Antony Blinken, il Segretario di Stato Usa, è in Israele dove questa mattina incontra il Presidente Isaac Herzog e poi le famiglie dei rapiti da Hamas. Avrà un colloquio anche con il premier Netanyahu quindi visiterà, per la prima volta, il valico di Kerem Shalom, da dove entrano i camion di aiuti per Gaza. Blinken vedrà poi al porto di Ashdod, nodo di arrivo degli aiuti, il responsabile della sicurezza nazionale di israele Tzachi Hanegbi. In previsione anche un incontro, in serata, con il ministro del gabinetto di guerra Benny Gantz. Una visita importante, sul campo, per spingere a favore di un accordo che, lo stesso Blinken, aveva messo alla decisione di Hamas di accettare la proposta della liberazione di 33 ostaggi in cambio di una tregua di 40 giorni. Ma ci sarebbero altre proposte più articolate che prevedono il rilascio degli ostaggi in più fasi. Anche il Presidente Biden ha esortato Egitto e Qatar a “esercitare tutti gli sforzi per assicurare il rilascio degli ostaggi tenuti da Hamas, dal momento che questo è ora l’unico ostaggio ad un cessate il fuoco immediato ed al sollievo della popolazione palestinese”.
Miliziani: è colpa di Netanyahu
Il premier israeliano, però, spinge per non concedere troppo ad Hamas e ieri ha dichiarato: “aspetteremo le risposte mercoledì sera e poi decideremo”. Dove “decideremo” significa la ripresa dell’azione militare con l’attacco alla città di Rafah al sud della Striscia. La presenza di Blinken è anche utile a non far precipitare la situazione. Netanyahu, infatti, ha aggiunto: “l’idea di porre fine alla guerra prima di raggiungere tutti i nostri obiettivi è inaccettabile. Noi entreremo a Rafah e annienteremo tutti i battaglioni di Hamas presenti lì, con o senza un accordo, per ottenere la vittoria totale“. Fonti diplomatiche francesi hanno detto che nei negoziati si è almeno trovato un punto d’incontro tra le parti sul numero di ostaggi rilasciati in cambio dei palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, ma che permangono ostacoli sulla natura a lungo termine della tregua. Sulla vicenda sono intervenute le Brigate Ezzedin Al-Qassam, l’ala militare di Hamas, secondo le quali gli interessi politici personali del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sono la ragione per cui gli ostaggi israeliani rimangono nella Striscia di Gaza. “I vostri figli sono prigionieri a causa degli interessi politici di Netanyahu”, hanno scritto in un messaggio social.
Aja, in attesa della decisione
Netanyahu è intervenuto anche sul ventilato mandato di cattura che la Corte dell’Aja starebbe per emettere a suo carico: “La Corte Penale Internazionale dell’Aia – sostiene il premier israeliano – non ha alcuna autorità sullo Stato di Israele”. “La possibilità che emetta mandati di arresto per crimini di guerra contro comandanti dell’Idf e leader di Stato, è uno scandalo su scala storica”. “Sarà la prima volta che un paese democratico, che lotta per la propria vita secondo tutte le regole del diritto internazionale, verrà accusato di crimini di guerra. Se dovesse accadere, sarebbe una macchia indelebile per tutta l’umanità. Un crimine d’odio antisemita, che aggiungerebbe benzina all’antisemitismo”. La Corte, tra l’altro, ha respinto la richiesta del Nicaragua di ordinare alla Germania di sospendere gli aiuti militari e di altro tipo a Israele affermando che le condizioni legali per emettere un simile ordine non erano soddisfatte.
Proteste nelle università
Decine di manifestanti filopalestinesi hanno fatto breccia in un edificio amministrativo della Columbia University, barricando gli ingressi e sventolando una bandiera palestinese fuori da una finestra nel campus di Manhattan. Gli studenti hanno usato mobili per barricare la Hamilton Hall dell’università, che fu occupata durante una protesta per i diritti civili e contro la guerra del Vietnam nel 1968 Lunedì l’amministrazione dell’università aveva ordinato lo sgombero degli studenti dall’accampamento di tende sul prato, ma scaduto l’ultimatum senza esito gli studenti che anno continuato ad occupare sono stati sospesi e hanno ricevuto misure disciplinari. Anche in altre università continuano le proteste e solo negli Stati Uniti si avvicina al migliaio il numero degli arrestati.