venerdì, 29 Marzo, 2024
Politica

Il dibattito infinito sulla legge elettorale            

Un tema ricorrente del dibattito politico è quello della “legge elettorale”. Solo due mesi fa il Senato ha approvato una riforma per abbassare da 25 a 18 anni l’età per l’elettorato attivo. Presso la Camera dei Deputati sono  in discussione ben quattro proposte di legge, che mirano ad emendare in direzioni tra loro eterogenee il sistema vigente.

L’attualità del problema dei sistemi elettorali induce a condividere quanto intuìto molti anni fa dalla  dottrina costituzionalistica e cioè che la legge elettorale non si muove entro la cornice di un «indifferente costituzionale» , perché essa – malgrado sia una «semplice» legge ordinaria – è in grado di determinare, anche a Costituzione formalmente invariata, significativi spostamenti d’equilibrio in seno al sistema partitico.

 

Modelli diversi tra Prima e Seconda Repubblica   

Nella Prima Repubblica infatti, si registrava un modello competitivo fondato su coalizioni post-elettorali, imposte da un proporzionale pressoché «puro». Nella Seconda, le forze politiche sarebbero incentivate a decidere prima del voto con chi allearsi per la costituzione del governo. A questo incoraggiamento abbiano, sostanzialmente, contribuito tutti i sistemi elettorali (misti) in vigore dal 1994 a oggi: vale a dire il c.d. «Mattarellum», prevalentemente maggioritario, ma con una quota del 75% di collegi uninominali, utilizzato nel 1994, 1996 e 2001; il c.d. «Porcellum» (o legge «Calderoli»), proporzionale con premio di maggioranza, e di cui ci si è serviti per le elezioni degli anni 2006, 2008 e 2013; da ultimo, il c.d. «Rosatellum», un sistema prevalentemente proporzionale con una quota di circa un terzo di collegi uninominali, usato nel 2018.

Sostanzialmente si è fatto ricorso  a ben tre sistemi elettorali per sole sette elezioni, escludendo oltretutto il c.d. «Italicum» e i meccanismi elettorali frutto degli interventi della Corte costituzionale, la quale ha espresso le sue censure nei confronti non solo delle c.dd. liste bloccate, ma anche verso quei sistemi maggioritari che prevedono un premio di maggioranza o una vittoria al ballottaggio sganciati dal conseguimento di una soglia minima di consensi.

 

Come rafforzare la stabilità del sistema     

Non esiste una legge elettorale migliore di un’altra in senso assoluto, ma che essa deve essere costantemente «relativizzata», in relazione al panorama politico entro il quale è chiamata ad operare. In particolare, ad essa si affida il  non facile compito d’individuare un punto d’equilibrio tra due istanze antitetiche: da un lato, la «rappresentatività», che impone di privilegiare in senso proporzionale la volontà degli elettori; dall’altro, la «governabilità», che invece suggerisce di facilitare l’assunzione delle conseguenti decisioni politiche.

Una buona mediazione tra queste due esigenze dovrebbe contribuire a rafforzare la stabilità del sistema, senza snaturare tuttavia il complessivo impianto di democrazia rappresentativa, attesa l’appartenenza della sovranità al popolo ex art. 1 Cost. In questo contesto, è del tutto verosimile che le proposte attualmente in discussione, al di là del loro buon esito, manterranno in vigore un sistema di tipo «misto», ove la componente «proporzionale» verrebbe a sedare un tasso di conflittualità tradizionalmente piuttosto elevato (nonostante il suo recente affievolimento in ragione della larga convergenza inter-partitica consolidatasi attorno al Governo Draghi); mentre quella «maggioritaria» contribuirebbe ad evitare pericolose e degeneranti frammentazioni, che rappresentano l’epilogo delle varie litigiosità.

 

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