martedì, 30 Aprile, 2024
Economia

Pressione fiscale al top, il 48.4% sui contribuenti fedeli. Il peso dell’economia “non osservata”

Rapporto Cgia: leggera flessione nel 2023. Calcoli del Mef sugli autonomi inattendibili

Nel 2023 la pressione fiscale in Italia è stata del 47,4%. È la cifra calcolata dall’Ufficio studi della CGIA, che differisce di 4,9 punti in più rispetto a quella del Ministero dell’Economia e delle Finanze (42,5 %), che adotta le disposizioni metodologiche previste dall’Eurostat. La differenza va ricondotta al fatto, che come negli altri Paesi europei, il Mef, nel calcolare la pressione fiscale sulla base della incidenza delle entrate fiscali rispetto al Pil, in quest’ultimo fa rientrare anche gli effetti dell’economia sommersa, che, come è noto, in realtà non apporta gettito alle casse dello Stato.

L’economia non “osservata”

Chi, infatti, esercita una attività illegale o irregolare non paga né tasse né contributi previdenziali, ma incide comunque sul calcolo del Pil che si ottiene sommando il valore di tutti i prodotti e servizi realizzati all’interno di uno Stato.  Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2021 il valore aggiunto dell’economia non osservata si è attestata a 192 miliardi di euro (pari all’11,7 % del valore aggiunto nazionale), di cui 173,8 miliardi o attribuibili al sommerso economico e altri 18,2 alle attività illegali. Tenendo conto di questo, inevitabilmente il peso del fisco pro-capite per i contribuenti onesti sale, fatto per il quale l’Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre considera più realistico il proprio computo.

Pressione in discesa

Un altro fattore che ha determinato la stima della CGIA è che rispetto al 2022 quest’anno la pressione fiscale è diminuita di 0,2 punti percentuali, grazie alla rimodulazione delle aliquote e degli scaglioni dell’Irpef e al modesto aumento del Pil, ma che gli italiani non sembrano essersene accorti per l’aumento del costo di tutti i servizi: dalle bollette, alla Tari, ai ticket sanitari, ai pedaggi autostradali, ai servizi postali e via dicendo. “I contribuenti non hanno potuto beneficiare pienamente della diminuzione della pressione fiscale – spiega in un comunicato la CGIA – perché, nel frattempo, sono aumentate le tariffe che, a differenza delle tasse, statisticamente non vengono incluse tra le voci che compongono le entrate fiscali. Ecco perché la pressione fiscale reale è al 47,4%”.

Stime autonomi inattendibili

Resta, infine, la questione del calcolo del tax gap, che secondo l’Associazione è “inattendibile” per quanto riguarda le stime sull’evasione degli autonomi. Nei giorni scorsi è stato aggiornato il report sull’economia sommersa e sull’evasione fiscale e contributiva presente in Italia e secondo i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze si stimano 83,6 miliardi di euro di tax gap presente nel Paese. “Sebbene il mancato gettito rispetto agli anni precedenti sia in calo – sottolinea la CGIA -, la tipologia di imposta maggiormente soggetta ad evasione in Italia rimane l’Irpef dei lavoratori autonomi, per un importo pari a 30 miliardi di euro che corrisponde ad una propensione al gap nell’imposta del 67,2 %. Questo vuol dire che, secondo i tecnici del MEF, i lavoratori autonomi versano solo un terzo dell’Irpef che teoricamente dovrebbero pagare all’erario. Senza entrare nel merito della metodologia di calcolo utilizzata che, a nostro avviso, appare alquanto discutibile, ci limitiamo a dimostrare l’inattendibilità”. Le stime messe a punto dal MEF non convincono la CGIA alla luce del fatto che l’analisi non include il tax gap riconducibile agli autonomi esclusi dal pagamento dell’Irap. Vale a dire quelli che hanno scelto il regime fiscale dei “minimi”: una buona parte delle imprese agricole, i professionisti privi di autonoma organizzazione e il settore dei servizi domestici. “Complessivamente – conclude il comunicato – stiamo parlando di ben oltre la metà dei lavoratori indipendenti presente nel nostro Paese (circa 2,5 milioni). Ebbene, se fosse considerata anche l’evasione di questi ultimi, che picco toccherebbe l’evasione del cosiddetto popolo delle partite Iva?”.

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