimodulazioni, per il delegato Ance, “sembra che si voglia affrontare l’emergenza idrica ricorrendo alle risorse che il Pnrr prevede per questo ambito di intervento”. Il Piano europeo destina alle infrastrutture idriche una quota importante di risorse, pari a 4,4 miliardi di euro, suddivisi in 4 linee di intervento: 2 miliardi di euro per nuove infrastrutture idriche primarie su tutto il territorio nazionale; 900 milioni di euro per la riparazione, la digitalizzazione e il monitoraggio integrato delle reti idriche in modo da diminuire sostanzialmente le perdite di acqua; oltre 800 milioni di euro per il potenziamento e l’ammodernamento del sistema irriguo nel settore agricolo; 600 milioni di euro in investimenti per la depurazione delle acque reflue da riutilizzarsi in agricoltura e manifattura.
A queste risorse si devono aggiungere 482 milioni, da spendere entro il 2023, derivanti dalla programmazione “REACT-EU” (313 milioni di euro) cui si somma l’ulteriore disponibilità di 169 milioni di euro definita a febbraio 2022 da parte del Dipartimento della Coesione.

Il rialzo dei prezzi

I progetti da realizzare, tuttavia, sono sotto osservazione per due motivi. Il primo per le difficoltà attuative legate, “analogamente agli altri investimenti del Piano europeo, alle gravi tensioni determinate dagli aumenti dei prezzi delle materie prime e dei prodotti energetici”, si sottolinea nella relazione Ance, “che hanno determinato uno slittamento in avanti dei cronoprogrammi delle opere. Basti considerare che gli aumenti registrati negli ultimi due anni sono mediamente del 35/40%”.

Intervento della Corte di conti

A i ritardi si sono aggiunte le numerose e rilevanti criticità messe in luce dalla Corte dei Conti, nell’ambito dei controlli. La Corte dei Conti ha messo in luce gravi carenze nella selezione dei progetti, effettuata frettolosamente in funzione della “cantierabilità” degli interventi e della loro coerenza rispetto agli obiettivi intermedi (target e milestone), nonché la “debolezza dei soggetti attuatori” e le “difficoltà tecniche dell’opera”.

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