domenica, 5 Maggio, 2024
Esteri

Israele: nel sud della Striscia solo una brigata. Proteste anti-Netanyahu: “Elezioni subito”

"Food for Gaza". Incontro a Roma Tajani-Katz. Premier israeliano: l'Iran dietro l'assalto del 7 ottobre

Al sesto mese esatto dall’attacco in risposta all’assalto dei terroristi di Hamas finisce l’occupazione militare del sud della Striscia di Gaza da parte di Israele. L’Idf sta ritirando le truppe combattenti di terra e rimane soltanto il presidio della Brigata Nahal con il compito di mantenere la zona in sicurezza. Verrà controllato il cosiddetto “Corridoio Netzarim” che attraversa la Striscia, lungo la costa dal confine nord, nei pressi del kibbutz Beeri, fino al sud. Onore al governo Netanyahu che ha saputo rinunciare all’offensiva generale su Rafah, grazie anche alla forte pressione degli Stati Uniti, anche se Netanyahu nega la correlazione, ma non ha mancato di sottolineare che “questa guerra ha rivelato al mondo ciò che Israele ha sempre saputo: l’Iran sta dietro all’attacco contro di noi attraverso i suoi delegati: Hamas, Hezbollah, gli Houthi, le milizie in Iraq e Siria”. E ora, infatti, si attende la rappresaglia degli ayatollah che chiedono “vendetta” dopo l’attacco di Israele al consolato di Damasco. L’Unicef ha reso noto che degli oltre 30.000 morti, finora,13.000 sono bambini. Quasi due milioni i palestinesi della Striscia di Gaza sono sfollati e in condizioni catastrofiche. Il ministero degli Esteri italiano, Antonio Tajani, che ha presieduto alla Farnesina la riunione di “Food for Gaza”, alla quale ha partecipato anche l’omologo israeliano, Israel Katz, ha detto: “mi auguro che si possa trovare una soluzione positiva per aiutare la popolazione civile palestinese. Certamente la liberazione degli ostaggi contemporanea alla decisione di non attaccare Rafah è una soluzione che può rappresentare un passo importante verso la pace. Noi siamo la lavorando per quello”.

Ritiro per attacchi mirati

Il ritiro delle truppe di terra da Gaza sud è un concreto passo avanti che potrebbe essere il preludio di trattative meno inconcludenti di quelle svolte finora. Fonti militari hanno però riferito che il ritiro è, invece, il preludio di raid mirati. Deciderà il Gabinetto di guerra israeliano cosa fare nei prossimi giorni. Secondo l’Idf, la partenza da Khan Yunis “consentirà ulteriori opportunità operative e di intelligence”. Secondo la Casa Bianca, il ritiro parziale servirebbe anche a far riposare le truppe “sul terreno da quattro mesi” e non è necessariamente indicativo di nuove operazioni. Lo ha detto il portavoce del consiglio alla sicurezza nazionale John Kirby, mettendo in evidenza che è difficile al momento dire cosa il ritiro significa esattamente. Gli sfollati, intanto, cominciano a ritornare nei luoghi di origine.

Riprendono le trattative

Quanto alle trattative per una tregua fonti egiziane parlano di un possibile cessate il fuoco temporaneo a Gaza per la festa imminente di Eid al-Fitr che, domani, chiude il Ramadan. La festa dura tre giorni e comincia domani sera. Netanyahu ha invece affermato che “non ci sarà cessate il fuoco senza il ritorno degli ostaggi, l’ho detto chiaramente alla comunità internazionale e accolgo con favore il fatto che l’amministrazione Biden abbia chiarito l’altro giorno che questa è anche la sua posizione”. Il primo ministro risponde così anche alle proteste contro il suo governo; migliaia di persone sono scese in piazza chiedendone le dimissioni. “In queste ore una minoranza estrema e violenta sta cercando di trascinare il Paese nella divisione”, ha detto aggiungendo: “non c’è niente che i nostri nemici desiderino di più. Vorrebbero che la divisione interna e l’odio gratuito ci fermassero poco prima della vittoria”. “Israele è pronto per un accordo, ma Israele non è pronto ad arrendersi”, ha continuato il premier, “invece di dirigere la pressione internazionale contro Israele, cosa che porta solo Hamas a irrigidire le sue posizioni, la pressione della comunità internazionale dovrebbe essere diretta contro Hamas. Ciò favorirà il rilascio dei rapiti”. Il Gabinetto di guerra, comunque, ieri sera, ha conferito “un mandato significativo” alla squadra negoziale israeliana tornata al Cairo.

La rappresaglia dell’Iran

Quanto alla rappresaglia attesa dall’Iran, dopo l’attacco israeliano a Damasco, Netanyahu ha detto che “Israele è pronto, in difesa e in attacco, a qualsiasi tentativo di colpirci, da qualsiasi luogo”, “siamo a un passo dalla vittoria”. Il capo di Stato Maggiore delle forze armate iraniane Mohammad Bagheri, in questi giorni, ha più volte annunciato “vendetta” e ieri Seyyed Yahya Safavi, consigliere della Guida Suprema dell’Iran, Ali Khamenei ha anche aggiunto che “nessuna delle ambasciate del regime sionista è più al sicuro”, facendo intendere possibili obiettivi. Infatti Israele ha chiuso da giorni decine di ambasciate, tra le quali anche quella di Roma. Mentre l’intelligence americana avvalora la probabilità di un attacco “entro la fine del Ramadan“, che termina domani. Nel caso di un attacco diretto allo stato di Israele, infatti, si tratterebbe di una vera e propria dichiarazione di guerra e dunque un’escalation che le diplomazie, anche arabe, stanno cercando di evitare.

Oggi famiglie ostaggi a Roma

Infine, oggi, i familiari di alcuni ostaggi israeliani da sei mesi nelle mani di Hamas a Gaza terranno una conferenza stampa a Roma. Lo ha reso noto l’Ambasciata di Israele in Italia. Nella delegazione, accompagnata dal ministro degli Esteri Israel Katz, ci sono anche i parenti dei due bambini ancora nella Striscia, Kfir (il più piccolo tra gli ostaggi, ha compiuto un anno in prigionia), il fratellino di 4 anni Ariel, la madre Shiri e il padre Yarden.

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