giovedì, 18 Aprile, 2024
Ambiente

Bioeconomia italiana, un settore da 317 miliardi e 2 milioni di lavoratori

In Europa la bioeconomia ha registrato un calo meno rilevante rispetto al totale dell’economia, dimostrando una maggiore resilienza di fronte alla sfida della pandemia.

È quanto emerge dal Rapporto “La Bioeconomia in Europa”, redatto dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo in collaborazione con il Cluster Spring e Assobiotec – Federchimica e presentato nel corso di un evento online. Nello studio, oggi alla sua settima edizione, la stima della produzione e dell’occupazione della bioeconomia in Italia è stata aggiornata al 2020. In Italia, in particolare, nel 2020 la bioeconomia ha generato un output pari a 317 miliardi di euro, occupando poco meno di due milioni di persone. Nel complesso ha perso il 6,5% del valore della produzione, ma si tratta comunque di un calo inferiore rispetto all’intera economia (-8,8%). Il peso della bioeconomia in termini di produzione è quindi salito al 10,2% rispetto al 10% del 2019 e al 9,9% del 2018. Nel corso della presentazione del rapporto, Riccardo Palmisano, presidente di Federchimica Assobiotec, ha spiegato che “la filosofia di Assobiotec è quella di basare le proprie affermazioni, i propri documenti, proposte e progetti su dati più possibile oggettivi”. Massimiliano Fedriga, presidente della Regione Friuli Venezia Giulia e della Conferenza delle Regioni, da parte sua, ricordando la sfida del Pnrr, ha spiegato che “è fondamentale cercare di fare squadra come Paese per riuscire, in un momento difficile come quello post-pandemia, a recuperare gap strategici per l’Italia perché penso – ha aggiunto – che questa possa essere l’opportunità per fare ritrovare al Paese un piano a livello internazionale che deve essere tra i primi: abbiamo le capacità e dobbiamo riuscire a svilupparle al massimo con le opportunità di investimento che ci saranno da qui ai prossimi anni”.

“Per quanto riguarda la bioeconomia – ha affermato Francesca Nieddu, direttore regionale Veneto Est e Friuli Venezia Giulia di Intesa Sanpaolo – il Nordest esprime oggi quote di prodotto regionale molto importanti perché siamo già all’8%”. Per Nieddu si tratta di “un ruolo tra i migliori protagonisti d’Italia e noi – ha sottolineato – accompagniamo aziende di grandi dimensioni che stanno giocando un ruolo importante non solo in questa porzione di territorio ma in tutto il territorio nazionale per accompagnare questa transizione, con tecnologie e grande innovazione”.

A presentare i numeri del rapporto, Laura Campanini, Serena Fumagalli e Stefania Trenti di Intesa Sanpaolo.

“È evidente come la bioeconomia in tutti paesi che abbiamo analizzato – ha spiegato Campanini – realizzi risultati meno negativi rispetto all’economia nel suo complesso. Quindi la bioeconomia si è dimostrata più resiliente in questa fase così difficile”. “Sono principalmente le regioni del Nord-Est e il Mezzogiorno – ha spiegato Fumagalli in riferimento alle macroregioni italiane – quelle che hanno un peso maggiore in termini di valore aggiunto della bioeconomia e di occupati. Nel Nordest, in particolare – ha continuato -, il valore aggiunto è risultato nel 2018 pari a 29,6 miliardi di euro, seguito dalle regioni del Nord-Ovest con 27,6 miliardi di euro”. Un’attenzione anche per le nuove frontiere della chimica bio-based. “Un elemento importante – ha spiegato Trenti – e un vero e proprio mondo che è in grado di unire tutti i settori della bioeconomia e anche quelli al di fuori”.

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