venerdì, 29 Marzo, 2024
Il Cittadino

Il rinascimento locrideo va in scena al Gran Teatro

L’inaugurazione di un teatro da 3500 posti è un evento culturale di rilevanza nazionale.

Succede a Locri in questo rinascimento di una terra di civiltà antica, che si sta ponendo all’attenzione internazionale innanzitutto rivalutando la sua la sua storia tri-millenaria, le sue tradizioni, la sua cultura: che nasce anche dal bello e della incredibile natura che ne costituiscono parte fondante ed inscindibile.

Il “Gran Teatro di Locri” è una meravigliosa e moderna costruzione. Un teatro all’aperto con una gradinata da 3.500 posti, realizzata su un progetto originale dell’architetto Vincenzo De Nittis – autore di importanti interventi archeologici e restauri di monumenti storici – nel pieno rispetto dello stile greco.

Il Gran Teatro sorge infatti ai margini del vastissimo parco archeologico di Locri; è costruito sfruttando, come gli antichi ellenici, il pendio di una collina; è rivolto ad oriente, verso il mar Jonio, come l’originale teatro greco-romano dell’antica Locri Epizephiri (dalla cavea, ahimè, inutilizzabile) a neppure mille metri di distanza.

Il Gran Teatro ha un’orchestra vastissima, in occasione dell’inaugurazione occupata dalle poltrone delle Autorità presenti.

È un’opera che sintetizza l’impegno e la sorte di un territorio che ha sempre stupito – anche nei momenti più oscuri, anche quando la ‘ndrangheta sembrava farla da padrona incontrastata, anche quando per un decennio ha subito la lacerazione dei sequestri di persona – per la grande risposta culturale. Il sindaco Giovanni Calabrese – un politico che “pensa in grande” – nel suo orgoglioso saluto alle circa tremila persone presenti (non c’era il pienone, ma quasi, nonostante la minaccia di pioggia) ha ricordato l’impegno essenziale e decisivo della sua amministrazione (è alla fine del suo secondo mandato, dieci anni), ma anche quello delle amministrazioni precedenti: Carmine Barbaro – sindaco del momento in cui il progetto cominciò il suo cammino, sedici anni fa – e poi Francesco Macrì. Col contributo, aggiungo io, anche di amministratori oggi non più in carica, quali, ad esempio – e mi scuso se ne dimentico altri – Raffaele Sainato.

Il Sindaco Giovanni Calabrese ha narrato le vicende del Gran Teatro e nel contempo ha illustrato la grande maturità di Locri: senza nascondere la realtà negativa del territorio, dicendo del tentativo di estorsione subito dall’Impresa Rodinò, appaltatrice dell’opera: la quale coraggiosamente ha denunciato tutto. Ma anche la grande collaborazione delle Forze dell’Ordine. E la volontà di tutta la popolazione nel volere questo simbolo della rinascita in essere. Con capofila una coppia di dinamici imprenditori – Nicola Capogreco e la moglie Annalia Paravati, presidente del FAI Calabria – che hanno donato alla Città di Locri la proprietà del terreno necessario per la costruzione.

Orgoglio di locrese che, confesso ai lettori di questa mia rubrica (avvezzi alle mie periodiche narrazioni calabresi), ho avvertito fortissimo e m’ha riempito il cuore.

E che si è accresciuto di fronte all’eleganza della manifestazione: grandiosa e sobria; senza inutile sfarzo, ma nobile, di gran classe; sempre colta, anche nei momenti più leggeri.

Merito della meravigliosa “Senocrito Festival” orchestra locrese, fondata dal Maestro Saverio Varacalli, per l’occasione diretta dal Maestro Gianluca Marcianò al suo debutto in Calabria. Merito della bellezza e della grazia delle ragazze della scuola di danza, anche questa locrese.

Ma soprattutto un incanto per la melodiosa e virtuosa voce dell’incredibile soprano Carly Paoli, che già col Maestro Marcianò, aveva inaugurato la stagione dei Fori Imperiali e cantato per il Papa. Carly Paoli ha commosso il pubblico con vibranti brani lirici, alternati con musiche di Morricone, Gerschwin. Tre cambi d’abito della superba artista e tre standing ovation da parte dell’entusiasta pubblico: che già si era alzato in piedi con la mano sul cuore per l’Inno di Mameli: che, significativamente, è stato il primo brano suonato in questo superbo Gran Teatro di Locri.

Mi fermo qui, notando veramente con orgoglio, questa rinascita fisicamente percepibile di una Locride che non ci sta più a essere identificata con un cancro – la ‘ndrangheta – che la società tutta  respinge. Che non accetta più il racconto solamente negativo, contrapponendo ad esso iniziative,  fatti e persone che esprimono il meglio ed il massimo in molti settori della società civile.

Con un grosso deficit di uno Stato – amministrazione centrale – che conserva solamente pregiudizi, che piuttosto che assecondare le lodevoli iniziative dei volenterosi ed eroici amministratori locali, le contrasta con cavilli burocratici e le mortifica con una generalizzazione di negatività che questa popolazione non merita.

Chi è venuto nella Locride ha constatato di persona un livello di civiltà altissimo. Un territorio incredibile, ricco di bellezze naturali, con la più incredibile montagna alpina, l’Aspromonte, il “monte lucente”, che non è geologicamente Appennino, ma Alpe, con i suoi monoliti unici; con una storia affascinante, varia e trimillenaria;  e ci ritorna.

Lo ammetto e chiedo scusa: ho scritto pro patria mia. Ma mi offro come cicerone a chiunque voglia scoprire i segreti della mia Locride, candidata capitale della cultura: scoprirà tutta un’altra storia.

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