venerdì, 19 Aprile, 2024
Attualità

Giù le mani dai camici bianchi

Le aggressioni ai danni dei medici e sanitari che lavorano nei pronto soccorso e nelle strutture di emergenza non accennano a diminuire.

A Napoli e in provincia, dove il fenomeno ha raggiunto vette preoccupanti sono stati censiti più di cento raid nel 2019, tanto da rendere necessarie contromosse sotto il profilo investigativo. Il procuratore della Repubblica Giovanni Melillo ha deciso di formare un gruppo di lavoro specializzato, affidandone la guida all’aggiunto Rosa Volpe (che coordina anche le indagini anticamorra)

Di questi ed altre aspetti delle violenze ai danni dei camici bianchi abbiamo parlato con il dottor Francesco Rocco Pugliese, Direttore di Unità Operativa – Pronto Soccorso e Medicina l’urgenza dell’Ospedale “Pertini” di Roma, nonché presidente della Simeu (Società Italiana della medicina di emergenza-urgenza).

Il dottor Francesco Rocco Pugliese

Presidente, c’è una ragione di ordine sociale nel piccolo di violenze sui camici bianchi?
“Certo. La società è cambiata. Non si riconosce più l’autorità di nessuno. E questo, inevitabilmente, va a detrimento anche della autorevolezza del medico che esercita una professione di aiuto ma, sicuramente, non rappresenta un’autorità. A volte basta una scintilla…”.

La creazione di un pool di magistrati chiamati ad occuparsi solo di questo è, secondo lei, la scelta giusta?
“È una domanda alla quale non so rispondere. Quello che posso dire è che sarebbe utile introdurre alcune modifiche all’attuale legislazione, attribuendo al medico che opera in strutture o contesti di emergenza la qualifica di incaricato di pubblico servizio con il perseguimento d’ufficio di chi si rende responsabile di tali azioni senza bisogna della denuncia del diretto interessato che, nella stragrande maggioranza dei casi, non la fa, a meno che non si tratti di un caso eclatante”.

Cosa si sente di dire a un giovane professionista che si accinge ad iniziare il suo percorso lavorativo: ne vale la pena?
“La nostra è una professione molto stressante dal punto di vista  psico-fisico. E sicuramente chi la intraprende si candida ad essere, tra i medici ospedalieri, quello che guadagna di meno, perché non fa la libera professione né intramoenia né intramoenia allargata. Se a ciò aggiungiamo il sovraffollamento delle strutture nei grandi centri e, da ultime, le aggressioni qualche perplessità può anche venire”.

Ma…
“Messa così sembrerebbe quasi una professione da abbandonare. E, nei fatti, sta accadendo. Nel senso che, se non corriamo ai ripari, avremo molti problemi a tenere aperte le strutture di pronto soccorso, viste le criticità di cui abbiamo parlato.
Ciò nonostante, per quanto mi riguarda si tratta della professione più bella che si possa esercitare perché non è standardizzata.
Ai colleghi più giovani posso dire che non basta avere delle grandissime capacità tecnico – professionali ma bisogna aumentare anche le proprie capacità comunicative e gestionali dei conflitti. Ovviamente non mi riferiscono agli atti delinquenziali nei confronti dei quali il medico può fare molto poco, ma nei confronti dei quali la risposta della legge deve essere puntuale ed efficace”.     

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