martedì, 30 Aprile, 2024
Le Storie

Serve una nuova didattica per valorizzare studenti e libero pensiero

Il piccolo mondo sui banchi di scuola. Tra attese e frustrazioni

Passiamo all’incirca tra i 13 e i 18 anni (per chi sceglie di intraprendere un percorso universitario) sui banchi di scuola.

La nostra vita gira intorno a quel piccolo mondo per anni.

Ma perché questo piccolo mondo non permette di esprimere la nostra vera essenza?

Ci barcameniamo per anni tra bullismo, professori incompetenti, libri di testo datati, verifiche e interrogazioni, pile e pile di compiti a casa che non permettono il minimo riposo.

Abbiamo un sistema scolastico datato e che non permette al singolo di sviluppare un proprio pensiero critico, una passione, un carattere diverso e fuori dagli schemi.

Ci vengono imposti determinati schemi da rispettare e chiunque non ne faccia parte viene considerato un folle, una persona che non può stare nella società e viene isolato dal resto della classe.

Invece di far sviluppare il singolo nella sua unicità si cerca di reprimerlo.

Se uno studente non è portato, ad esempio, per le materie scientifiche non si cerca di farlo spiccare nelle materie in cui invece è più portato ma invece ci si fissa nello schema per cui quello studente è stupido.

“Se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido”

Bisogna dare modo a ogni studente di esprimersi a pieno senza reprimerlo in schemi precostituiti che non gli permetteranno mai di sviluppare a pieno le proprie capacità.

Ogni studente ha la possibilità di fare qualcosa di grande se qualcuno gli da i giusti strumenti e la spinta per farlo.

I professori non sono in grado di vedere al di là del semplice voto.

Nessuno capisce che un 6 ad una verifica non significa che quello studente sia svogliato o che sia stupido.

Se invece di concentrarsi sul voto ci si concentrasse sull’apprendere?

Se invece di mettere ansia agli studenti si spronasse a provare gioia nell’apprendere?

Come sarebbe un sistema scolastico il cui unico scopo è quello di imparare senza pressione, con i propri tempi, le proprie modalità?

L’ansia e la pressione che uno studente deve affrontare dalla giovane età sono tutto fuorché produttive e la cui finalità è solo quella di togliersi di mezzo quella maledetta verifica o quel maledetto esame, senza pensare a ciò che in realtà uno sta studiando.

La mia esperienza di studentessa universitaria mi ha insegnato che gli esami in cui i professori erano più tranquilli, facevano lezioni interattive, non facevano terrorismo psicologico e lasciavano libero spazio agli studenti per intervenire durante la lezione, sono stati gli esami di cui ricordo di più il contenuto e di cui porterò per anni un bellissimo ricordo.

Gli esami in cui invece professori incompetenti con chiari problemi di frustrazione mettevano solo pressione e ansia agli studenti e facevano terrorismo psicologico degno di agenti dei servizi segreti, sono gli esami il cui contenuto il mio cervello ha completamente rimosso.

Essere bravi professori -sia liceali che universitari- significa essere in grado di bilanciare la serietà che giustamente quel ruolo ricopre con la voglia di sperimentare nuovi modi per permettere ad ogni studente di apprendere (perché gli studenti sono persone e ogni persona è diversa no? quindi non tutti apprendono allo stesso modo).

Essere ottimi insegnanti significa far appassionare, far sognare, far brillare gli occhi anche allo studente più distratto.

La rabbia, la frustrazione, la mentalità chiusa e gli schemi bisogna lasciarli fuori dalla scuola.

Il pedagogista e filosofo John Dewey ha teorizzato il learning by doing ovvero l’approccio che stimola l’apprendimento attraverso il fare, tramite l’istituzione della scuola-laboratorio: secondo Dewey, gli studenti apprendono con maggiore efficacia quando hanno l’occasione di sperimentare e di essere protagonisti attivi.
Perché non mettere in atto qualcosa di simile?
Perché non rendere gli studenti italiani protagonisti attivi e non spettatori passivi?
Perché non liberare gli studenti da queste catene ormai arrugginite?

Viva gli spazi di pensiero libero.
Viva la propria opinione.
Viva il sorprendersi nell’imparare cose nuove.
Viva la pura curiosità.
Viva il fare domande e viva i dibattiti.

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