giovedì, 28 Marzo, 2024
Cronache marziane

Kurt e la comunicazione politica

Conoscendo le capacità del Marziano di viaggiare nel tempo e perciò di poter raccontare il passato come il futuro, sono rimasto abbastanza infastidito dalla sua risposta  (“non serve l’indovino, basta guardare i sondaggi!”) alla mia domanda di conoscere in dettaglio l’esito delle prossime elezioni.

Proprio un bel tipo questo Kurt! Ha fatto della mia biblioteca la base delle proprie spedizioni nel tempo e nello spazio terrestre; si dichiara completamente insoddisfatto di come vanno le cose qui da noi (e non solo in Italia); non perde occasione per fare confronti fra l’inutile complessità dei sistemi politici che governano gli ordinamenti del nostro pianeta e l’estrema semplicità di quello, unico, da sempre in vigore su Marte.

Come tutto questo non bastasse, il Marziano non smette di ricordarmi, ad ogni occasione, come in tutto il mondo occidentale sia in atto una crisi della rappresentanza dei partiti politici che non ha precedenti nella storia delle nostre democrazie ed anche come il progressivo abbassamento del numero dei votanti non sia la causa, ma piuttosto la conseguenza, di quella crisi.

L’altro giorno poi – di fronte all’ennesimo sondaggio che dava il centrodestra largamente vincente sul centrosinistra e la crescita del Movimento 5 Stelle in danno del Partito Democratico – la nostra discussione è caduta sui nuovi strumenti della comunicazione politica: dalla piazza, alla grande stampa, fino alle televisioni e ai social network.

Questi ultimi in particolare – soprattutto Twitter – sono utilizzati per raggiungere un gran numero di elettori e generalmente centrano l’obiettivo, ma la loro capacità persuasiva sembra essere vicina allo zero.

In Italia, poi, la complessità delle leggi che regolano le elezioni è andata da tempo a sommarsi con una serie di altri fenomeni degenerativi (passaggi da un gruppo parlamentare all’altro, abuso del voto di fiducia, incertezze interpretative dei regolamenti parlamentari ecc.) il cui primo risultato è quello di coinvolgere i cittadini in una campagna elettorale permanente che non giova né a loro, né agli eletti..

Qualche illuminato Costituzionalista ha pure intravisto nell’articolo 47 della nostra Carta fondamentale (che ha introdotto il Diritto di partecipazione dei cittadini alla vita democratica) un principio che – sia pure indirettamente – obbliga, sin dalla loro fondazione, le istituzioni repubblicane a fare comunicazione onde consentire quel controllo di opinione pubblica che già da due secoli assicura stabilità ai sistemi democratici operanti nei Paesi di lingua inglese.

È infatti su un’interpretazione evolutiva di tale principio che si è sviluppata, in Italia, quella scienza delle politiche pubbliche già introdotta nei programmi delle Università  nordeuropee e americane immediatamente dopo la seconda guerra mondiale.

Tale disciplina, meglio conosciuta come Policy Science, ha contorni metodologici e normativi in continua evoluzione ma il suo fulcro – almeno dal punto di vista di Kurt – sembra rinvenibile in quella “comunicazione sociale” che è indirizzata essenzialmente a promuovere quei valori di interesse collettivo che sono alla base di ogni disegno politico proposto da ciascun Partito o dalle rispettive coalizioni.

Ad avviso di uno dei suoi fondatori, Harold Lasswell, (richiamato da Puoti G. ed Altri, La politica e nuove forme di comunicazione, Roma, 2022, p. 28 e ss.) la policy Science si distingue essenzialmente per due  caratteristiche: orientamento alla risoluzione dei problemi e suo carattere prevalentemente normativo.

Oggi anche i Social  si stanno impadronendo di tale Scienza, ma potrebbe anche affermarsi che sia  Quest’ultima a tentare di impadronirsi dei Primi.

Esponendo queste mie considerazioni al Marziano, ho notato una sua insofferenza verso qualunque lettura della politica che volesse dare rilevanza agli aspetti comunicativi, piuttosto che ai contenuti, dei messaggi che i Partiti in competizione lanciano agli elettori come ami per catturarne il voto.

Kurt ritiene infatti che i messaggi che arrivano dall’Unione Europea verso un Centrodestra che si appresta a governare l’Italia siano – aldilà della loro forma – tutt’altro che tranquillizzanti per i cittadini.

Sinceramente credo che Egli stia male interpretando quei messaggi: altrimenti dovremmo trarne la conclusione che la Brexit non ha insegnato nulla ai Mandarini di Bruxelles.

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