Dal dopoguerra ad oggi la Germania ha visto avvicendarsi nel ruolo di capo del governo, Cancelliere, solo 8 leader (Adenauer, Erhard, Kiesinger, Brandt, Scheel, Schmidt, Kohl, Schröder, Merkel).
Nella Francia, repubblica semipresidenziale forte, con il capo dello Stato che è di fatto anche il capo dell’Esecutivo, gli inquilini dell’Eliseo sono stati solo 10 (Auriol, Coty, De Gaulle, Pompidou, Giscard d’Estaing, Mitterrand, Chirac, Sarkozy, Hollande, Macron).
Il Regno Unito al numero 10 di Downing street ha visto entrare 15 Primi Ministri. A Palazzo Chigi… i Presidenti del Consiglio che si sono alternati sono stati 29 e hanno guidato la bellezza di 66 governi.
Questi numeri la dicono lunga sulla scarsa governabilità dell’Italia, dovuta sia alla elevata instabilità delle maggioranze sia alla carenza di leader che riescano a dare impronte durevoli alla gestione della cosa pubblica.
Dal 1980 ad oggi, in 40 anni, i Cancellieri della Germania sono stati solo 4. In Italia dal 1980 ad oggi i Presidenti del Consiglio sono stati 15.
Che significa tutto questo?
Che il nostro sistema istituzionale è strutturalmente traballante, non produce stabilità e non consente l’emergere di leader che abbiano il tempo sufficiente per imprimere un indirizzo al governo del Paese.
È vero che abbiamo avuto Presidenti del Consiglio che hanno guidato più governi (De Gasperi 8, Andreotti 7, Fanfani 6, Rumor 5, Moro e Berlusconi 4). Ma si è sempre tratto di governi di corto respiro, alcuni “balneari”, altri “elettorali”. Gli 8 governi De Gasperi sono durati in tutto solo 7 anni. Kohl è stato Cancelliere per 16 anni.
Nei tanti dibattiti che da decenni si fanno su riforme istituzionali puntualmente abortite, quella della stabilità dei governi e della emersione di leader durevoli viene sempre trascurato.
C’è il riflesso condizionato causato dalla paura che si ripeta qualche ventennio di triste memoria. Ma la nostra è una democrazia non una dittatura.
Si teme che gli italiani possano affezionarsi troppo a leader che dimostrano di avere carisma e quindi vengono azzoppate personalità forti prima che possano consolidare la loro capacità di governo.
Insomma il mix tra regole istituzionali e prassi politiche dei partiti tende a distruggere governi e leader e a lasciare il Paese nella paradossale situazione di un cambiamento continuo di maggioranze, formule politiche e Presidenti del Consiglio senza che nulla cambi davvero e senza che si realizzino quelle riforme strutturali che richiedono una linea coerente per un congruo numero di anni.
Un Paese democratico e pluralista, che non riesce ad esprimere leader “durevoli” è un Paese condannato alla fragilità, al ritardo continuo con cui affronta i problemi. Tutta questo ha dei costi elevatissimi, perché ogni Presidente del Consiglio, sapendo di poter durare poco si comporta come certi amministratori delegati che guardano ai risultati a breve termine e non al vero futuro dell’azienda.
L’Italia ha bisogno di stabilità e di leader capaci di avere una visione di medio/lungo termine dei problemi. Ci pensino i partiti, tutti, vecchi e nuovi. Ed evitino improvvisazioni.
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