sabato, 27 Luglio, 2024
Attualità

Errori giudiziari, basta gaffe: serve una strategia

“Gli innocenti non finiscono in carcere”. Questa frase pronunciata dal Guardasigilli, Alfonso Bonafede durante il programma “Otto e mezzo” di La7 dedicato al tema della prescrizione ha provocato un vespaio di polemiche.

La collega Gaia Tortora, figlia del compianto Enzo Tortora, icona per eccellenza della battaglia contro gli errori giudiziari, con un tweet ha chiesto al ministro di spiegare il senso delle sue parole.

L’esponente dei 5 Stelle ha, quindi, precisato che si riferiva “evidentemente e ovviamente, in quel contesto, a coloro che vengono assolti” e che “più di tutti (i predecessori) ha attivato gli ispettori del ministero per andare a verificare i casi di ingiusta detenzione”, introducendo “per la prima volta il monitoraggio e la verifica dei casi di riparazione per ingiusta detenzione”.

Fin qui la sintesi di quanto accaduto prima che il dibattito pubblico venisse assorbito dalla campagna elettorale in Emilia Romagna e Calabria e dagli scenari che si prospettano alla luce della vittoria di Stefano Bonaccini e della neo governatrice Jole Santelli.

Abituati, come siamo, a ragionare sulle cose, rifuggendo dagli slogan e dalla semplificazioni riteniamo che sia il caso di articolare una qualche breve riflessione, muovendo le mosse da una nota dell’Osservatorio sull’errore giudiziario delle Camere Penali, organismo il cui compito è quello di “monitorare l’incidenza dell’errore giudiziario nel nostro sistema penale ma anche contribuire a campagne di informazione per mostrarne gli effetti al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica su quali siano i costi sociali e umani di un processo che non rispetta le garanzie”.

“È vero – scrivono gli esperti – che coloro che vengono assolti non finiscono poi in carcere, ci mancherebbe pure. Ma troppo spesso e volentieri dietro le sbarre ci sono già stati, in virtù di un’applicazione della custodia cautelare non sempre così equilibrata come dovrebbe essere. E i numeri stanno lì a dimostrarlo: al 31 dicembre 2018, si contavano oltre 27 mila persone risarcite per ingiusta detenzione ed errori giudiziari, dal 1992. Al ritmo medio di circa 1000 all’anno, 3 al giorno, una ogni 8 ore. Per una spesa complessiva di oltre 700 milioni di euro. Nel solo 2018 lo Stato ha risarcito 913 persone arrestate da innocenti, spendendo quasi 48 milioni di euro”.

Se, dunque, gli errori giudiziari hanno un peso sociale ed economico così rilevante qualche domanda la si deve obbligatoriamente porre: quale esito hanno dato finora o stanno dando le verifiche avviate da Bonafede? Sono state avviate istruttorie per individuare eventuali responsabilità? Quando l’opinione pubblica sarà messa a conoscenza delle risultanze?

I numeri dicono che tanti cittadini innocenti ogni anno vengono privati della loro libertà personale senza colpa. Uno Stato di diritto, quale dovrebbe essere il nostro, può far finta di nulla?

Qui non si vuole criminalizzare nessuno, ma porre le basi per affrontare, senza pregiudizi o preconcetti, un fenomeno finora ampiamente sottovalutato, forse perché in controtendenza rispetto agli umori della piazza costantemente alla ricerca delle famose tre “f” (feste, farina e forca).

Una classe dirigente all’altezza del suo compito dovrebbe avere la capacità ed il buon senso di ragionare con la testa, anziché inseguire la “pancia” del Paese.

Chi non ricorda le immagini del clamoroso arresto di Enzo Tortora, avvenuto il 17 giugno 1983 con il popolare conduttore trascinato in manette come il peggiore delinquente sotto i flash dei fotografi con l’accusa di intrattenere traffici con la camorra? Il popolare giornalista e conduttore è stato poi assolto definitivamente dopo un lungo e penoso calvario giudiziario.

Nessuno ha pagato per quella ingiusta detenzione (la legge sulla responsabilità civile delle toghe è stata approvata successivamente). Eppure quella vicenda, simile purtroppo a tante altre, dovrebbe indurre tutti, in special modo chi occupa posti di responsabilità, ad affrontare il tema con cautela e rispetto.

Perché la libertà, come la vita, è il bene più prezioso di tutti…

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