mercoledì, 24 Aprile, 2024
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Stop al Superbonus ma non al Green deal

Il Superbonus 110%, introdotto nel maggio 2022 dal Governo Conte, passerà alla storia come uno dei provvedimenti legislativi più infelici della storia repubblicana. Partito con una valutazione troppo alta, si è rilevato insostenibile e ha avuto effetti distorsivi sul mercato. È costato alle casse dello Stato 110 miliardi. È stato oggetto di truffe oscene e di enorme portata (finora sono già stati recuperati 7,5 miliardi). Ha determinato un debito di 2.000 euro per ciascun italiano – dai neonati agli anziani – e il Governo sta mettendo in opera accorgimenti per evitare il default del settore dell’edilizia.

C’è un rischio. Il Superbonus nasce per assecondare i principi di sostenibilità e di risparmio energetico. Il pericolo è che si faccia di ogni erba un fascio e il tema del green deal venga sminuito e messo in secondo piano. Non deve accadere. La sostenibilità e la digitalizzazione sono alla base di Next Generation EU. Bruxelles tramite il fondo di ripresa e resilienza ha già stanziato 144 miliardi, di cui 67 all’Italia. Tutto il mondo va nella direzione delle tecnologie pulite. La Cina nel 2022 ha investito in clean tech quasi 550 miliardi, gli Usa 380 miliardi in crediti d’imposta, che portano a 1.500 gli investimenti totali per l’industria a stelle e strisce.

Se è vero che serve equilibrio – a mio parere la decisione europea di stoppare totalmente la vendita della auto endotermiche dal 2035 è eccessiva – tuttavia la via è tracciata. Anzi possiamo dire che stanno emergendo nuovi bisogni di politica industriale e per il clima, che necessitano di risposte comuni dall’Europa. La più importante, cui sono favorevole, è la creazione di un fondo per la sovranità così come delineato dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, uno strumento fondamentale affinché l’Unione europea mantenga la crescita mentre iniziano a farsi sentire gli effetti della politica monetaria della Bce, che sta mettendo in difficoltà creditizia le famiglie e le imprese.

L’Italia si sia muovendo bene in tale contesto. C’è poco spazio per fare nuovo debito. Le politiche di bilancio degli Stati membri non possono essere in contraddizione con le decisioni restrittive dell’istituito di Francoforte. Il nostro Governo sta lavorando per fare avere entro aprile alla Commissione, da un lato i suoi piani per il RePowerEu – l’iniziativa presentata a maggio dello scorso anno per porre fine alla dipendenza dell’Ue dai combustibili fossili russi e affrontare la crisi climatica -, dall’altro per modificare alcuni progetti del Pnrr e realizzare degli spostamenti tra fondi di coesione e Pnrr. La sfera produttiva italiana è pronta. Il nostro Paese nel 2022 ha avuto una crescita superiore alla Cina e questo si deve soprattutto al dinamismo delle aziende nazionali, che eccellono nel mondo e sanno assecondare gli assunti delle tecnologie sostenibili e dell’innovazione. Basti pensare a come Industria 4.0, il piano presentato dal Governo Renzi nel 2016 – che andrebbe revisionato e “riattualizzato” – abbia stimolato la trasformazione industriale.

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