venerdì, 19 Aprile, 2024
Lavoro

Latte sardo: è ora di approfondire!

Le promesse non sono state mantenute, e i pastori hanno fatto sapere di essere pronti a riprendere la protesta. Sono passati circa cinque mesi dalla ribellione degli allevatori sardi contro il crollo del prezzo del latte di capra e di pecora, ma la situazione è rimasta invariata.

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini e il ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio, entrambi leghisti, avevano incontrato nel mese di febbraio, una delegazione di pastori insieme a rappresentanti di consorzi, imprenditori, cooperative e industriali, e avevano garantito che avrebbero trovato una soluzione rapida al problema. 

I pastori chiedevano che il prezzo del latte passasse da 60 centesimi (non sufficiente secondo loro nemmeno a coprire le spese di produzione) a 1 euro al litro. Considerato che le proteste erano state particolarmente aggressive e considerato anche che la questione del latte era diventata centrale anche per le elezioni regionali, era stata avviata una trattativa tra pastori e industriali ed era stato trovato un accordo per il prezzo del latte: 74 centesimi al litro come forma di acconto, con l’impegno di un conguaglio a novembre in base al prezzo di mercato del Pecorino romano Dop. 

Da allora cosa è successo? Niente! 

È accaduto solo che le elezioni regionali sono state vinte da Christian Solinas, di centrodestra e sostenuto dalla Lega, e che gli impegni presi da Salvini e dal ministro Centinaio non hanno avuto seguito.

Mentre la politica per l’ennesima volta non perde l’occasione di smarrirsi nelle promesse elettorali, e mentre la  Confindustria Sardegna chiede al Movimento pastori sardi la condivisione per un impegno alla cooperazione di soluzioni comuni e praticabili, Il latte sardo ovino e caprino prende la via della Cina. 

È noto ormai che i cinesi hanno una tradizione nel consumo di latte di pecora perché lo considerano particolarmente salutare, soprattutto come alimento per l’infanzia.

Infatti, fin dal 2012, con un’expo abbastanza limitato, già Tre milioni e 500mila litri di latte sardo sbarcavano in Cina. Ma alla Fiera di Parigi di quell’anno, i cinesi determinarono un cambiamento nel trend del mercato, riconoscendo l’eccellenza di qualità del ‘vero’ latte sardo, rispetto a quello prodotto dai nostri “cugini europei”. Questo è il motivo da cui nasce l’idea di un progetto avviato e realizzato da Invitalia e dalla società Alimenta (società controllata al 60% da una società di Hong Kong e per il restante 40% dal gruppo sardo Cualbu, attivo nel settore immobiliare) di lavorazione ed esportazione del latte sardo in Cina. Il contratto di sviluppo prevede investimenti per 41 milioni di euro, di cui 12,2 concessi dall’Agenzia per lo sviluppo e 2,1 dalla Regione Sardegna. 

L’agenzia nazionale Invitalia, sostiene che ci saranno ricadute positive sull’intera filiera e sull’indotto, costituito dagli allevatori sardi e dai produttori locali attivi nel settore della trasformazione lattiero-casearia, da cui Alimenta acquista il siero. Entro il 2022 verranno prodotte 10.400 tonnellate di latte in polvere infant (latte ovino, caprino e vaccino) e 3.400 tonnellate di formulati base. I prodotti partiranno e saranno confezionati dallo stabilimento in provincia di Nuoro, e approderanno tutti nel mercato cinese. 

Allora ci chiediamo, perché nonostante le buone notizie, pervade un clima di insoddisfazione generale tra i pastori, che ci inducono a pensare che dobbiamo preparaci a rivedere quelle immagini in cui migliaia di litri di latte venivano riversati sull’asfalto? 

Crediamo, che la causa sia da imputare alla fragilità di una filiera frammentata, che si concretizza in una debolezza contrattuale da parte dei pastori nei confronti degli industriali. Il paradosso, sta nella volontà di voler conferire un prezzo del latte a tavolino e che non sia determinato dal mercato

In questo modo, è vero che si garantirebbe un prezzo minimo ma questo consentirebbe anche un controllo diretto sulle quantità da destinare al consumo interno, precisamente alla produzione del Pecorino romano Dop e, contestualmente, si otterrebbe un appiattimento del prezzo per la produzione industriale dei prodotti derivati, da destinare soprattutto al mercato estero. 

Per avere un’idea, il valore della produzione del Pecorino romano Dop, è di circa di 250 milioni di euro e quello generato nel commercio del formaggio è di 484 milioni di euro, che in Sardegna costituisce la principale voce di esportazione di beni e valori. 

Invece, la crescente domanda cinese di latte in polvere per l’infanzia, ha visto un crescente aumento dalle 123.000 tonnellate del 2014 si è passati alle 303.000 del 2017. Tra l’altro, le stime per il 2018 evidenziano un ulteriore incremento delle importazioni, con oltre 330.000 tonnellate (+9% sul 2017), per un valore di oltre 4 miliardi di dollari. E il trend non sembra arrestarsi: secondo le previsioni il mercato cinese del latte in polvere varrà 5 miliardi di dollari nel 2023, con una crescita di circa il 25% rispetto al 2018. 

Purtroppo, la protesta degli allevatori dimostra come la filiera del latte ovicaprino risulta essere afflitta da una strategia miope, che ha alimentato e alimenterà le speculazioni private sotto l’indifferenza della politica. 

È ora di approfondire il tema affinché i Consumatori, i veri padroni del mercato, possano aprire gli occhi e fare la loro parte per contribuire al bene comune.

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