domenica, 19 Maggio, 2024
Esteri

Hamas accetta il cessate il fuoco. Israele: proposta non concordata, risponderemo

Tel Aviv ha iniziato a spostare i civili e a mobilitare l’esercito su Rafah

All’annuncio dell’avvio dell’operazione militare di terra di Israele, Hamas ha comunicato di aver accettato l’accordo di cessate il fuoco proposto dai mediatori egiziani e qatarioti. Ismail Haniyeh, leader di Hamas, ha chiamato il primo ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani, e il capo dell’intelligence egiziana, Abbas Kamel, per informarli dell’approvazione. Ora, dice Hamas, “la palla è nel campo di Israele”. Che ha subito risposto: “la proposta accettata non è quella concordata.” Il ministro dell’Economia israeliano, Nir Barkat, in Italia per un incontro con l’omologo Giancarlo Giorgetti, ha dichiarato: “è il solito trucco” e ha spiegato che si tratterebbe di una “forzatura egiziana.” Israele darà “una risposta ufficiale” dopo aver valutato la nuova situazione.

Hamas, fino a ieri mattina, aveva respinto le condizioni che anche i negoziatori (Stati Uniti, Egitto e Qatar) ritenevano soddisfacenti, ma i mediatori, dal Cairo si erano spostati a Riad, per valutare il da farsi anche con altri rappresentanti dei paesi arabi. Anche il direttore della Cia, William Burns, era volato a Riad per poi, ieri pomeriggio, incontrare, a Tel Aviv, il premier Netanyahu. Infine la “risposta finale” di Hamas, annunciata dagli egiziani in mattinata, è arrivata verso sera. Ma, per Israele, “è una risposta unilaterale” dovuta “alla forzatura dei parametri” fatta proprio dai mediatori egiziani. Ma dal Ministero degli Esteri egiziano, a tarda sera, è arrivata un’esortazione a Israele “a non entrare a Rafah” perché l’offensiva metterebbe a rischio “più di un milione di palestinesi” che, tra l’altro, potrebbero cercare di fuggire proprio verso l’Egitto.

Telefonata Biden Netanyahu

Ieri anche il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden è intervenuto, parlando al telefono con il Netanyahu. Premier che aveva annunciato il via libera all’operazione militare votato all’unanimità dal Gabinetto di guerra durante l’ultima riunione di domenica scorsa. Biden ha ribadito la forte contrarietà della sua Amministrazione all’offensiva militare su Rafah, ma ha anche riaffermato l’impegno, in occasione dello Yom HaShoah – Giorno della Memoria dell’Olocausto – “a ricordare i sei milioni di ebrei che furono sistematicamente presi di mira e assassinati durante l’Olocausto, uno dei capitoli più oscuri della storia umana, e ad agire con forza contro l’antisemitismo e tutte le forme di violenza alimentate dall’odio.”

Sfollati verso aree protette

Ieri, intanto, l’esercito israeliano, aveva reso noto che l’evacuazione era “temporanea”, di “portata limitata” e che al massimo poteva coinvolgere “circa 100mila persone” che si trovano nella parte est di Rafah. Sono stati distribuiti volantini, che però parlano di “una forte azione militare.” La Mezzaluna rossa conferma che migliaia di abitanti hanno cominciato a spostarsi. Fino al tardo pomeriggio, comunque, era stato anche comunicato che “tutto era reversibile” nel caso si dovesse giungere a un accordo. E l’accordo è arrivato. Almeno l’annuncio. Lo sfollamento dell’area, comunque, secondo le spiegazioni dei militari prevede un massiccio intervento di “aiuti umanitari” soprattutto ad Al-Mawasi e comprende “ospedali da campo, tende e maggiori quantità di cibo, acqua, farmaci e forniture aggiuntive”.

A rischio migliaia di bambini

L’Unicef, e tutte le organizzazioni umanitarie, aveva avvertito del pericolo di un’operazione militare in un’area già fortemente degradata e densamente abitata. Si è parlato di “rischi catastrofici” per i 600.000 bambini che attualmente si rifugiano nell’enclave. Per Unicef, a Rafah circa 65.000 bambini hanno una disabilità preesistente, circa 78.000 bambini hanno meno di 2 anni, almeno 8.000 bambini sotto i 2 anni soffrono di malnutrizione acuta e circa 175.000 bambini sotto i 5 anni – ovvero 9 su 10 – sono colpiti da una o più malattie infettive. Oxfam Italia spiega anche che “ogni risposta umanitaria è pressoché impossibile dato che Israele sta bloccando l’ingresso di qualsiasi aiuto attraverso i valichi di Rafah e Kerem Shalom.”

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