giovedì, 25 Aprile, 2024
Lavoro

“Frontiera Lavoro” nelle carceri di Perugia

È l’articolo 27 della Costituzione a ricordarci il fine rieducativo della pena detentiva. I dati del ministero di Giustizia attestano che il lavoro aiuta il detenuto a recuperare l’autostima e la fiducia in sé stesso, incoraggiandolo a intraprendere un percorso virtuoso di reinserimento sociale, che evita le recidive, cioè di ricadere in comportamenti devianti. Infatti, il 95% dei detenuti che transitano attraverso percorsi formativi e professionalizzanti, di orientamento al lavoro e di accompagnamento al lavoro già nelle carceri, non tornano a delinquere. È questo cui ci invita la nostra legge, nell’interesse del singolo, ma anche di tutta la collettività. I progetti di reinserimento al lavoro dei detenuti si traducono anche in benefici e vantaggi per il datore del lavoro grazie agli incentivi garantiti dalla Legge Smuraglia 193 del 2000. Non solo, il datore di lavoro ha la possibilità di assumere una risorsa già formata e il costo del mantenimento della persona in carcere viene detratto dagli stipendi guadagnati dalla condizione di semilibertà, con un significativo abbattimento del costo sociale.

L’associazione Frontiera Lavoro di Perugia

Fortunatamente, incominciano a nascere diverse associazioni che si occupano di questo. Spesso vi abbiamo parlato di “Seconda Chance”, che opera su Roma e oggi vi parleremo di “Frontiera Lavoro” presente nel Nuovo complesso penitenziario di Perugia Capanne. Gli operatori selezionano i profili professionali sulla base della ricerca svolta dalla Camera di Commercio, che ogni anno individua i fabbisogni delle aziende del territorio nel medio e lungo periodo. All’interno del penitenziario la selezione delle persone è attenta, svolta di concerto con l’equipe comportamentale dell’Istituto di pena. In 25 anni di lavoro, gli inserimenti lavorativi effettuati da “Frontiera lavoro” non hanno mai portato alla revoca delle Misure che il Magistrato aveva concesso.

La storia di Pasquale

L’associazione ci fa conoscere Pasquale, che si sveglia ogni mattina alle 5.10, prende l’autobus a Capanne e arriva a Tavernelle, nella periferia perugina, per prendere servizio nel laboratorio di pasticceria Blanco. Da qualche mese vi lavora a tempo pieno con un regolare contratto come “aiuto pasticcere”, ottenuto dopo un mese di prova.  Sta scontando 16 di pena per un reato contro la persona commesso dieci anni fa e sa di aver sbagliato, ma sa anche che quella che gli è stata offerta è una grandissima opportunità che lui non vuole assolutamente perdere.

“È difficile trovare personale professionale volonteroso – ha commentato il datore di lavoro di Pasquale -, nessuno ha più voglia di fare questo mestiere. Ad oggi posso dire di essere soddisfatto della scelta che ho fatto, ho trovato una persona capace, educata, disponibile, che non mi crea alcun tipo di problema”. È solo uno degli esempi concreti dell’efficacia degli interventi di inclusione socio-lavorativa all’interno delle strutture penitenziarie, che ci aiuterebbero a distinguerci da Paesi meno civilizzati. Cosa che al momento non è.

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