venerdì, 29 Marzo, 2024
Economia

Imprese, allarme per Deflazione e Insolvenza

Già bussano alle porte i nuovi guai per le imprese e l’economia italiana. Confindustria lancia l’allarme per i segni evidenti di “stagnazione e deflazione”, mentre la prossima attuazione del “Codice della Crisi e dell’Insolvenza d’impresa”, rischia di mettere fuori gioco 285 mila imprese che hanno problemi seri nella composizione del patrimonio e situazione debitoria. Deflazione e Codice della crisi saranno temi che dominanti per le prossime settimane e dicembre sarà il banco di prova di come cercare contromisure. Iniziamo da Confindustria che vede lo scenario che si è addensato sulle attività produttive e commerciali con pessimismo.

“L’economia italiana è stagnante, l’industria è in affanno”, evidenziano nell’ultimo report gli analisti di via dell’Astronomia, “si amplia la forbice rispetto ai servizi, cresce il rischio di deflazione. I consumi sono fiacchi e gli investimenti attesi in calo nonostante i tassi di interesse ai minimi che, grazie alla Bce, aiutano il credito”. Insomma nulla di buono con i nuovi dati che confermano una Nazione ferma, che non riesce a ritrovare la via della crescita.

“Nel terzo trimestre il Pil in Italia è risultato debole con un + 0,1%, come atteso. Ha pesato in particolare la frenata dell’export a luglio-agosto, specie verso i mercati UE. Per l’occupazione l’andamento tra luglio e settembre è stato in calo, dopo l’aumento nei primi sei mesi”. Ancora peggio il profilo dei consumi delle famiglie che per Confindustria sono in calo.

“La fiducia delle famiglie è diminuita in ottobre”, osserva Confindustria, “nonostante un certo ottimismo sull’economia, continuando a oscillare su valori modesti. Gli ordini interni dei produttori di beni di consumo restano in ottobre sui livelli ridotti di fine 2018”. Famiglie sfiduciate e l’incertezza del futuro fanno il resto così Confindustria annota la crisi che avanza.

“La dinamica dei prezzi al consumo sta frenando, appena sopra lo zero ad ottobre. Per i beni industriali è già di poco negativa. Ciò conferma la debolezza di domanda interna e industria e segnala pressione sui margini delle imprese. Inoltre, pone un freno ai consumi, nella misura in cui le famiglie rimandano gli acquisti nell’attesa di ribassi”. Altro tema caldo sono le nuove norme del “Codice della Crisi e dell’Insolvenza d’impresa”, da applicare alle aziende, alcuni punti della riforma sono già entrati in vigore, mentre altri saranno resi effettivi a partire da agosto 2020. Vediamo di cosa si tratta e perché tra le imprese, gli studi di commercialisti e consulenti fiscali c’è già una preoccupazione generale.

L’obiettivo principale del nuovo codice della crisi è quello di anticipare eventuali situazioni di rischio per le imprese, attraverso specifici strumenti di analisi. Sono degli step che segnalano lo stato di salute delle aziende in modo che almeno sotto il profilo della prevenzione, – saranno istituiti gli organi di vigilanza e di assistenza che si chiameranno Ocri – si riesca a cogliere le difficoltà dell’impresa e correggerle in modo da valutare in tempo le situazioni in cui la condizione dell’azienda è irreversibile.

Una prima verifica sulle imprese ha già fatto emergere realtà non entusiasmanti e risuonano i campanelli di allarme. In primo luogo l’estensione della norma alle piccole imprese che già fanno fatica a sopravvivere tra tasse e burocrazia, mentre, è emerso, che una percentuale alta di aziende presenta un patrimonio netto inferiore a 10 mila euro.

L’analisi illustrata nei giorni scorsi dall’Ordine dei Commercialisti di Milano ha preso come riferimento quattro indicatori su sette, e tra questi – la composizione del patrimonio e la situazione debitoria -, bastano
3 indicatori accesi che l’impresa rischia una procedura d’allerta.

Dalla ricerca è emerso che oltre 324 mila aziende (delle 538.830 analizzate) non presentano alcun problema. Di contro, circa 214 mila sono le imprese che hanno almeno un indicatore positivo, 65mila almeno 3 indicatori positivi e 43.664 presentano un patrimonio netto inferiore a 10 mila euro. “L’intento della norma è assolutamente condivisibile”, spiega Marcella Caradonna, presidente dell’Ordine dei commercialisti e degli esperti contabili di Milano, struttura che ha condotto presentata l’indagine, “poiché comporta un mutamento culturale attraverso la sensibilizzazione ai segnali che, se intercettati in tempo, possono indurre ad interventi atti a salvare le imprese prima che sia troppo tardi. Quello che ci preoccupa”, continua la presidente Caradonna, “è che, al momento attuale, l’estensione della normativa alle micro-piccole imprese possa comportare effetti economici e sociali sicuramente non in linea con le intenzioni del legislatore e per questo abbiamo cercato di verificare la situazione di un campione significativo di aziende”. Tra i commercialisti inoltre si teme che la nuova norma crei non pochi problemi ai professionisti caricandoli di nuovo oneri e responsabilità.

Tra i paradossi emersi, ci sono le incombenze e gli obblighi a carico dei commercialisti anche per quanto riguarda la redazione del Bilancio. Inoltre dovranno verificare la corrispondenza degli indicatori di insolvenza che saranno determinati dal Consiglio Nazionale di categoria.

Se l’imprenditore, inoltre, dovesse scegliere di non voler provvedere all’adeguamento perché ritiene che gli indici non siano corrispondenti alla propria realtà aziendale, dovrà incaricare un professionista a certificare che il mancato adeguamento ha una sua giustificazione nelle caratteristiche dell’azienda. Accollandosi anche qui altre responsabilità. Insomma come al solito tra elementi positivi e quelli negativi c’è di mezzo la burocrazia e aggravi di spesa , naturalmente le incertezze di applicazioni della norma, mentre l’economia è al gelo.

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