L’esigenza di spezzare la catena del contagio da Covid-19 ha indotto le autorità nazionali e regionali a ridurre sensibilmente il diritto alla mobilità dei cittadini, affievolendo altri diritti tutelati dalla Carta del ‘48.
Tra questi figura l’esercizio della libertà di culto di cui all’articolo 19, in base al quale “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”.
Senonché con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri dell’8 e 9 marzo 2020 è stata prevista l’estensione, all’intero territorio nazionale, del divieto di spostamento dei cittadini dal proprio domicilio, salvo che per comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità, ovvero per motivi di salute: limitazione da ultimo prorogata fino al 3 maggio 2020.
I provvedimenti in parola hanno espressamente consentito l’apertura dei luoghi di culto, a condizione che i responsabili adottino misure organizzative tali da evitare assembramenti di persone, in particolare tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza interpersonale di un metro.
Il sito del Ministero dell’interno, nella pagina dedicata alle precisazioni relative alle suindicate misure restrittive, prevede espressamente che l’accesso ai luoghi di culto è consentito, purché si evitino assembramenti e si assicuri tra i frequentatori la distanza non inferiore a un metro.
È possibile raggiungere il luogo di culto più vicino a casa, intendendo tale spostamento, per quanto possibile, nelle prossimità della propria abitazione. Possono essere altresì raggiunti i luoghi di culto in occasione degli spostamenti comunque consentiti, cioè quelli determinati da comprovate esigenze lavorative o da necessità, e che si trovino lungo il percorso già previsto, in modo che, in caso di controllo da parte delle forze dell’ordine, si possa esibire o rendere la prevista autodichiarazione.
Fin qui, dunque, le norme di riferimento. Che, però, vanno applicate. Ed è proprio in questa fase che sono emersi diversi problemi.
In più occasioni e ambiti territoriali differenti vari cittadini sono stati invitati dalle forze di polizia, all’atto di un controllo posto in essere per il rispetto delle misure, a far ritorno presso la propria abitazione, in quanto lo spostamento dal domicilio verso il luogo di culto non sarebbe incluso tra quelli consentiti dalla normativa suindicata
Di qui la mobilitazione del deputato sardo Salvatore Deidda (Fratelli d’Italia), il quale, in tale singolare interpretazione, ha rinvenuto, oltre che un contrasto con la normativa suindicata, anche una gravissima lesione “lesiva di un diritto costituzionalmente garantito”. Senza dimenticare il fatto che le differenti interpretazioni delle singole forze di polizia, in parti diverse del territorio nazionale, appaiono, altresì, lesive del principio di uguaglianza.
Ne è nata una interrogazione al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte ed alla ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, per chiedere se non venga ritenuta necessaria “l’emanazione di una circolare, indirizzata a tutti i corpi di polizia, nonché ai prefetti e ai sindaci, al fine di evitare che tali episodi abbiano a ripetersi”; “se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative intenda assumere al fine di garantire, sull’intero territorio nazionale, l’esercizio individuale della libertà di culto, se del caso, anche con l’emanazione di una circolare esplicativa indirizzata a tutti i soggetti istituzionali interessati”.