L’ “Universal Design” è una strategia utile anche sui luoghi di lavoro, in quanto mira a fare della progettazione e della composizione dei diversi ambienti e prodotti, elementi accessibili e comprensibili a tutti, così come utilizzabili da tutti, nella maggior misura, nel modo più indipendente e naturale possibile, senza la necessità di adattamenti o soluzioni di progettazione specializzati.
Secondo la definizione del Consiglio d’Europa infatti, i termini “progettazione per tutti”, “accessibilità integrale”, “progettazione inclusiva”, “progettazione senza barriere”, “progettazione trans-generazionale” e “accessibilità per tutti” sono da considerare convergenti verso le persone con disabilità negli ambienti di vita ma, soprattutto in quelli dove si svolge un’attività lavorativa, tanto che il 43,7% ritiene di poter lavorare solo se dotato di un sostegno adeguato.
In una recentissima pubblicazione sull’inclusione lavorativa dell’INAIL viene sottolineata la possibilità, facendo ricorso al design for all, per tutte le persone di avere pari opportunità di partecipazione in ogni aspetto della società.
Per raggiungere questo obiettivo, si precisa, l’ambiente costruito, gli oggetti quotidiani, i servizi, la cultura e le informazioni – in breve, tutto ciò che è stato progettato e realizzato da persone per essere utilizzato da persone – deve essere accessibile, conveniente per tutti nella società e rispondente alla diversa evoluzione umana.
Nella realizzazione dell’ambiente di lavoro, sottolinea l’Osservatorio delle Malattie Occupazionali e Ambientali dell’Università degli Studi di Salerno, richiamando quanto pubblicato dall’Istituto Assicuratore, questo si traduce nell’incentrare la progettazione dello stesso sulla nozione dell’utenza ampliata e della progettazione senza barriere, affinché siano utilizzabili da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o di progettazioni specializzate.
Tale progettazione si identifica nel rispetto dei seguenti requisiti: 1. Equità, consistente nella progettazione per tutti, a prescindere dalla condizione disabilitante; 2. Flessibilità, consistente nella capacità di adattarsi alle diverse condizioni disabilitanti; 3. Semplicità e intuitività, consistente nella facilità di comprensione, indipendentemente dall’esperienza dell’utente, dalla sua conoscenza, dalle sue capacità linguistiche o dal suo livello di concentrazione; 4. Percettibilità delle informazioni, consistente nell’efficace comunicazione delle informazioni necessarie all’utente, indipendentemente dalle condizioni ambientali o dalle capacità sensoriali; 5. Tolleranza all’errore, consistente nella minimizzazione dei pericoli e delle conseguenze avverse di azioni accidentali o non volute; 6. Contenimento dello sforzo fisico, consistente nell’utilizzo in modo efficiente, confortevole e con minima fatica; 7. Misure e spazi per l’avvicinamento e l’uso, consistente nel rendere lo spazio facilmente fruibile indipendentemente dalle dimensioni del corpo dell’utente, della postura e dalla mobilità.
Il convincimento che progettare secondo i principi del Design for all favorisca la realizzazione di un ambiente inclusivo viene ribadito anche nel PNRR. In Italia, si evidenza nella pubblicazione Inail, è stata realizzata la versione italiana della pubblicazione promossa dall’European Concept for Accessibility (ECA 2013) con il preciso scopo di promuovere un’accresciuta consapevolezza tra chi opera nel campo della progettazione di spazi, edifici ed oggetti e tra chi li utilizza.
L’accessibilità agli ambienti fisici e virtuali, alle tecnologie, alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), ai beni e ai servizi, compresi i trasporti e le infrastrutture, è un fattore abilitante dei diritti e un prerequisito per la piena partecipazione delle persone con disabilità su un piano di parità con gli altri.
La trasformazione dei processi produttivi registratasi nell’ultimo decennio e spinta anche dal piano Industria 4.0 ha introdotto numerose opportunità legate all’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), dell’intelligenza artificiale e della robotica per progettare servizi in presenza e a distanza specifici per le esigenze delle persone con disabilità.
Oggi si registra un ulteriore passaggio, coniato come Industria 5.0, un paradigma focalizzato sulle persone e sull’ambiente, quindi su qualità della vita e sostenibilità al centro del processo di produzione, con il supporto delle tecnologie dell’industria 4.0. Nella Società 5.0, le tecnologie informatiche avanzate, l’Internet delle cose, i robot, l’intelligenza artificiale e la realtà aumentata vengono utilizzate attivamente nella vita quotidiana, nell’industria, nell’ambito sanitario e nelle altre sfere di attività, con il fine principale non del vantaggio economico, bensì a beneficio di ogni individuo. Questo approccio produce e produrrà benessere per il lavoratore, “disabile” o “normodotato”, e quindi anche sicurezza.