giovedì, 18 Aprile, 2024
Parco&Lucro

Entrare nel mercato “a rate”

Il rally di inizio settimana ha salvato le Borse europee che, infatti, chiudono  in rialzo, nonostante la brutta seduta di venerdì 7 ottobre. Nonostante ciò, il mercato azionario Usa sia avvia a chiudere il peggior anno dal 2008. Il mercato del lavoro negli Usa frena meno delle attese e innesca i timori per una nuova stretta della Federal Reserve sui tassi: sebbene siano stati creati 263.000 posti di lavoro, contro attese per 275.000, l’aumento dei salari e il calo del tasso di disoccupazione (3,5%, contro stime per un dato invariato al 3,7%), hanno mandato ai mercati un segnale di forza. Piazza Affari, che ha chiuso la seduta di venerdì in calo dell’1,13%, nell’ottava ha registrato un rialzo dell’1,2% per il Ftse Mib (da inizio anno -23,6%). Nella settimana terminata il 7 ottobre, in Europa le performance migliori sono state quelle del comparto energetico (+5,7% lo Stoxx Europe 600), tecnologico (+2,2%) e viaggi (+2,6%).

S&P 500 è in ribasso di oltre il 21% da gennaio, nel XXI secolo è accaduto solo due volte: nel 2022 e nella crisi del 2008. Una valida soluzione intermedia può essere quella di contrastare il mal di mare borsistico comprando «a rate», acquistando cioè nel tempo, a diversi livelli di prezzo, quote di fondi ed etf o quantitativi di azioni e bond.

 Investitore vs Speculatore

La prima cosa da capire è “chi siamo”. Siamo investitori di lungo termine, con un portafoglio diversificato e molta pazienza? Oppure abbiamo titoli speculativi, che si muovono molto e non amiamo perdite eccessive? Questa cosa fa tutta la differenza del mondo.

Nel primo caso probabilmente avremo un approccio “Buy, Hold and Rebalance”. Cioè compriamo, teniamo, e a intervalli regolari ribilanciamo tra le diverse classi di investimento.

Il vantaggio dell’entrata sul mercato “ a rate”

Esiste una formula che permette, dice Malkiel, di neutralizzare gli alti e bassi dei listini ed è quella dei pac, ovvero dei piani di accumulo del capitale, un meccanismo di investimento a rate applicabile a tutti gli strumenti, dalle azioni, alle obbligazioni, dai fondi agli etf. Il pac si basa sulla logica del dollar cost averaging e sfrutta le potenzialità di risalita di questo modello.

l sistema del Dollar Cost Averaging consiste nell’investire, ad intervalli temporali regolari, la stessa somma di denaro per acquistare una o più azioni. Il primo a usare questo sistema fu, già negli anni ’50, Benjamin Graham, il maestro dell’analisi fondamentale e ispiratore di Warren Buffett.

Gli intervalli temporali dell’investimento, nel Dollar Cost Average, possono essere a cadenze diverse: mensili, trimestrali, semestrali o annuali. Ma un maggior frazionamento porta a migliori risultati. Inoltre, secondo quanto indicato da Benjamin Graham, è necessario diversificare sul maggior numero di titoli possibile per aumentare la diversificazione e, quindi, diminuire i rischi specifici dei singoli titoli.

I risultati di questo sistema si sono dimostrati molto soddisfacenti in tutte le condizioni di mercato.

La base del meccanismo dei Piani di Accumulo di Capitale.

In uno scenario di estrema incertezza, in cui i prezzi degli attivi finanziari tendono a subire oscillazioni più marcate e imprevedibili, la fuga dagli attivi percepiti come rischiosi diventa, purtroppo, la norma. La componente emotiva dell’investitore prende il sopravvento su quella razionale e le considerazioni di natura tattica prevalgono su quelle strategiche. Nella finanza comportamentale questa reazione viene definita “avversione alla perdita”. Secondo la teoria dei premi Nobel Daniel Kahneman e Amos Tversky, infatti, la motivazione a evitare una perdita è due volte più potente della motivazione a realizzare un guadagno.

I mercati finanziari hanno storicamente dimostrato come a periodi di forti correzioni siano seguite fasi di importanti rimbalzi, capaci non solo di recuperare i crolli, ma anche di dare il via a nuovi cicli di crescita stabili nel tempo.

Guardando ad uno studio riportato da Pictet am sull’utilità dei Pac durante le “crisi”, i dati sono chiari: guardando allo S&P500 ,nel 2008, dopo il collasso di Lehman, con l’indice che ha registrato -40,3%, dopo un anno il recupero era stato del 48% (recupero della perdita +8%); dopo 5 anni del 164,2%; a 10 anni del 332%.

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