sabato, 27 Aprile, 2024
Esteri

Palestinesi contro Hamas: “Pescecani di guerra”

La Premier: disaccordo con Netanyahu. Sunak: nessuna coscrizione in tempo di pace

Ieri più di Israele e Hams hanno parlato i premier di altri Paesi e le cancellerie internazionali: tutti stanno svolgendo un lavoro immane di mediazione. La Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a Montecitorio, ha dichiarato che l’Italia ha sempre dichiarato che “il popolo palestinese ha diritto a uno Stato indipendente, sicuro ed economicamente prospero: è una posizione che questo governo ha ribadito banalmente perché è una soluzione giusta, necessaria e nell’interesse dei palestinesi ma, a nostro avviso, anche nell’interesse di Israele. È la ragione per la quale posso dire che non condivido la posizione recentemente espressa dal primo ministro israeliano sulla materia.” In Gran Bretagna Downing Street è dovuto intervenire per smentire quanto ha detto il capo di Stato maggiore, generale Patrick Sanders, che ventilava un’ipotesi di coscrizione di massa in tempo di pace. Mentre il ministro degli Esteri russo, Lavrov, a sua volta ha affermato all’Onu che “Gaza non sarà più abitabile dopo la fine del conflitto” e il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha confermato che invierà un suo consigliere speciale per cercare di trovare un accordo per una tregua.

Due popoli, due Stati

Il ministro degli Esteri inglese, David Cameron, che ieri ha iniziato il suo viaggio in Medio Oriente; prima in Qatar, poi in Turchia, incontrerà anche il premier israeliano Netanyahu. Nei prossimi giorni avrà un colloquio con il presidente dell’Autorità Palestinese, Abu Mazen, per ribadire il sostegno del Regno Unito alla soluzione dei due stati “in modo che israeliani e palestinesi possano vivere fianco a fianco in pace.” Ma un certo trambusto viene da Londra, dopo che il capo di Stato maggiore, generale Sanders, ha parlato della necessità di una “mobilitazione della nazione” nell’ipotesi di uno scontro diretto con la Russia. Tutto smentito dal Governo che si è affrettato a rassicurare: “l’esercito britannico ha una orgogliosa tradizione di forza volontaria. Non ci sono piani per cambiare la situazione”, ha messo per iscritto l’ufficio del primo ministro. Invece il premier Rishi Sunak ha precisato di volere un cessate il fuoco umanitario immediato e sostenibile a Gaza, per far entrare più aiuti e far uscire gli ostaggi israeliani.

Tajani a Beirut

Sulla necessità di percorrere la soluzione dei “due popoli, due Stati” è intervenuta, in modo più chiaro e diretto, Giorgia Meloni che al Question Time alla Camera ha detto: “spero che si convenga sul fatto che il riconoscimento non può essere richiesto unilateralmente” e “che la precondizione per qualsiasi ipotesi di trattativa in questa direzione è il riconoscimento da parte degli interlocutori di Israele, del diritto all’esistenza dello stato ebraico e del diritto per i suoi cittadini a vivere in pace e in sicurezza.” Mentre il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, in visita a Tel Aviv e a Beirut, ribadiva che l’Italia è disponibile a inviare forse militari di pace, nell’eventualità che, dopo la fine del conflitto nella Striscia di Gaza, sia prevista una presenza delle Nazioni Unite, nel quadro di un comando arabo. “Sosteniamo con grande impegno la proposta di allargare la distanza tra Hezbollah e Israele, sosteniamo la proposta statunitense di allontanare il confine di circa 7-8 chilometri per evitare qualsiasi tensione”, ha spiegato Tajani, parlando con i giornalisti, a Beirut, della Linea Blu, la zona di interposizione tra i due Paesi in cui è impegnata la missione Unifil, anche con un contingente italiano.

Lavrov: la Striscia è inabitabile

Intanto i negoziatori non si arrendono: la Casa Bianca conferma che l’inviato americano per il Medio Oriente Brett McGurk è in visita nella regione per parlare di un possibile accordo per il rilascio delle ostaggi nelle mani di Hamas in cambio di una pausa dei combattimenti a Gaza. Mentre è pessimista il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, che intervenendo al Consiglio di sicurezza dell’Onu ha affermato che “Gaza non sarà più abitabile dopo la fine del conflitto”. Lavrov ha sottolineato come tutte le infrastrutture siano state distrutte e le risorse idriche siano irrimediabilmente inquinate a causa dell’uso di sostanze chimiche usate durante l’operazione militare. Lavrov ha inoltre accusato gli Stati Uniti di aver impedito al Consiglio di sicurezza di imporre il cessate il fuoco a Gaza, e avvertito che è sempre più a rischio la stabilità in tutto il Medio Oriente. Lavrov ha anche detto che “non c’è altra possibilità che avere uno Stato palestinese con capitale Gerusalemme Est, che potrebbe coesistere in sciurezza e pacificamente con Israele.”

“Pescecani di guerra”

Nuove manifestazioni in Israele, ma anche nella Striscia. In Israele per chiedere il rilascio degli ostaggi: gruppi di donne hanno bloccato incroci e strade in tutto il Paese. La leader del partito laburista, Merav Michaeli, si è unita alla protesta affermando: “ci vorrà molto tempo per abbattere la base terroristica di Hamas che Netanyahu ha permesso loro di costruire. I nostri ostaggi non hanno questo tempo. Dobbiamo dare loro priorità, dobbiamo fermare i combattimenti.” Mentre a sud della Striscia di Gaza; manifestazioni a Rafah e vicino Khan Yunis. I dimostranti hanno invocato l’abbattimento del regime di Hamas e hanno denunciato che i suoi membri si comportano come “pescecani di guerra” in quanto si appropriano di aiuti umanitari per rivenderli poi a prezzi maggiorati alla popolazione.

Netanyahu: noi guardiani dell’Occidente

Ieri per il 75.mo anniversario della sua fondazione della Knesset, il premier Benjamin Netanyahu ha detto, tra l’altro, che “questa è una guerra per la casa. Si concluderà solo dopo che avremo respinto l’aggressione e la malvagità dei nuovi nazisti.” “Rafforzeremo la posizione di Israele come guardiano dell’Occidente nel Medio Oriente. Ho detto ai leader del mondo: se Israele, Dio non voglia, uscisse sconfitto, voi sarete i prossimi della lista. Il pericolo di arriverà quasi certamente prima che voi pensiate. Israele – ha concluso – non si arrenderà mai al terrorismo guidato dall’Iran.”

Usa: Cina parli a Iran

Infine il fronte del mar Rosso. Due navi cargo battenti bandiera statunitense che trasportavano materiali per il dipartimento della Difesa e il dipartimento di Stato sono state attaccate al largo delle coste dello Yemen. In mattinata gli Stati Uniti, senza la Gran Bretagna, come ha precisato il governo inglese, erano ancora intervenuti per contenere la pirateria degli Houthi e “condotto attacchi contro due missili antinave puntati verso il Mar Rosso meridionale pronti per essere lanciati.” Il governo Usa ha nuovamente chiesto alla Cina di sollecitare Teheran a tenere a freno i ribelli. La questione è stata ripetutamente sollevata negli ultimi tre mesi con alti funzionari cinesi ai quali è stato chiesto di trasmettere un avvertimento all’Iran perché non alimenti le tensioni in Medio Oriente.

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