venerdì, 26 Aprile, 2024
Dal Parlamento alla Tavola

L’analisi dell’on. Giuseppe Labbate nella pagina speciale “Dal Parlamento alla tavola”. Gli strumenti del PNRR al servizio dell’agroalimentare italiano

Ben 191,5 miliardi di euro a cui si aggiungono i 30,6 miliardi del Fondo complementare finanziato con lo scostamento di bilancio del 15 aprile scorso.

Sono queste le risorse complessive che il PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, metterà in campo per traghettare l’Italia oltre la pandemia, per superare le conseguenze economiche del Covid-19 e ridare slancio alle imprese e ai servizi del Paese.  E su cui, settimana scorsa, Bruxelles ha dato la sua approvazione.

Si tratta di un’occasione unica per l’Italia per raggiungere gli obiettivi globali ed europei, molto ambiziosi, che le principali strategie internazionali pongono per la transizione ecologica. Il nostro Paese ha un patrimonio unico da proteggere: un ecosistema naturale, agricolo e di biodiversità di valore inestimabile. Il Belpaese è, però, anche maggiormente esposto a rischi climatici rispetto ad altri Paesi, data la configurazione geografica e le specificità del territorio. La transizione, al contempo, può farci trarre maggior vantaggio e più rapidamente rispetto ad altri alla luce della relativa scarsità di risorse tradizionali come petrolio e gas e l’abbondanza di alcune risorse rinnovabili. Basti pensare che il Sud può vantare sino al 40% in più di irraggiamento rispetto alla media europea, rendendo i costi della generazione solare potenzialmente più bassi.

Ma cosa prevede il PNRR per l’agroalimentare italiano? A disposizione ci sono oltre 9 miliardi di euro, che rappresentano una importante fetta delle risorse totali del Piano. Si parte da quello che rappresenta il tallone d’Achille del sistema produttivo, ovvero il forte divario infrastrutturale che ci pone al 18esimo posto al mondo sulla competitività. Con 800 milioni di euro si interviene, dunque, sulle lacune della logistica per i settori agroalimentare, pesca e acquacoltura, silvicoltura, floricoltura e vivaismo: ridurre l’impatto ambientale del sistema dei trasporti; migliorare la capacità di stoccaggio delle materie prime per preservare la differenziazione dei prodotti per qualità, sostenibilità, tracciabilità e caratteristiche produttive; potenziare le capacità di esportazione e la logistica dei mercati all’ingrosso, anche attraverso la digitalizzazione, valorizzando la tracciabilità dei prodotti e riducendo gli sprechi alimentari.

Lo strumento chiave per la riorganizzazione del comparto agricolo sono i Contratti di Filiera e di Distretto su cui, attraverso il Fondo complementare, il Mipaaf stanzia ben 1.203,3 milioni di euro. Contrastare la volatilità dei prezzi, rafforzare i rapporti tra gli operatori lungo tutta la filiera o in un determinato territorio dando sostegno alla parte più debole, ossia quella agricola, e migliorare la produzione rispondendo meglio agli indirizzi del mercato e alle richieste dei consumatori. Sono questi gli obiettivi che possiamo raggiungere, concentrando i fondi verso progetti che puntino a pratiche agronomiche sostenibili per far sì che vi sia una vera, concreta e proficua transizione ecologica anche nel comparto primario, garantendo sia la sostenibilità ambientale che quella economica e sociale.

Altro aspetto rilevante per il nostro Paese è quello energetico. Attraverso il “Parco Agrisolare”, su cui stanziamo 1,5 miliardi di euro, puntiamo a installare pannelli ad energia solare su una superficie complessiva pari a 4,3 milioni di mq senza consumo di suolo. Semplicemente ammodernando e utilizzando i tetti degli edifici ad uso produttivo agricoli, zootecnici e agroindustriali. A ciò si aggiungono le risorse per l’agro-voltaico (1,1 miliardi di euro) che puntano all’implementazione di sistemi ibridi agricoltura-produzione di energia che non compromettano l’utilizzo dei terreni dedicati alla produzione di cibo ma contribuiscano alla sostenibilità ambientale ed economica delle aziende coinvolte. Ulteriori 1,92 miliardi di euro sono dedicati allo sviluppo del biometano ottenuto massimizzando il recupero energetico dei residui organici che ci permetterebbe un risparmio complessivo di gas a effetto serra rispetto al ciclo di vita del metano fossile sino all’85%.

Per l’innovazione tecnologica, in particolare la digitalizzazione, vengono assegnati 500 milioni per ottenere migliori risultati ambientali, aumentare la resilienza climatica e ridurre e ottimizzare l’uso dei fattori produttivi”, proprio come prevede la strategia “Farm to fork”. Si punta ad ammodernare i macchinari agricoli con l’introduzione di tecniche di agricoltura di precisione, che ci permetteranno di ridurre l’uso di fitofarmaci sino al 40%, e di agricoltura 4.0 nonché di rinnovare il parco automezzi così da ridurre le emissioni addirittura del 95%.

Non può esserci agricoltura senza acqua. Per questo, 880 milioni di euro del PNRR (di cui 360 relativi a progetti già in corso con fondi nazionali) sono dedicati alla resilienza dell’agrosistema irriguo, attraverso investimenti infrastrutturali per una migliore gestione delle risorse idriche. L’obiettivo è svincolarsi dalle continue crisi idriche, dovute alla scarsità e alla diversa distribuzione delle risorse: si tratta di una condizione essenziale per un’agricoltura competitiva.

Nelle sue correzioni al Piano, infine, Bruxelles ha previsto piccoli aggiustamenti e un aumento dei progetti per la biodiversità pari a circa 1,2 miliardi di euro. Per il resto, il PNRR tricolore appare “ben definito” sul monitoraggio dell’uso del denaro e gli obiettivi sembrano “ben distribuiti” lungo tutto il periodo.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza si articola in sei missioni: la prima è denominata “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura” e stanzia 49,2 miliardi di euro; la seconda missione “Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica” potrà contare su 68,6 miliardi di euro; “Infrastrutture per una Mobilità Sostenibile” è, invece, la terza missione con una dotazione complessiva di 31,4 miliardi di euro; la quarta è poi “Istruzione e Ricerca” con 31,9 miliardi di euro; la quinta denominata “Inclusione e Coesione” stanzia 22,4 miliardi di euro e, infine, la sesta missione “Salute” i cui investimenti potranno avvalersi di una dotazione pari a 18,5 miliardi di euro. Tutti i progetti dovranno necessariamente concludersi entro il 2026, ecco perché alcuni importanti e discussi dossier sono rimasti fuori dal Piano.

 

 

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