sabato, 20 Aprile, 2024
Attualità

Morte del giovane stagista. Cordoglio e indignazione della Cgil: scuola-lavoro, ragazzi sfruttati con regole vecchie e insicure

“Lavoro non retribuito e spesso con scarsi livelli sicurezza”. È la denuncia che accompagna il “profondo dolore”
per quanto accaduto a Lauzacco, in provincia di Udine, dove uno studente diciotto anni, è morto in un incidente che si è verificato in un’azienda che opera nel settore della carpenteria metallica.
La nota di cordoglio arriva dalla segretaria confederale della Cgil Rossana Dettori e il segretario generale della Flc Cgil Francesco Sinopoli.
“Il ragazzo era al suo ultimo giorno di stage in un progetto”, ricordano i due dirigenti sindacali, “di PCTO, Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento, la vecchia Alternanza Scuola-Lavoro. Durante dei lavori di carpenteria metallica, una putrella gli è caduta addosso, uccidendolo all’istante”.

Cordoglio e indignazione

“Al cordoglio che esprimiamo come Cgil nazionale e Flc Cgil per una morte orribile di un ragazzo tanto giovane, si unisce”, proseguono Dettori e Sinopoli, “l’indignazione per il fatto che si continua a utilizzare la vecchia alternanza, ora denominata con un altro acronimo, per impegnare gli studenti in attività che appaiono chiaramente lavoro non retribuito e spesso con scarsi livelli sicurezza”.

Abrogare norme vecchie

Per Dettori e Sinopoli “questa vicenda tristissima conferma le rivendicazioni che portiamo avanti da anni: chiediamo l’abrogazione delle norme sull’obbligatorietà dell’alternanza ora PCTO introdotta dalla Legge 107. L’obbligatorietà”, sottolineano i due esponenti della Cgil, “ha comportato la moltiplicazione di esperienze e attività, non solo slegate dal proprio percorso educativo, ma spesso improvvisate, di scarsa qualità, che in tanti casi si concretizzano in vere e proprie prestazioni di lavoro gratuito prive di qualsivoglia intenzionalità educativa”.

Troppe parole poche azioni

Per i due esponenti sindacali non bastano più le parole se poi mancano azioni risolutive. “È ora di dire basta. Le parole”, concludono Dettori e Sinopoli, “non sono più sufficienti, occorre che ognuno, a partire dal Ministero dell’Istruzione, si assuma le proprie responsabilità e faccia scelte conseguenti”.

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