venerdì, 19 Aprile, 2024
Il Cittadino

Elogio della folla

No. Non è un errore di stampa, che comporterebbe una inaspettata (e improbabile) senile passione per la filosofia. Non voglio, mentre scrivo queste notarelle nel Capodanno 2022, trasformarmi in un seguace di Erasmo, elogiando la follia. Voglio dire proprio della folla che, a ben guardare, è ciò che più mi è mancato in questi due anni di pandemia: il contatto e la vicinanza fisica senza paura.

Fare parte di una folla, l’essere ed il sentirsi parte di un organismo più grande come può essere una massa di persona, ci rende l’idea della vera essenza dell’individuo: una molecola che con le sue irripetibili peculiarità, contribuisce alla vita ed all’evoluzione, e che sarebbe del tutto inutile se fosse fine a sé stessa.

La folla, la massa di persone legata ad un evento determina una propria personalità. È una scoperta antica, razionalizzata da Platone e che, forse, è alla base della democrazia.

Certo è necessario che la personalità che si determina – che può essere fortemente indotta dai “capi” (Emilio Gentile, Il capo e la folla, Laterza, 2016) – sia positiva. Come quella, ad esempio che si determinò nel 1946, in occasione del Plebiscito per la scelta tra monarchia e repubblica, con la partecipazione del 90% della popolazione; o come l’affollamento ai seggi elettorali degli anni Sessanta, che sempre più prepotentemente guadagna posizioni nei miei ricordi (che sono tutti positivi; quelli negativi, per fortuna, il mio carattere me li fa cancellare quasi subito). Con la gente, gli elettori, cosciente di avere un ruolo – oggi perduto, e l’astensionismo ne è un sintomo – e con i rappresentanti delle opposte fazioni che si combattevano, ma erano avversari, non nemici.

Oppure come la personalità che si determina in una sala cinematografica e che ti fa godere della visione di una pellicola in una maniera molto differente rispetto allo stesso film visto in TV; o come l’emozione unica  di assistere ad una partita di calcio nello stadio, con centomila persone.

La folla, però, è manipolabile – lo si è già rilevato –  ed agisce quasi sempre “di pancia”.

Il mio rimpianto per la mancanza di contatti fisici non può farmi dimenticare che la demagogia è sempre in agguato: certi fenomeni politici della nostra storia recente probabilmente derivano da una manipolazione social-mediatica quasi scientifica; non sono rari i leader politici che adattano il proprio pensiero a quello che i sondaggi dicono essere i desiderata popolari.

All’epoca nostra il pericolo è dato dalla velocità, universalità ed immediatezza della comunicazione: ciò che determina un conformismo che può portare all’odio sociale, con la non accettazione di un pensiero difforme e con l’estensione del “negazionismo” – che dovrebbe essere limitato a pochi fenomeni già storicizzati – a settori in cui si dovrebbe dare la legittimità del dissenso. Che, proprio per effetto dei mezzi di diffusione odierni, diviene generale e non limitato ad una singola e magari occasionale aggregazione.

Non basta che la democrazia sia basata non sull’acclamazione, ma sul singolo consenso. Essa deve anche essere forte, radicata ed avere strumenti di controllo, contro le deviazioni.

Perché è democratico eleggere un reazionario, un fanatico, un razzista: ma il reazionario, il fanatico o il razzista una volta eletto dovrà sottostare non tanto alla legge (che è sempre facilmente manipolabile), ma al Diritto. Quindi anche al diritto del popolo democratico di ribellarsi al potere che devia. Nessuno lo dice mai, ma è il fondamento del Secondo emendamento della Costituzione USA sulla (discutibile) libertà di detenere armi: perché i Padri Fondatori USA non hanno voluto che fossero armati solamente i cittadini autorizzati dal governo.

Ma qui si aprirebbe un discorso molto diverso e che necessita di una meditazione ben maggiore.

Le mie volevano essere, e lo sono, soltanto i lamenti di chi soffre per la carenza dei contatti umani di massa, delle sagre di paese, delle processioni, dei luoghi affollati, dei viaggi in treno sui predellini nei corridoi, scambiandosi lo sgabello con sconosciuti passeggeri.

Vorrei tornare a quei contatti umani senza paura, colmi di una positività che non spaventa.

Temo, però che la pandemia ci abbia maggiormente divisi, che abbia creato una frattura nella società e fatto venir meno la solidarietà; certamente ha esaltato la nostra solitudine ed egoismo, mentre la memoria di angherie passate è sempre più lontana e il conformismo sempre più ossessivo.

Questo è un pericolo, come avvertiva Polibio (Le Storie): «…cittadini che hanno sperimentato la tracotanza e la violenza… stimano più di ogni altra cosa l’uguaglianza di diritti e la libertà di parola… [mentre] quando subentrano al potere [persone] che… non tenendo più in gran conto, a causa dell’abitudine, l’uguaglianza e la libertà di parola, cercano di prevalere sulla maggioranza…Desiderosi dunque di preminenza, non potendola ottenere con i propri meriti e le proprie virtù… per accattivarsi la moltitudine, la allettano in tutti i modi. Quando sono riusciti, con la loro stolta avidità di potere, a rendere il popolo corrotto e avido di doni, la democrazia viene abolita e si trasforma in violenta demagogia».

Siamo tutti vigili “cittadini”: questo l’auspicio per il 2022, con gli auguri di serenità e salute.

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