Notizia negativa: l’inflazione risale (comunque leggermente) a marzo. Notizia positiva: frena il carrello della spesa. È quanto si evince dalle stime preliminari diffuse ieri dall’Istat che rivelano che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al netto dei tabacchi, è aumentato dello 0,1% su base mensile e dell’1,3% su base annua, segnando un incremento rispetto al +0,8% di febbraio. L’inflazione di fondo, escludendo gli energetici e gli alimentari freschi, accelera dal +2,3% al +2,4%, mentre quella al netto dei soli beni energetici decelera leggermente dal +2,6% al +2,5%. L’Istituto di statistica ha spiegato che questa lieve accelerazione va attribuita all’attenuarsi della flessione dei prezzi dei beni energetici. Nel complesso, l’inflazione acquisita per il 2024 si attesta al +0,6% per l’indice generale e al +1,3% per la componente di fondo.
Carrello della spesa
Una delle principali note dell’Istat riguarda il rallentamento dei prezzi del cosiddetto ‘carrello della spesa’ nel mese di marzo, con un aumento del 3,0% su base annua rispetto al 3,7% registrato a febbraio. Il calo interessa principalmente i prezzi dei beni alimentari, della cura della casa e della persona, nonché dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto.
Ma c’è da segnalare che i prezzi nell’ambito dei trasporti registrano un aumento congiunturale significativo dell’indice generale, riflettendo principalmente la crescita dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (+1,4%), dei beni alimentari lavorati e dei beni energetici regolamentati (+0,7% entrambi), e dei beni non durevoli (+0,4%). Comunque questi rincari sono stati in parte compensati dalla diminuzione dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (-1,9%) e dei beni alimentari non lavorati (-0,7%).
In particolare, l’andamento dei prezzi dei beni è influenzato soprattutto dai prezzi dei beni energetici, che nonostante il calo registrato a marzo, mostrano un profilo tendenziale in ripresa, passando dal -17,3% di febbraio al -10,8%.
I commenti
I dati di marzo comunicati ieri dall’Istat, secondo la Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa, confermano che in Italia e nell’area euro la principale minaccia non è la dinamica dell’Inflazione, ma la stagnazione economica: “Il livello dei tassi di interesse dopo nove rialzi consecutivi indica una politica monetaria particolarmente restrittiva. È quanto mai urgente che la Bce avvii un percorso di discesa dei tassi rapido e robusto e che il sistema bancario italiano si adegui in perfetta sintonia e allenti le condizioni per l’erogazione del credito a imprese e famiglie”, si legge nella nota della Cna. Federdistribuzione ha invece fatto sapere che all’interno di uno scenario economico complesso e incerto, continuerà “a sostenere con azioni concrete il potere d’acquisto delle famiglie, con ricadute positive per la tenuta delle numerose filiere del Made in Italy”.
Per Confesercenti il rientro dell’inflazione si conferma più lungo del previsto e preoccupa, in prospettiva, il ritorno delle tensioni sugli energetici dato che lo studio dell’Istat “mostra infatti il riaffacciarsi della problematica legata ai prezzi delle materie prime energetiche, in parte già prevista, considerando la situazione di crisi in diverse aree geografiche ampiamente legate al petrolio, innanzitutto, ma in grado di condizionare tutto l’insieme dei trasporti a livello internazionale, in particolare quelli che usano il Mediterraneo.