giovedì, 26 Dicembre, 2024
Politica

Il delicato equilibrio politico del Governo Conte

I governi di coalizione sono, per loro natura, esposti al rischio di essere litigiosi. Ogni partito cerca di portare acqua al proprio mulino e calcola il momento giusto per mettere in crisi la maggioranza di cui fa parte sperando di trarne vantaggio: o acquisendo più potere all’interno del governo o andando all’incasso con elezioni anticipate. Non sempre i calcoli si dimostrano ben fatti e quelli che volevano suonare spesso finiscono, come i pifferi di montagna, per essere suonati. Fino a quando non esisterà, come in Germania, l’istituto della sfiducia costruttiva-che obbliga chi mette in crisi un governo a formare una nuova maggioranza- le scorribande tra i partiti delle coalizioni saranno libere e impunite.

Il Governo Conte 2 si regge su un delicato equilibrio tra la sinistra e i 5 Stelle. Uno scenario impensabile quando dalle urne del 4 marzo 2918 uscirono trionfanti i pentastellati e i leghisti. La loro alleanza era, all’epoca, certamente più “naturale” di quella attuale. Entrambi populisti, entrambi, anche se con sfumature diverse, ostili all’Europa. Ma quella coalizione, che sembrava una invincibile macchina da guerra, saltò per aria per le smodate ambizioni di Salvini.

Qualcuno dimentica che l’asse giallo-verde si ruppe non certo per merito della sinistra ma per  il desiderio di Salvini di prendere  i pieni poterei scalzando Conte o andando alle elezioni sull’onda del travolgente successo alle europee del 2019. Fu una sorta di harakiri del samurai Salvini che sbagliò a usare la sciabola: non poteva immaginare che i 5 stelle invece di assecondare i suoi calcoli lo mollassero dalla sera alla mattina alleandosi con il nemico di sempre il famigerato Pd.

Con grande fiuto e abilità Conte decise di agevolare il suicidio politico di Salvini giocando d’anticipo, aprendo lui stesso la crisi di governo e candidandosi a guidare la nuova formazione giallo-rossa. Conte è diventato dall’agosto 2019 il punto di equilibrio della coalizione tra 5 Stelle e Pd.

Zingaretti non avrebbe potuto accettare un Presidente del Consiglio scelto tra i leader Grillini; Di Maio non avrebbe potuto rinunciare a Palazzo Chigi per lasciarlo ad esponente della nomenklatura PD. Conte, insomma, stava bene a tutti.

E, in cuor loro, sia il segretario del Pd che l’allora capo politico dei 5 Stelle pensavano di poter ampiamente condizionare Conte che non disponeva di truppe personali. Ma chi era certo di poter tenere Conte sulla graticola era Renzi che, uscito dal Pd, voleva fare la politica delle “mani libere”. Il giochetto di usare Conte a proprio piacimento non è riuscito a nessuno né ai 5 stelle, né al Pd né a Renzi.

Ma mentre i primi due se ne sono fatti una ragione Renzi non la manda giù. E la minaccia di una crisi dopo le ferie natalizie è tutt’altro che campata in aria. Per memoria storica bisognerebbe ricordare che le crisi di governo fatte all’indomani della Befana non portano bene a chi le scatena. Il 7 Gennaio 1976 il governo Moro-La Malfa fu affossato da Francesco De Martino ma il suo Psi nelle elezioni del Giugno dello stesso anno precipitò sotto il 10% e, meno di un mese dopo, all’Hotel Midas l’anziano segretario fu defenestrato da Bettino Craxi. Italia Viva può far cadere il Governo. Se fossimo in Germania, Renzi sarebbe costretto a formare un governo con chi voterebbe la sfiducia a Conte (cioè Salvini, Meloni e, forse, Berlusconi) oppure a rassegnarsi ad andare ad elezioni anticipate rischiando grosso. Ma non siamo in Germania… E quindi tutto è possibile. Nella politica italiana, il numero degli alchimisti supera quello dei veri e propri chimici. Si sa. Rompere la tessitura su cui si regge il Governo Conte non è difficile, immaginare alambicchi da cui escano i fumi di nuove immaginarie coalizioni è perfino divertente, ma creare un nuovo equilibrio politico, oggi, è impossibile.

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