sabato, 27 Luglio, 2024
Esteri

Disinnescare i rischi di escalation. Torni la diplomazia della pace

L'impegno del Governo alla guida del G7 per arginare i conflitti

C’è un intensificarsi di linguaggi di guerra che preoccupa per i toni usati, per i protagonisti in campo, per come tutto scivoli verso la normalità, mentre non lo è. Essere arrivati a sciogliere ogni tabù sull’uso dell’atomica, di test e lanci di missili intercontinentali, ad evocare uno scontro bellico diretto tra Nato e Russia, è già segno di un minaccioso cambiamento. Una svolta che introduce le nostre vite verso problemi e preoccupazioni inaspettate.

I mutamenti imprevedibili

Dobbiamo fare i conti su come molte rassicuranti aspettative sono cambiate nel giro di pochi anni. Mutamenti sui quali poco si è riflettuto, eppure a ben guardare sono questi cambiamenti ad aver innescato tensioni e scenari impensabili. Possiamo riportarli a mente: l’Italia e l’Europa sicuri di avere a loro protezione l’ombrello atomico degli Stati Uniti, – una difesa che in caso di un cambio di inquilino e di potere alla Casa Bianca non sarà più assicurata -; il flusso di petrolio e di gas Russo che sembrava un approvvigionamento certo, conveniente e duraturo, non c’è più; mentre la Cina che per l’Italia e l’Europa appariva un grande mercato di “sbocco”, ha invertito la rotta e siamo noi adesso un mercato, con i timori di essere invasi da tecnologie e manufatti che metterebbero alle corde i nostri prodotti.

La politica colta di sorpresa

Il mondo in pochissimo tempo è quindi cambiato. Tutto è accaduto sotto i nostri occhi e dobbiamo pure registrare che su questi temi la politica europea è stata colta di sorpresa. Se le controversie e le logiche dei mercati e dell’economia anticipano le tensioni tra Stati, allora possiamo dire che abbiamo sottovalutato i segni premonitori. Solo la voce del Papa, di alcune associazioni Cattoliche o legate alle marce della pace di Assisi, hanno a loro modo sottolineato come a subirne gli effetti saranno infine le popolazioni inermi.

Meloni e le scelte giuste

Oggi il presidente del Consiglio Giorgia Meloni tornerà in Italia dopo i suoi incontri con il presidente USA Joe Biden e del presidente del Canada Justin Trudeau. Il premier mostra di credere e di lavorare in modo tenace per una Italia protagonista in politica estera. La presidenza del G7 all’Italia con la prima riunione tenuta a Kiev, con il ribadire il convinto sostegno all’Ucraina, sono una conferma. Sappiamo, inoltre, che l’Italia, nella guerra in Medio Oriente in sintonia con l’America e l’Europa ribadisce il progetto di due popoli e due Stati, ed è ancora un modo autorevole di far sentire la nostra presenza.

Il ruolo nel Mediterraneo

In questi due scenari di guerra, Medio Oriente e Ucraina, l’Italia non è solo una nazione europea, ma è soprattutto una penisola che ha un ruolo storico e strategico nel Mediterraneo. Siamo la sponda Ovest dei conflitti, e siamo passati ad essere in seconda fila rispetto alla nuova linea di impegno strategico della Nato che si è sviluppata ad Est lungo la Polonia, i Paesi Baltici e verso il Nord con l’adesione alla Nato della Svezia. Se le nostre azioni di Paese Mediterraneo erano prima prudenti, oggi lo devono essere ancora di più.

La diplomazia non arretri

L’Italia può fare, per questo suo ruolo, molto per spingere i contendenti ad aprire spiragli di negoziati. Senza cedere ai soprusi, alle arroganze alle intimidazioni. Sappiamo bene chi ha invaso l’Ucraina, calpestando una sovranità nazionale. Così come sappiamo che Israele abbia subito una orribile aggressione il 7 ottobre. Sono misfatti che vanno rifiutati e puniti. Nel contempo gettare le basi per porre fine alle aggressioni, alle distruzioni e ai morti, è una necessità per tutti. Il gioco come sempre accaduto quando a parlare sono solo le armi, diventa una catastrofe. È necessario che sul campo torni la diplomazia. Ogni sforzo va fatto prima che sia tardi.

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