venerdì, 26 Aprile, 2024
Dal Parlamento alla Tavola

L’Holodomor Globale del III Millennio

Holodomor. È questo il termine che riecheggia dinanzi a ciò che stiamo vivendo nuovamente dopo quasi cento anni. Parliamo della carestia che causò milioni di morti per fame nel popolo ucraino tra il 1932 e il 1933.

Una azione scientemente orchestrata da Stalin, allora alla guida dello Stato Sovietico, con politiche crudeli volte a causare la morte in maniera pianificata, come l’ha definita una dichiarazione congiunta dell’ONU nel 2003. Chiunque veniva trovato in possesso di più di 3 spighe di grano veniva fucilato per direttissima. La fame che diventa, dunque, un’arma di guerra.

Oggi, la Federazione Russa sta attuando la medesima strategia, facendo leva sulla sicurezza degli approvvigionamenti alimentari per destabilizzare gli altri Stati. La carestia di cibo e le inevitabili conseguenze che ciò avrà sugli scenari internazionali può far venire a mancare quegli equilibri faticosamente raggiunti negli anni.

Come denuncia il Programma alimentare mondiale dell’ONU, ben 4,5 milioni di tonnellate di grano sono bloccate nei porti ucraini occupati dai russi. Cifra che raggiunge i 25 milioni di tonnellate conteggiando tutti i cereali tra grano, mais e altre granelle. Una azione volta a far aumentare i prezzi dei generi alimentari e ad accendere i riflettori sul rischio di carestie in diverse aree del mondo. La fame che diventa un’arma da guerra.

Abbiamo portato la problematica in Parlamento attraverso una mozione a prima firma del collega della commissione Agricoltura della Camera, Luciano Cillis (M5S), molto sensibile al tema. Dopo la nostra mozione, lo stesso presidente del Consiglio Mario Draghi, nei giorni scorsi, ha discusso delle prospettive di sblocco delle esportazioni di grano dell’Ucraina durante una telefonata istituzionale con il presidente ucraino Zelensky.

Di Holodomor ha parlato anche la stessa Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, bollando come “metodi sovietici” quelli messi in atto oggi da Putin. L’Ucraina è uno dei principali produttori ed esporta nel mondo il 10% del frumento tenero destinato alla panificazione per un totale di 18 milioni di tonnellate e il 15% del mais per oltre 27 milioni di tonnellate.

Il blocco delle spedizioni dai porti del Mar Nero sta gettando nel caos le quotazioni mondiali dei cereali: basti pensare che a marzo si è registrato il maggiore aumento dei prezzi del grano dal 1990. Ad essere più colpite – e qui l’Holodomor globale del III millennio – sono le aree del Medio Oriente come Siria e Libano e del Nord Africa come l’Egitto e il maghreb e dell’Africa subsahariana dipendenti dalle esportazioni di cereali dell’Ucraina e ora più esposte a carestie e disordini sociali. Disordini che equivalgono a nuove emigrazioni nel Continente europeo.

Il blocco delle ingenti quantità cereali nei porti del Mar Nero, infatti, minaccia di scatenare una crisi alimentare nei Paesi più poveri del mondo. Se le navi non dovessero partire, ciò provocherebbe una carestia nelle zone più povere dell’Africa e dell’Asia, causando una ondata migratoria senza precedenti verso l’Europa. Prime stime parlano addirittura di 400mila profughi solo in Italia. Per questo, il 3 e 4 giugno, i ministri dell’Interno dei Paesi Ue del Mediterraneo si riuniranno a Venezia proprio con questo punto all’ordine del giorno, in vista del Consiglio europeo per gli affari interni della settimana seguente.

È necessario, pertanto, avere una visione ampia della problematica e delle sue conseguenze, così da non rischiare di non essere preparati ai risvolti globali concatenati alle azioni russe.

Con i colleghi della commissione Agricoltura, avevamo già provveduto ad impegnare il Governo affinché fosse pronto per una rapida ed efficiente ricostruzione agricola in Ucraina che ci conduca ad un equilibrio alimentare subito dopo quello bellico. Ora, nell’attuale contesto, è importante avere una visione disincantata e critica, a breve e lungo termine, per poter garantire l’approvvigionamento di cibo a livello comunitario.

Per questo, con la mozione Cillis, si è indicata una rotta chiara al Governo affinché prosegua nelle iniziative di sua competenza per far fronte a questa emergenza alimentare, senza farsi travolgere dall’Holodomor pianificato da Putin.

È importante, dunque, incentivare il percorso di rivalutazione dell’impostazione della Politica Agricola Comune, tenendo conto dell’esigenza di orientare in maniera diversa e più efficace gli strumenti a disposizione per sostenere le produzioni più strategiche. Diventa cruciale posticipare l’entrata in vigore delle misure introdotte della PAC 2023-2027 volte a limitare la produzione in ottica di transizione ecologica per ripristinare gli obiettivi originari di sicurezza degli approvvigionamenti.

È necessario attuare forme di stoccaggio comune – in ottica europea e non autarchica – per fronteggiare la volatilità dei prezzi, adottando un Piano strategico europeo per l’autosufficienza alimentare. Bisogna, inoltre, aumentare la percentuale dei pagamenti accoppiati per le produzioni più strategiche, introdurre un contributo per le superfici messe a coltura e togliere il vincolo delle nuove superfici irrigabili.

Serve poi semplificare i pagamenti dell’Agea, l’ente per le erogazioni in agricoltura del Ministero delle Politiche agricole, e adottare iniziative per la situazione finanziaria e creditizia delle imprese agricole nonché favorire il rilancio produttivo attraverso la decontribuzione occupazionale, come già compiuto dal Governo Conte durante il periodo pandemico legato al Covid-19. Un’azione che ha rappresentato una boccata d’ossigeno per moltissime imprese.

È necessario, poi, proseguire nell’ottimo lavoro diplomatico portato avanti dal Ministero degli Affari esteri per diversificare i mercati di approvvigionamento delle materie prime agricole come frumento tenero, mais, olio di girasole ma anche per quanto concerne concimi e fertilizzanti.

Serve intervenire sui crediti di imposta, sul caro-gasolio che colpisce soprattutto la pesca nazionale, in protesta in queste settimane e per cui abbiamo stanziato 20 milioni di euro a valere sul fondo filiere, nell’attesa si acceleri sull’avvio dello strumento della CISOA, da noi introdotta per legge.

Servono investimenti per una maggiore efficienza irrigua, serve avviare il percorso delle TEA, le tecniche di evoluzione assistita, per avere presto piante più produttive e con meno impatto ambientale e spreco di risorse, su cui abbiamo presentato una proposta di legge in Parlamento per portare in campo aperto la sperimentazione oggi riservata ai laboratori dei centri di ricerca.

Una fondamentale utilità l’avranno i sistemi di monitoraggio di alcuni prodotti alimentari strategici come ‘Granaio Italia’ e ‘Caseificio Italia’, divenuti norma grazie a nostre iniziative parlamentari.

Tante azioni, che se attuate in modo corale e organico, potranno permetterci di non essere sotto il ricatto dell’Holodomor del III millennio, che ci permetteranno di fronteggiare le conseguenze che “l’arma della fame indotta” avrà sui Paesi in via di sviluppo, aiutandoli  a non subire il ricatto a loro volta e garantendoci di non avere mai il timore degli scaffali vuoti: un risultato che oggi sembra scontato ma che la guerra riaccende in tutta la sua drammaticità, un risultato raggiunto da tempo dal mondo occidentale con la democrazia e la pace.

 

 

Giuseppe L’Abbate, 37 anni, laureato in Informatica, è deputato della Commissione Agricoltura di Montecitorio dal 2013, già Sottosegretario presso il Ministero delle Politiche Agricole del Governo Conte II, dal settembre 2019 al febbraio 2021, e componente del Comitato per la formazione e l’aggiornamento del MoVimento 5 Stelle. Con l’Onorevole abbiamo dato vita ad una rubrica a cadenza mensile denominata “Dal Parlamento alla Tavola” in cui illustriamo le novità legislative e le nuove opportunità messe in campo dal Mipaaf per le filiere agricole e l’intero comparto agroalimentare nazionale.

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