venerdì, 26 Aprile, 2024
Cuisine Moderne

L’avanguardia calabrese

Ci siamo, dopo anni in cui la cucina è tornata di gran moda, anche il sud del nostro paese torna alla ribalta e fa sentire forte la sua voce, la voce di quella cuisine moderne che andiamo a ricercare in questi appuntamenti, tanto “moderne” da essere “ancient”, binomio che in questo caso si concretizza proprio nella scelta di realizzare delle creazioni culinarie che hanno un legame indissolubile con il territorio e con la materia prima realizzata come una volta. Un legame che contraddistingue sicuramente la proposta degli chef di cui parleremo oggi e fa da fil rouge ai 4 interpreti in questione.

 

L’entrèe di Abbruzzino

Ed è così che sembra di passeggiare proprio su lungomare dello Ionio quando si assaggiano le delicate entrèe da Abbruzzino a Catanzaro. Una cozza finta da mangiare con tutto il guscio, una tartare di dentice, il profumo della bancarella che, alla sera, fa il croccante, con quella tuiles dolce al sesamo ripiena di tonno, il nero delle seppie. Sono tutti i profumi di quella spiaggia racchiusi dentro un’ideale passeggiata da fare seduti al tavolo, di uno degli ultimi stellati della regione.

 

Il risotto di Qafiz

Ed è così, che mentre percorriamo il sentiero del brigante, su in Aspromonte e ci godiamo il panorama delle macchia boschiva, incontriamo il piatto di Nino Rossi. Si tratta di un risotto (riserva San Massimo) con estratto di abete bianco e i suoi delicati profumi di florido sottobosco. Qui siamo seduti al tavolo di Qafiz, ma la polvere dei funghi porcini che si posa sopra il riso che ti porta alla mente l’idea del bosco dopo la pioggia, poi è il gusto dell’umami che ti esplode in bocca. 

 

 

I ravioli di Luigi Lepore

Ed è così che nella città di Lamezia Terme incontriamo il sapore di quella tradizionalissima stroncatura, ma presentata in chiave totalmente nuova. Secondo le usanze, una volta in Calabria, al mulino la crusca e la poca farina caduta per terra dopo la lavorazione, non si sprecava, veniva raccolta, per fare della pasta lunga, condita con un po’ di colatura di alici e briciole di pane. Ed è a questa tradizione e ai profumi ancestrali di una Calabria povera e semplice che secondo me ci vuole riportare Luigi Lepore, quando ha pensato di proporre “ricordo di una stroncatura”. Un raviolo dalla sfoglia sottile che una volta in bocca libera il suo ripieno liquido e saporito, di alice, colatura, olio extravergine e briciole di pane.

 

Lo stinco di Caterina Ceraudo

Ed è così che ti trovi nella campagna di Strongoli, nei pressi di Cirò, tra il mare e la Strongoli “di sopra” più nell’entroterra, tra uliveti e filari di vite di Ceraudo. Seduti nel loro antico frantoio in pietra, la poesia qui è raccontata dall’eleganza di una mano femminile, Caterina Ceraudo, con il suo Stinco di vitello al Passito di Magliocco con carote caramellate. Racconta la Calabria, quella della festa, dei ricchi e interminabili pranzi di famiglia, della sua infanzia. Il piatto è anche un omaggio all’arte enologica di quelle cantine  di famiglia e a quel vitigno autoctono, il magliocco. Il timo, l’alloro e la maggiorana che si respirano nel piatto sembrano accompagnati da una brezza quasi marina che soffia alla sera verso terra.

Lunga vita a questi giovani e illuminati chef dell’avanguardia calabrese, che continuino a valorizzare la cultura culinaria di una regione, che di certo, in fatto di fascino non ha eguali.

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