sabato, 20 Aprile, 2024
Editoriale

Globalizzazione del “Terrore”: autori, collaboratori e connessioni

All’inizio di questo mese, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha pubblicato i Rapporti annuali  sul terrorismo nel Paese, che analizza le tendenze transnazionali del terrorismo e dell’antiterrorismo. Il rapporto mette in  evidenza  tre questioni principali, tra cui la continua minaccia rappresentata dal cosiddetto Stato Islamico, che sta entrando in una nuova fase dopo il crollo del suo califfato territoriale; il ruolo dell’Iran come uno dei principali sponsor pubblici mondiali del terrorismo; il drammatico aumento del “terrorismo motivato dal punto di vista razziale o etnico” in tutto il mondo. Gli atti di terrorismo globale sono stati principalmente raggruppati principalmente in tre regioni nel 2018, l’Asia meridionale, il Medio Oriente e l’Africa sub-sahariana le quali rappresentano quasi l’85% di tutti gli attacchi a livello globale. Con gli Stati Uniti che spostano la loro attenzione dalle operazioni antiterrorismo alla preparazione per una grande competizione elettorale e di potere, le regioni già instabili del mondo potrebbero diventare ancora più pericolosamente instabili. Oltretutto a danno di tutti i Paesi del mondo, non solo degli stessi Stati Uniti.

Anche senza il territorio che un tempo deteneva e controllava, lo Stato Islamico continuerà a rappresentare una grave minaccia per la stabilità regionale e globale. Il suo leader storico Abu Bakr al-Baghdadi ucciso alla fine di ottobre, e sostituito con Abu Ibrahim al-Hashemi al-Qurayshi, un personaggio relativamente sconosciuto il cui anonimato ispira già poca fiducia riguardo al  fatto se sarà in grado di guidare con successo la ricostruzione dello Stato Islamico. Tuttavia, l’ISIS continua a mantenere una rete globale di affiliati, con gruppi in franchising situati nella penisola del Sinai, in Egitto, in Afghanistan, nelle Filippine e oltre. Lo Stato Islamico sta  cercando oltremodo di riorganizzarsi in Iraq e in Siria, pianificando insieme a gruppi di Sciiti ed Hezbollah libanesi oltre a Forze di Mobilitazione Popolare Irachene (PMF)   di rilanciare l’apparato logistico del gruppo con l’aiuto di alti dirigenti che usano la Turchia come un rifugio sicuro.

In tutto questo scenario l’Iran è rimasto uno dei principali sponsor statali del terrorismo, in quanto sta finanziando, addestrando e attrezzando una serie di gruppi militanti sciiti, tra cui Hezbollah libanesi, forze di mobilitazione popolare irachena (PMF) e una rete sempre più numerosa di combattenti sciiti provenienti dall’Afghanistan e dal Pakistan. Inoltre l’Iran sta schierando tutte queste forze a sostegno del regime di Bashar al-Assad in Siria. Attraverso il suo Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (IRGC) e l’élite Qods Forces, l’Iran sta sostenendo anche gruppi come Hamas e la Jihad islamica palestinese (PIJ).

L’amministrazione Trump ha classificato l’IRGC come un’organizzazione terroristica straniera al fine di ostacolare ulteriormente i suoi sforzi  per essere utilizzata come mediatore nella politica estera e nella sicurezza iraniana attraverso l’addestramento di una serie di forze private altamente violente e pericolose. Mentre gli Stati Uniti continuano la loro campagna di “massima pressione” progettata per costringere il regime di Teheran a cambiare il suo comportamento, la leadership iraniana sembra, però, aver intensificato il suo sostegno ai gruppi terroristici e a forze che interagiscono in nome e per conto del Governo Iraniano come strumento di politica estera.

L’incremento, nel 2018, di episodi di violenza, cosiddetto “terrorismo etnicamente e razzialmente motivato”, legati all’estremismo della supremazia bianca è sempre più crescente. L’attacco perpetrato da un violento suprematista bianco e antisemita contro una sinagoga di Pittsburgh nell’ottobre del 2018 è stato uno degli atti più letali del terrorismo interno su suolo americano. Gruppi con sede negli Stati Uniti hanno forgiato relazioni con violenti suprematisti bianchi all’estero e l’Ucraina è stata il punto focale del movimento in “senso lato”. Gli Stati Uniti sono stati lenti nel riconoscere la minaccia rappresentata da violenti estremisti della supremazia bianca, sebbene il Dipartimento per la sicurezza interna abbia recentemente pubblicato una strategia antiterrorismo aggiornata per riflettere più adeguatamente riguardo la minaccia posta dal “terrorismo etnicamente e razzialmente motivato”. In ogni caso sia gli Stati Uniti, sia alleati come l’Italia ed altri Paesi europei, dovrebbero prestare un’attenzione maggiore e più costruttiva, nel vigilare nuovi scenari e ideologie emergenti che ricalcano una storia tristemente già vissuta soprattutto in Europa e che ancora oggi, purtroppo, tenta di riemergere attraverso politici velatamente “assolutisti”.

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