mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Società

Affari, peculato, ricettazione e traffico illegale di spazzatura. Blitz della Finanza nel porto di Salerno: 69 le ordinanze di custodia cautelare

E la Bulgaria rimanda indietro tonnellate di rifiuti sospetti. Senza termo valorizzatori l’Italia resta nella morsa di depositi illeciti, inquinatori ed ecomafie.

Blitz della finanza a Salerno con 69 ordini di custodia cautelare per traffico di rifiuti illeciti, peculato, contrabbando, ricettazione.

Dopo il sequestro, nei giorni scorsi, di tonnellate di spazzatura già impacchettata rispedita dalla Bulgaria in Italia, arriva al capolinea l’inchiesta denominata “Tortuga 69”, con un blitz che ha visto in azione 250 finanzieri. Le persone raggiunte dai provvedimenti giudiziari dovranno rispondere a diverso titolo di ipotesi di peculato, corruzione, favoreggiamento personale, falso, traffico di influenze illecite, accesso abusivo a sistemi informatici, ricettazione, contrabbando e traffico internazionale di rifiuti.

I capi d’accusa sono stati spiccati dalla procura di Salerno che ha stroncato un malaffare diffuso che coinvolgeva professionisti, funzionari dello Stato, tecnici e anche manovalanza semplice. Un capitolo della ordinanza riguarda un traffico di rifiuti tossici che doveva essere trasportato e smaltito in Africa. Quello del traffico di immondizia tossica non è l’unica inchiesta avviata in Italia, da tempo, infatti, numerose procure lavorano per contrastare operazioni illecite di riciclaggio e smaltimento illegale di rifiuti speciali e pericolosi.

Inchieste che hanno messo in evidenza storie inquietanti e personaggi del malaffare locale, nazionale e internazionale. Le ricerche degli inquirenti hanno permesso di individuare siti inquinati, aree di stoccaggio senza controlli e protezioni, impianti di sbattimenti illegali, e il traffico di rifiuti internazionale.

Operazioni sospette che mettono a rischio la salute delle popolazione in Italia favorito dalle continue emergenze ambientali, dalle burocrazie, da leggi inadeguate, dalla carenza ormai sempre più critica e sospetta di impianti di smaltimento efficienti con tecnologie avanzate e sicure che eliminerebbe il problema alla radice.

In merito al blitz “Tortuga 69”, l’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal gip di Salerno, ed è stata eseguita martedì mattina da oltre 250 militari della Guardia di Finanza. L’operazione, inoltre, interessa anche le province di Avellino, Caserta e Napoli e riguarda reati commessi nell’area portuale salernitana.

Il provvedimento riguarda funzionari doganali, personale sanitario, spedizionieri, dipendenti di società operanti nel porto di Salerno, indagati a vario titolo, in concorso. Il capitolo rifiuti a Salerno si allunga di un altro tassello. Nei giorni scorsi sempre nell’area portuale un blitz dei carabinieri ha bloccato una nave con un carico di rifiuti speciali. La nave era partita a gennaio dall’Italia direzione della Bulgaria, dove le autorità nazionali hanno imposto un blocco di importazione e smaltimento dei rifiuti destinati a cementifici.

Le autorità bulgare hanno ricostruito non solo i giri sospetti dei carichi di rifiuti provenienti dall’Italia ma anche le coperture e complicità di cui i trafficanti potevano avvalersi nella stessa Bulgaria. L’inchiesta si è conclusa con lo stop delle importazioni di immondizia, la chiusura dei siti di stoccaggio, e la rimozioni di alcuni funzionari. A segnalare le iniziative delle polizia bulgara sono stati diversi siti di notizie, e tra questi “Frontiere News” con un lungo servizio di Valerio Evangelista, dal titolo: “La Bulgaria è invasa da migliaia di tonnellate di rifiuti italiani potenzialmente tossici. Un’inchiesta rivela lo schema operativo di un business tanto sporco quanto redditizio, dai contorni agghiaccianti”. L’inchiesta degli investigatori Bulgari a ritroso ha innescato altre indagini e controlli.

Tornando, infatti, alle cronache italiane a marzo nel porto di Salerno era approdata una nave carica di tonnellate di rifiuti destinati agli inceneritori presenti in alcune zone costiere della Bulgaria, nei porti di Varna e Burgas, sul Mar Nero.

L’imbarcazione era di ritorno dal porto di Varna dove le autorità bulgare dopo alcune verifiche hanno rispedito al mittente il carico per difformità da ciò che era stato dichiarato in Italia. Quando la nave è tornata con il suo carico a Salerno è scattato il decreto di sequestro preventivo, emesso dal gip su richiesta della Procura della Repubblica della città. Il decreto riguardava complessivamente oltre 700 tonnellate di rifiuti speciali. Per lo più materiali plastici spediti da un’impresa irpina lo scorso ottobre per il conferimento in un impianto bulgaro a cui è stata revocata l’autorizzazione.

Sui traffici illegali di rifiuti più volte guardia di finanza e carabinieri sono intervenuti in sinergia con gli investigatori di altri Paesi, per ricostruire un intreccio di interessi, relazioni sospette, coperture che attraversano società vere e fittizie, e mediatori capaci di stipulare patti tra operatori di diversi Paesi.

Personaggi che in più di una occasione sono finiti nelle inchieste che poi, per decorrenza dei termini, per prescrizioni, e cavilli burocratici l’hanno fatta franca. L’inchiesta della procura di Salerno non è l’unica nel Mezzogiorno in quanto più inquirenti e in diverse regioni indagano su come la spazzatura sia al centro di interessi economici divenuti colossali.

Lo scenario è sempre quello di montagne di spazzatura, di siti illegali, di inquinamento e affari. Il tutto sulla pelle dei cittadini. L’italia, inoltre, è al centro di inchieste, infrazioni e multe dell’Unione Europea, in particolare  alcune aree del Paese sono finite nella morsa di emergenze, ecomafie, rifiuti tossici, ed “eco balle“ che sono state spedite in diversi Paesi che progressivamente di fronte a carichi sospetti hanno bloccato tutto. Milioni di tonnellate di spazzatura che, tuttavia, continua a viaggiare dal sud al nord. E dall’Italia verso, nord ed est Europa, e l’Africa. Un giro d’affari vertiginoso, – solo per il trasporto dell’immondizia da un sito all’altro -, lo Stato spende decine di milioni di euro. Le tonnellate di rifiuti che diventano “eco balle”, ossia pattume compresso, imballato e avvolto nella plastica. Un rettangolo che diventa Cdr (Combustibile da rifiuto) o Eco-fuel, pronto per alimentare i forni dei cementifici con fumi di scarico che inquinano aria, acque e terreni

I danni all’ambiente con i numerosi spostamenti dell’immondizia – da un sito all’altro da una regione all’altra, da un porto e una stazione all’altra -, generano nuovo inquinamento, altri interessi e spese, con un aggravio di costi, di sperperi e danni che sono l’emblema negativo dei ritardi dell’Italia nella tutela dell’ambiente.

Giudicata colpevole di non attuare direttive Ue e sanzionata dall’Europa, l’Italia non riesce a imporre in aree particolarmente critiche impianti e nuove tecnologie di smaltimento. Così decine di milioni di tonnellate di spazzatura è spostata su tir, treni merci e navi. Diversi i punti di partenza, tra questi oltre a Salerno, ci sono numerosi porti, tra questi lo scalo di Ortona nel medio Adriatico da dove, da anni, partono tonnellate di “eco balle” con destinazione Bulgaria, Romania, Moldova e Turchia, un traffico che ora ha avuto un contraccolpo.

Da mesi su una banchina portuale sono stoccate centinaia di “eco balle”, potenzialmente pericolose non solo per il percolato rilasciato, per la natura della composizione della immondizia impacchettata, perché materiale infiammabile, e per la presenza sullo stesso molo di altre operazione di carico e scarico di mangimi, di granaglie destinate a consumo umano, navi cisterne che trasportano benzina e petrolio al deposito costiero dell’Eni. I porti terminal di spazzatura, i treni merci che fanno su e giù, i siti abusivi e gli incendi di capannoni dove vengono ammassati rifiuti tossici, sono il frutto di come in Italia la spazzatura non è smaltita dove la si produce e raccoglie. Niente impianti, niente smarrimento, ma solo traffici sospetti e pericolosi.

A mettere in evidenza problemi è il rapporto dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) che denuncia: “la scarsa dotazione impiantistica fa sì che in molti contesti territoriali si assista ad un trasferimento dei rifiuti raccolti o sottoposti a trattamento biologico in altre regioni o all’estero”, rivela l’Ispra, “dove la capacità di trattamento risulta superiore ai fabbisogni”. In Italia si passa ciclicamente da una crisi all’altra: Napoli, Catania. Roma, per elencare alcune recenti emergenze. In questo scenario di sperperi e inquinamento emergono, tuttavia, anche buone pratiche, a dimostrazione che cambiare è possibile, come la raccolta differenziata messa a punto da alcune regioni del Centro Nord, con Treviso (87,9%) Mantova (86,4%) e Pordenone (82,3%). Si tratta di quote addirittura superiori a quelle già ottimali fissate per legge al 65%. “Esempi positivi riguardano anche Sardegna e Campania, eccezion fatta per Napoli”, osserva Legambiente, “i problemi ci sono a Roma, in Calabria, in Sicilia”. Zone dove non c’è solo l’assenza di infrastrutture di smaltimento ad hoc, ma anche la mancanza di decreti attuativi e autorizzazioni regionali. “La burocrazia”, sottolineano gli ambientalisti, “è il primo ostacolo all’economia circolare e fa il gioco di tante lobby invisibili”.

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