venerdì, 26 Aprile, 2024
Lavoro

Sgravi per assunzioni di giovani, di donne e aiuti alle imprese. Va in scena la grande illusione degli annunci. Nella realtà norme stringenti e penalizzanti, burocrazia e percorsi ad ostacoli piegano le speranze

Al Paese, alle imprese e ai giovani servono aiuti chiari, rapidi e concreti. Tutto il resto genera nuove povertà. Si facciano norme per le persone non per la burocrazia.

Sgravi per assunzioni di giovani, tanti annunci sulle opportunità di lavoro e vie preferenziali per le donne. Nella realtà le possibilità sono poche, restrittive e una burocrazia che stronca i facili entusiasmi. Potremmo parlare di una grande illusione, di una sconfitta reale di molte aspettative che generano sfiducia e risentimenti.

Sul lavoro, infatti, sugli sgravi presunti e reali, sulle possibilità offerte alle imprese, come quelle in programma per il Sud da Invitalia, o, ancora, le indicazioni Inps sulla decontribuzione a sostegno della occupazione, su tutto questo si è innescata una enfasi comunicativa che lascia interdetti. Nella sostanza reale sono pochi i passi mentre le molte aspettative sono a rischio delusione. Le buone intenzioni, le possibilità che appaiono utili al lavoratore e alle imprese, devono fare i conti con un percorso ad ostacoli dove la burocrazia per lo più vince sulle buone proposte e progetti. Come è noto, una buona fetta dei progetti realizzati da giovani imprese con le indicazioni di Invitalia, al momento cruciale della bancabilità, i sogni si infrangono. Perché sono le banche a investire su una nuova attività imprenditoriale e, se l’impresa e i giovani imprenditori sono riusciti ad ottenere il via libera da Invitalia, nulla garantisce poi che il progetto sua finanziato da un istituto di credito. Rimane il tempo perso in progetti, raccolta di documenti, dello scoramento dei soci etc. Stesso discorso per i tanti annunci di sgravi contributivi che ogni giorno innescano aspettative e descritte come manna per imprese e lavoratori. Le prime desiderose di ampliare gli organici utilizzando qualche incentivo, i secondi di essere assunti e iniziare un percorso di lavoro e di vita.

Nel merito le cose non vanno bene. I troppi passaggi frenano le assunzioni e mettono in difficoltà le imprese. Ad usufruire di sgravi Inps per l’assunzione di un giovane, ad esempio, la riduzione è valida per un massimo di 36 mesi dalla data di assunzione del lavoratore. Ma, attenzione, per l’impresa basta non avere un qualsiasi documento non in regola, – anche se per un difetto temporale – o un banale ritardo di versamento Inps, per bloccare tutto, mettendo in ulteriore difficoltà proprio l’impresa che voleva assumere o ha già assunto, il giovane o la donna entrati in organico.

Sono casi non certo rari, perché le imprese in Italia da anni navigano a vista facendo sacrifici enormi per mantenere in piedi produttività, lavoro, innovazione e mercato. Mentre le maglie di incentivi,
e fondi a sostegno delle attività produttive e della occupazione, sono diventate molto più strette.

Gli sgravi contributivi, al di là degli annunci, che come detto risentono molto della enfasi pandemica, e dei ripetuti appelli nel favorire l’occupazione, diventano allo stato dei fatti un beneficio per pochi. Soprattutto per i requisiti richiesti e per le regole applicative. Incentivare le assunzioni di giovani under 36, di lavoratori al Sud e di donne disoccupate, rimane non solo una priorità ma una emergenza, per questo il rischio di illudere innesca delusioni cocenti. Sulle norme restrittive, basta citarne una, il beneficio può essere dato solo ai giovani under 36 che non siano mai stati occupati a tempo indeterminato, con lo stesso o con un altro datore di lavoro. Insomma una persona non di 20 anni ma di 36 che non abbia mai avuto un contratto a tempo indeterminato. Quindi un precario di lunghissimo corso. Inoltre gli incentivi non vengono riconosciuti se l’assunzione viola il diritto di precedenza alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine.

Oppure se il datore di lavoro o l’utilizzatore con contratto di somministrazione hanno in atto sospensioni dal lavoro legate a una crisi o riorganizzazione aziendale. E, ancora, nel caso di una donna da inserire in azienda, la lavoratrice deve essere disoccupata da almeno 24 mesi. Un altro esempio per comprendere le difficoltà oggettive, sulla decontribuzione Inps bisogna rispettare il requisito della disoccupazione di lunga durata, che esclude le lavoratrici che possono aver perso un impiego nei mesi scorsi, in seguito all’epidemia. Così anche la grave crisi generata dalla pandemia, invece, di essere un motivo di sostegno diventa di esclusione.

I termini di accettazione diventano poi una ulteriore strettoia – non vogliano pensare ad un nodo scorsoio – quando, ad esempio, si tratta di una categoria come quella dei giornalisti. Lo sgravio Inpgi che si accolla l’Inps segue complicandole le regole già illustrate, nel merito basta un versamento mancato da parte dell’azienda editoriale, per bloccare l’intera procedura. Nella decontribuzione Inps infatti c’è come primo requisito da rispettare il possesso del Durc (il documento di regolarità contributiva), e il rispetto degli accordi e dei contratti collettivi nazionali, regionali, territoriali o aziendali, sottoscritti dalle organizzazioni sindacali.

Basta poco per vanificare un percorso virtuoso. Sono regole e in quanto tali vanno rispettate. Ma almeno non si dica che sono state varate leggi per dare il massimo alle imprese, per l’occupazione e ai giovani. Si fanno norme e regole che creano molte illusioni, troppe aspettative e, purtroppo, nuove povertà.

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