venerdì, 26 Aprile, 2024
Attualità

Democrazia e decisioni, si rispetti la volontà dei cittadini

Tutela dell’ambiente e sviluppo possono convivere. Sulla Carta del deposito di materiale radioattivo si apra una vera discussione e la scienza dica la sua. La politica ritrovi equilibrio e decida per una Italia migliore. Il Governo dia risposte concrete ai tanti problemi del Paese.

Può un Paese che si definisce potenza industriale e protagonista manifatturiero mondiale, rinunciare al petrolio, al gas, al nucleare e, ora anche ad uno di stoccaggio di materiale radioattivo? Parliamo di un deposito di scorie per i rifiuti a media e bassa attività, quelli che si producono ogni giorno: reagenti farmaceutici, diagnostica e terapie nucleari, radiografie industriali, tracker biomolecolari, ceneri di carbone, teste di parafulmine e perfino i rilevatori di fumo che lampeggiano sul soffitto. Eppure appena pubblicata la “Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee”, con il Progetto preliminare e i documenti correlati alla realizzazione del deposito nazionale a cui è collegato un Parco Tecnologico, si sono innescate polemiche, e osservazioni critiche, che nemmeno entrano nel merito della questione come giusto che sia.

Per fortuna, alle critiche alla rinfusa ci sono anche attente considerazioni come quella di Umberto Minopoli, presidente associazione italiana nucleare, che ricorda come in Europa – che sull’argomento ci ha posto in infrazione -, e dappertutto nel mondo, la scelta del Deposito è frutto di una vera gara tra territori per accaparrarselo. I governi italiani, per 6 anni, hanno dunque evitato di aprire questa competizione. Ora appena la Sogin (la società pubblica sul nucleare) ha indicato i siti “potenzialmente” idonei e tra questi 67 ne sarà scelto solo uno che potrà essere attrezzato per ospitare l’impianto, si è registrata la levata di scudi di sindaci e presidenti di Regione, addirittura anche di quelle non indicate dalla Carta, che contestano le indicazioni elaborate dagli esperti, ossia da 300 ingegneri.

C’è allora da chiedersi possibile che in Italia non ci sia un sito adatto che possa essere attrezzato a deposito, con tutte le precauzioni che tecnologia e scienza offrono per sistemare un problema che si trascina da anni?
Come Discussione siamo da tempo impegnati nel seguire, le parole di Papa Francesco in merito alla sua visione ecologia e alla sua straordinaria enciclica “Laudato Si’”, abbiamo ospitato decine di interventi e fatto approfondimenti con articoli di esponenti politici ambientalisti, di esperti, abbiamo ospitato commenti e proposte. Abbiamo ripetuto seguendo l’insegnamento del Santo Padre che siamo tutti chiamati a fare scelte serie e rapide a tutela degli eco sistemi che sono in pericolo e con essi il nostro Pianeta.

Abbiano scritto di inquinamento di plastica nei mari, di cambiamenti climatici, di danni economici enormi, ma abbiamo puntato l’attenzione anche con quale spirito affrontare i problemi attraverso il dialogo, le leggi, interventi economici, la creazione di impianti. Insomma di come cambiare un modello di sviluppo, e come salvaguardare la produzione e gli standard di vita, di lavoro, dello studio e del tempo libero. Per progredire in meglio, infatti, serve il cuore e la razionalità. La scienza e la tecnologia oggi ci dicono che possiamo utilizzare macchine più complesse e, tuttavia, c’è la necessità di occuparci anche di ciò che produciamo come scorie e rifiuti. Non vedere questa altra faccia del progresso è davvero singolare.

Tornando alla Carta dei siti “potenzialmente” idonei la Sogin ha presentato la documentazione nel 2014. Da allora, tutti i governi l’hanno tenuta nel cassetto. La Carta per ora si limita ad indicare i possibili siti senza individuare aree specifiche, ma è anche l’inizio per promuovere un dibattito pubblico. Solo dopo un lunghissimo iter di consultazione verrà scelto un luogo specifico. La legge auspica una competizione aperta tra territori: i vantaggi e gli incentivi ad avere il Deposito sono molti e consistenti. Ora se la parola d’ordine è “sicurezza” e le priorità sono l’ascolto dei cittadini, la tutela dell’ambiente, i saperi universitari, allora si inizi.
Si discuta con serenità e lealtà.

L’investimento complessivo è di circa 900 milioni di euro e si stima che genererà oltre 4 mila posti di lavoro l’anno per 4 anni di cantiere, diretti, 2 mila fra interni ed esterni, indiretti 1 200 e 100 indotti. Sono cifre rilevanti che non vanno sottovalutate.

C’è infine una amara constatazione, la classe politica e in particolare il Governo è da mesi alle prese con il Recovery Fund, mentre finora i progetti da finanziare sono rimasti nel cassetto. Si vuole rinunciare al sostegno finanziario del Mes, e si litiga su i progetti e chi deve gestirli. Perché mai su ogni questione seria si debba innescare un conflitto. I cittadini sono stanchi di lotte per le poltrone. Servono atti concreti e azioni unitarie. La politica rispetti i sentimenti dei cittadini che lavorano e si impegnano quotidianamente per costruire una Italia migliore.

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