lunedì, 16 Dicembre, 2024
Economia

Contratti. Bancari, aumenti in arrivo ma 10 milioni di lavoratori in attesa

Trattative a rilento per commercio, statali e autonomi. I sindacati temono un autunno di austerity

A suonare gli squilli più alti e argentei delle rivendicazioni contrattuali sono i bancari che sono all’ultimo metro della firma. Poi restano più o meno altri 10 milioni di lavoratori, dai medici, al commercio, dagli statali agli studi professionali, passando per i lavoratori socio sanitari e della vigilanza.

La conquista dei bancari

Il 26 luglio per la Federazione autonoma bancari italiani sarà la data della svolta. Se arriverà la firma dell’Associazione banche italiane, è fatta: 435 euro in più al mese e una serie di innovazioni sul lavoro. Quello dei bancari è una icona, una conquista economica maturata in base a molti stravolgimenti e utili eccezionali delle banche. “Settore profondamente trasformato”, osserva il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, “Utili e dividendi in crescita, superate le difficoltà del 2012, è arrivata l’ora di ripagare lavoratrici e lavoratori dei sacrifici fatti”. C’è chi fa sacrifici e chi ottiene i frutti che ora la Fabi rivendica anche per i 280 mila lavoratori degli istituti di credito. La Fabi annota che negli ultimi 5 anni il totale dei ricavi del settore è stato pari a 413 miliardi di euro: di questi, più della metà (50,5%) cioè 209 miliardi corrisponde alle commissioni; mentre 204 miliardi (49,5%) arrivano dal margine d’interesse, cioè dai prestiti. “Gli azionisti sono stati sempre ampiamente ripagati dei loro investimenti con dividendi in costante crescita: 1,5 miliardi nel 2012, 2,2 miliardi nel 2015; 5,5 miliardi nel 2019, 12,5 miliardi nel 2022”, puntualizza la Federazione. Per il leader dei bancari, “è arrivata l’ora di ripagare anche i lavoratori”, sottolinea Sileoni, “dei sacrifici e degli sforzi che hanno consentito utili così elevati con il giusto riconoscimento economico”. Il contratto scaduto a fine 2022, è stato prorogato fino al 31 luglio. Per mercoledì 26 luglio i sindacati di categoria, Fabi, First Cisl Fisac-Cgil, Uilca e Unisin attendono risposte dall’Abi che sta valutando le richieste ma finora l’orientamento emerso è per un via libera agli aumenti.

Commercio e servizi

In attesa ma ancora non si hanno notizie certe per il rinnovo dei contratti per i 3,5 milioni di lavoratori subordinati del settore  commercio e servizi. Si tratta  dei dipendenti delle aziende che applicano i contratti siglati per il Confcommercio, la Federdistribuzione, la Confesercenti e le Associazioni delle cooperative del terziario che comprendono anche i settori della  grande distribuzione organizzata dell’Ict e dell’e-commerce. C’è stata finora una intesa ponte sollecitata dai sindacati per arginare la perdita di valore salariale. In attesa del nuovo contratto dal dicembre dello scorso anno, è in atto una intesa che garantisce l’erogazione di una tantum e di un anticipo degli aumenti che saranno concordati nei prossimi contratti. La trattativa resta tuttavia in salita. Ieri a Bologna i sindacati hanno gettato le basi per un comitato  multisettoriale, che rappresenta, “una prima ed importante tappa per fare una sintesi delle vertenze aperte e fare fronte comune nella definizione di un percorso di mobilitazione finalizzato ai rinnovi contrattuali”.
I sindacati chiedono di adeguare gli stipendi almeno all’inflazione e il miglioramento di altri aspetti contrattuali come welfare,  inquadramento delle nuove professionalità e riforma dei sistemi di classificazione, misure per la  conciliazione vita lavoro, sostegno alla genitorialità, lavoro agile, politiche di genere.
Il presidente di Fisascat Cisl aveva chiesto anche “un decisivo intervento dello Stato per incentivare la contrattazione collettiva anche tramite tagli contributivi alle imprese, da legare agli aumenti contrattuali, e sgravi fiscali per le lavoratrici e i lavoratori”. Ipotesi poi messa in campo con l’aumento del taglio del 4% sui contributi per i redditi fino a 35mila euro, che si terrà da  luglio a dicembre 2023.

Statali, aumenti sotto soglia

Per gli statali il rinnovo del contratto resta appeso alle decisioni del Governo che però è  preso da altre emergenze. Si conferma ancora per il commercio una soluzione tampone, in attesa di tempi migliori, con una  tantum che prevede l’erogazione, per tutto il 2023, di un emolumento da corrispondere in tredici mensilità in misura dell’1,5 % dello stipendio. A conti fatti gli aumenti vanno secondo le fasce di impiego dalle 30 euro fino ad arrivare ad un massimo di 135 euro. A fare i calcoli è la Uil che illustra come le retribuzioni dei dipendenti pubblici a partire dal 2008 hanno perso circa 10 punti rispetto all’andamento del costo della vita. Tra rinvii, tagli, mancati rinnovi contrattuali è turnover di personale, c’è anche la sorpresa che in questi anni lo Stato ha risparmiato 13 miliardi. In questo scenario, si manifesta un altro paradosso: il salario di chi lavora per lo Stato è  scavalcato dagli aumenti concessi ai pensionati. La legge di Bilancio ha fissato l’aumento delle rivalutazioni pensionistiche al tasso del 7,3%. È tuttavia di una battaglia non certo tra persone facoltose, in quanto si tratta sempre di aumenti di stipendi base e di pensioni minime.

Socio sanitari e vigilanza

Riflettori accesi anche sui 5milioni di lavoratrici e lavoratori in attesa del rinnovo dei contratti nazionali nei settori del terziario di mercato. Sono gli addetti del turismo, della vigilanza privata, del terzo settore socio-sanitario assistenziale educativo e del comparto termale, in parte del commercio e della grande distribuzione organizzata. Si tratta di un contesto lavorativo ampio e frammentato preso in esame dal Consiglio Generale della Fisascat Cisl. Per il segretario confederale Cisl Giorgio Graziani, l’attuale congiuntura economica, caratterizzata da un’inflazione elevata e persistente, ripropone l’importanza strategica della politica dei redditi e del ruolo della contrattazione ai vari livelli, da sostenere con azioni mirate. A fare il punto è il segretario generale Davide Guarini che sottolinea “la necessità di un intervento legislativo che consenta di usufruire di sgravi e incentivi fiscali solo alle imprese coinvolte dai rinnovi contrattuali definiti nel rispetto delle tempistiche e delle modalità previste dagli accordi interconfederali”.

Partite iva e praticanti

In attesa del contratto i dipendenti  degli studi professionali, che complessivamente occupa circa un milione di lavoratori subordinati, per il 90% donne, e 400mila tra praticanti e partite Iva, la maggior parte dei quali inseriti in piccoli studi professionali con meno di 10 dipendenti. “Nonostante gli sforzi profusi nel corso della lunga trattativa e le dichiarazioni a mezzo stampa rilasciate dall’associazione datoriale del settore”, ricorda il segretario generale della Fiscat Cisl Davide Guarini, “ancora non si intravedono slanci da parte datoriale volti alla definizione del rinnovo del Contratto nazionale scaduto nel 2018”.

Inflazione, proroghe e autunno

Tra rinvii e inflazione che erode gli stipendi e porta in alto i prezzi, i riflettori sono puntati all’autunno. Con una certa preoccupazione e una sensazione di sfiducia perché l’aria che tira è di austerità. La manovra di bilancio del Governo dovrà muoversi in un perimetro ristretto. In più in autunno l’inflazione secondo le stime avrà sottratto 40 miliardi di spesa pubblica. Questo significa tagli e pochi fondi da stanziare in tutti i settori, dalla scuola alla sanità. Secondo il ministro per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, per rinnovare i contratti pubblici scaduti ormai dal 2021, sono necessari almeno 7-8 miliardi. Inoltre alle richieste di incentivi fanno eco i ripetuti inviti del ministro dell’Economia e Finanze alla prudenza. Si vedrà nei prossimi mesi chi riuscita a spuntarla e quanti dovranno accontentarsi di soluzione tampone, di aumenti una tantum, e attendere magre proroghe per il 2024.

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